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Intervista a Preziosi Gazzetta dello Sport

Ultimo Aggiornamento: 30/06/2005 12:40
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30/06/2005 12:40
 
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Tratto dal sito: www.gazzetta.it

Il presidente del Genoa in visita alla Gazzetta:
"Solo uno scemo può combinare una gara già segnata. Quei soldi erano un prestito o forse una trappola"

di Paolo Condò




MILANO, 30 giugno 2005 - Enrico Preziosi dubita fino all’ultimo dell’opportunità di parlarci, perché è fisicamente percepibile la pressione alla quale è sottoposto e il conseguente timore di sbandare, attaccando tutto e tutti, gli consiglia prudenza. Poi però, imponendosi la freddezza necessaria con un gesto rivelatore — si aggiusta il nodo della cravatta — Preziosi sollecita la prima domanda. E’ l’inizio di un’intervista che definisce con precisione il punto di vista del presidente indagato del Genoa.

— Personalmente o tramite familiari e collaboratori, lei ha mai comprato un risultato?
"Assolutamente no".
— Ritiene che nelle intercettazioni telefoniche in mano alla Procura di Genova da una parte, e all’Ufficio indagini della Federcalcio dall’altra, possa esserci qualche dialogo che dimostri il contrario?
"Lo escludo. Ci sono alcuni passaggi da spiegare, questo sì, ma non possono esistere prove di un illecito mai accaduto. Per capire quello che è successo occorre fare mente locale sull’andazzo delle ultime giornate dei campionati. Di tutti i campionati italiani, perché questo è un problema generale: non siamo sportivi, l’unica cultura che conosciamo è quella del tifo".
— D’accordissimo, ma non la butti sulla filosofia...
"Mi spiego subito con la massima concretezza. Per come si ragiona in Italia, comprare la vittoria sul Venezia sarebbe ridicolo perché una partita del genere non può che finire con la vittoria del Genoa. Non dico che sia giusto né che sia bello, ma è così: a fine stagione le squadre che inseguono un obiettivo battono quelle che non ne hanno più. A meno che qualcuno, interessato al mio stesso traguardo, non stimoli in qualche maniera il mio avversario, altrimenti demotivato".
— Lei sospetta che qualcuno abbia pagato il Venezia per non lasciarsi battere dal Genoa?
"Io non voglio gettare fango su nessuno a mezzo stampa, e quindi non le dirò alcun nome. Ma stia certo che se qualcuno ha invogliato il Venezia e prima il Piacenza a giocarsela alla morte contro di noi, salterà fuori. Il 5 luglio sono atteso dal generale Pappa nella sede giusta, l’Ufficio indagini federale, per dare un volto ai miei dubbi".
— Cosa c’è da spiegare delle chiacchierate telefoniche fra lei e Dal Cin?
"Una premessa: a parte forse Galliani, credo che Franco Dal Cin sia il dirigente che meglio conosce gli aspetti tecnici dei regolamenti. Per questo motivo, nelle varie trattative di Lega mi sono sempre appoggiato a lui, il che ha reso normale una certa frequenza di contatti telefonici. Voglio dire che se ci sentiamo 6-7 volte al giorno non c’è nulla di strano: succede sempre, mica solo la settimana di Genoa-Venezia".
— Ma in quella settimana cosa vi siete detti?
"Giravano delle voci sul fatto che qualcuno avesse promesso un premio a vincere al Venezia. Io gli manifestavo la mia preoccupazione, Dal Cin mi rassicurava sul fatto che sarebbe stata una "normale" partita di fine stagione".
— Che il Venezia avrebbe lasciato vincere al Genoa?
"Che il Venezia non avrebbe giocato come se fosse la finale di Champions... ma sì, è ovvio che adesso sembri tutto sporco, ed è questo che mi fa una rabbia... Stiamo parlando di consuetudini del mondo del calcio. Sbagliate, ma radicate. Le giuro che non ho mai comprato una partita, e a maggior ragione che soltanto uno scemo può attivarsi per combinare una gara che a logica è segnata. Beh, io non mi ritengo uno scemo".
— Eppure il Venezia si giocò quella gara.
"Siamo riusciti a vincerla soltanto grazie a due gol fantastici di Milito e uno di Rossi. E Lejsal, il loro portiere, è uscito per l’infortunio alla mano subito da Caccia: l’hanno visto tutti, non si può sospettare che sia stato sostituito perché parava troppo. Lo sa qual è il paradosso? Che si indaga su due partite combattutissime, mentre nessuno apre bocca... ma lasciamo perdere".
— Nessuno apre bocca sulla quantità di gare penose che si vedono dalla serie A in giù nelle ultime giornate: 90 minuti di passaggetti laterali.
"Io non accuso nessuno. Veda lei".
— Torniamo alle telefonate: lei chiedeva rassicurazioni a Dal Cin dopo essersi scottato a Piacenza?
"Se qualcuno mi spiega perché Garilli e Iachini dopo il 2-2 si sono abbracciati come se avessero vinto il titolo mondiale...".
— Veniamo ai 250 mila euro consegnati in contanti a Giuseppe Pagliara. Lei li spiega nell’ambito del trasferimento di Maldonado dal Venezia al Genoa, ma i regolamenti non ammettono pagamenti cash: tutto deve transitare per la Lega. Si rende conto che a tre giorni di distanza dalla partita, un simile movimento di denaro risulta sospetto?
"Io non conoscevo Pagliara, l’ho ricevuto perché mi era stato segnalato come nuovo dirigente del Venezia. Comunque... sì, ammetto l’ingenuità".
— Erano soldi neri?
"Macché. Li ho prelevati dalla contabilità, e il "nero" non si prende certo da lì. Il Venezia aveva bisogno di cash per saldare i giocatori, ottenere le liberatorie e non fallire, io ho aderito alla richiesta precisando però che poi avrei chiesto i soldi indietro per effettuare il pagamento regolare via Lega. Insomma, era un prestito. O forse una trappola".— Con quale fine?
"Senta, vorrei fosse chiaro che io non mi sento una vittima, come è stato detto. Io sono determinato a uscire pulito da questa storia, e le dico con certezza che nessuno toglierà la serie A al Genoa, perché non ce n’è motivo e io ho fiducia nella giustizia sportiva e negli organi inquirenti. Allo stesso tempo le dico che quanto sta succedendo non è casuale, e che dietro i paraventi c’è qualcuno che agisce contro di me anche oltre l’ambito sportivo. Parlo della mia azienda, la Giochi Preziosi, un colosso che ho costruito da zero, duemila dipendenti che ora se ne stanno col fiato sospeso, e che voglio rassicurare".
— Le sue parole vogliono rassicurare anche i tifosi del Genoa.
"Proprio in queste ore ho valutato l’ipotesi di lasciare la presidenza per togliere un po’ di pressione al club, ma poi ho deciso di rimanere per una questione d’onore. In ogni caso ne sarei rimasto il proprietario: i 10 mila abbonamenti già sottoscritti malgrado l’incertezza della situazione sono un vincolo morale, i tifosi credono in me e io non li abbandonerò mai. Ho già lasciato la vicepresidenza di Lega, invece, per dignità e perché non posso più rappresentare gente come Gaucci, che appena ha visto — o creduto di vedere — una carcassa affiorare vi si è lanciato come un avvoltoio".

— Il Genoa ha anche grossi problemi di arretrati fiscali. Al momento è fra i club a rischio iscrizione. Come pensa di porvi rimedio?
"Versando il dovuto, è logico. Lo farò domani (oggi, n.d.r.): quasi tredici milioni di euro cash per sanare, attraverso un aumento di capitale, un debito ereditato".


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Nadia
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