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Schiavismo in Cina

Ultimo Aggiornamento: 18/12/2005 18:35
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18/12/2005 10:08
 
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Dopo avere letto questa notizia, non ho potuto fare a meno di spedirla qui... non pensavo fossero arrivati a tanto.



Gli orrori dei laogai i lager cinesi
Milioni di persone schiave nei lager socialisti.
Dove l'unica via di fuga è il suicidio



Mani curate, cravatta rossa e una certezza: l'economia cinese è basata sullo schiavismo.
Harry Wu vuole parlarci dei suoi diciannove anni rinchiuso in un laogai.
Ci guarda mestamente: "Devi prima capire che cos'è davvero un laogai".
E noi credevamo di saperlo: sono dei campi di rieducazione voluti da Mao Zedong che hanno accolto non meno di cinquanta milioni di persone dalla loro costituzione, praticamente l'Italia intera; si è calcolato che non esista un cinese che non conosca almeno una persona che vi è stata soggiogata.
È una detenzione che non prevede processo, non prevede imputazione, tantomeno esame o riesame giudiziario o possibilità di confrontarsi con un'autorità.
La decisione di rinchiuderti è a totale discrezione del Partito.

"Ma loro" dice "per definirti usano la parola prodotto, e il primo prodotto sei tu, quello che devi diventare: un nuovo socialista. Il secondo è un prodotto vero e proprio, tipo scarpe, vestiti, spezie, tessuti, qualsiasi cosa. Ogni laogai ha due nomi: quello del centro di detenzione e quello della fabbrica. Tu devi affrontare una quota di lavoro quotidiano, sino a 18 ore, sennò non ti danno da mangiare.
Spesso devi lavorare in condizioni pericolose, come nelle miniere, con prodotti chimici tossici".
Una pausa, scuote la testa: "Ma neppure questo, in realtà, è il laogai". È come se Harry Wu, cinese fuggito negli Usa, non volesse parlare di sé.

Eppure è presidente della Laogai Research Foundation, è una prova vivente, fu arrestato a ventidue anni dopo che all'università, leggendo un giornale assieme ad altri studenti, aveva semplicemente criticato l'appoggio cinese all'invasione sovietica di Budapest.
Delazione.
Manette.
Nessun tribunale, nessuna prova o indizio, nessuna accusa precisa se non quella d'essere un cattolico e un rivoluzionario di destra.

"Il primo giorno, a Chejang, mi dissero che per potermi rieducare sarebbe occorso molto tempo. Poi mi spiegarono che non avrei neppure potuto pregare né sostenere di essere una persona: perché mi avrebbero punito o ucciso. Mi obbligarono a confessare delle presunte colpe dopo aver costretto alla confessione anche mio padre mio fratello, la mia fidanzata.
Solo mia madre rifiutò di farlo. Sono stato molto orgoglioso di lei. Non ha confessato perché si è suicidata".

"I primi due o tre anni", racconta Harry Wu, "pensi alla tua ragazza, alla tua famiglia, alla libertà, alla dignità: poi non pensi più a niente. Perdi ogni dimensione, entri in un tunnel scuro. Preghi di nascosto. In un laogai non ci sono eroi che possano sopravvivere: a meno di suicidarti o farti torturare a morte. Scariche elettriche. Pestaggi manuali o con i manganelli. L'utilizzo doloroso di manette ai polsi e alle caviglie. La sospensione per le braccia. La privazione del cibo e del sonno. Questo ho visto, e così è stato per preti, vescovi cattolici, monaci tibetani".

Ci mostra la foto di un vescovo di 33 anni, e ancora altre foto in sequenza che nessun quotidiano o rotocalco potrà mai riportare: uomini e ragazzi inginocchiati, una ragazzina immobilizzata da due soldati mentre un terzo le punta il fucile alla nuca, una foto successiva in cui è spalmata a terra con il cranio orribilmente esploso.
Poi un filmato. È un dvd curato dall'associazione, e dovrebbero vietarlo ai minori e agli occidentali in affari con la Cina: esecuzioni seriali, di massa, i condannati inginocchiati, prima la fucilata e poi lo stivale premuto forte sullo stomaco per controllare che morte sia stata, un ufficiale di partito che per sincerarsene usa una sbarra d'acciaio, e anche di questo qualcosa sapevamo, ma come dire: il video, un video.

Sapevamo pure delle fucilazioni e delle camere mobili di esecuzione: furgoni modificati che raggiungono direttamente il luogo dell'esecuzione con il condannato legato con cinghie a un lettino di metallo, il tutto controllato da un monitor accanto al posto di guida.
Poi via, si riparte verso altre esecuzioni da effettuarsi pochi minuti dopo l'emissione della condanna a morte.

Noi sapevamo che la maggior parte delle condanne è pronunciata in stadi e piazze davanti a folle gigantesche, e che le cose, in Cina, sono tornate a peggiorare dal 2003, laddove ogni anno vengono giustiziati più individui che in tutti i Paesi del mondo messi insieme.

"Nel 1984, dopo un articolo di Newsweek, smisero di portare i morti in giro per le strade come pubblico esempio", ci dice, "ma dal 1989 hanno ricominciato, e i familiari devono pagare le spese per le pallottole e per la cremazione".
E la faccenda degli organi?
"Le autorità prelevano gli organi dei condannati a morte in quanto appartengono ufficialmente allo Stato. I trapianti sono effettuati sotto supervisione governativa: il costo è inferiore del 30 per cento rispetto alla media, e ne beneficiano cinesi privilegiati e cittadini occidentali e israeliani".

E la faccenda dei cosmetici fatti con la pelle dei morti?
"Dai giustiziati prendono il collagene e altre sostanze che servono per la produzione di prodotti di bellezza, tutti destinati al mercato europeo".
Nel settembre scorso, della pelle di condannati o di feti, parlò anche un'inchiesta del Guardian: citò la testimonianza, in particolare, di un ex medico militare cinese che sosteneva d'aver aiutato un chirurgo a espiantare gli organi di oltre cento giustiziati, cornee comprese: senza ovviamente aver prima chiesto il consenso a chicchessia.
Il chirurgo parcheggiava il suo furgoncino vicino al luogo delle esecuzioni e, stando alla testimonianza, nel 1995 tolsero la pelle anche a un uomo poi rivelatosi vivo.

"Devi prima capire", ripete, "che cos'è un laogai".
Forse sì, forse dobbiamo capire: dobbiamo poterci raccontare, un giorno, tra vent'anni, che sapevamo.

"I laogai sono parte integrante dell'economia cinese. Le autorità li considerano delle fonti inesauribili di mano d'opera gratuita: milioni di persone, rinchiuse, che costituiscono la popolazione di lavoratori forzati più vasta del mondo. È un modo supplementare, ma basilare, che ha fatto volare l'economia: un'economia di schiavitù".

Il numero dei laogai è imprecisato: è segreto di Stato.
Secondo l'Associazione, dovrebbero essere circa un migliaio.
I prigionieri, se la rieducazione fosse giudicata non completata, possono essere trattenuti anche dopo la fine della pena: "Io avrei dovuto rimanerci per trentaquattro anni, se non fossi fuggito. Perché avevo delle opinioni. Perché ero cattolico. Perché ero un uomo. Il 20 novembre compio vent'anni da uomo libero".
Ieri.
"E continuerò a lavorare perché la parola laogai entri in tutti i dizionari, in tutte le lingue. Appena giunto negli Usa non ne volli parlare per cinque anni, non ci riuscivo, poi cominciai a vedere che in America la gente parlava dell'Olocausto, parlava dei gulag, e però a proposito della Cina parlava solo della Muraglia e del cibo e naturalmente dell'economia. Ma i laogai, in Cina, esistono da cinquantacinque anni".

Ben più, quindi, dei ventisette anni che ci separano dalla nascita della cosiddetta politica del figlio unico instaurata nel 1979 da Deng Xiaoping, prassi che ha spinto milioni di contadini a sbarazzarsi della progenie femminile: almeno 550mila bambine l'anno secondo l'organizzazione Human Rights Watch.
Più dei due anni che ci separano dal giro di vite giudiziario introdotto nel 2003 nel timore che l'arricchimento potesse portare troppa libertà: laddove le madri e i familiari delle vittime di Tienanmen sono ancor oggi perseguitate, e i sindacati proibiti, i minori deceduti sul lavoro impressionanti per numero, per non dire dei cosiddetti morti accidentali: prigionieri che precipitano dai piani alti degli edifici detentivi e che solo il
racconto di pochi scampati ha potuto testimoniare.
A Reporter senza frontiere e ad Amnesty International è invece toccato il compito di raccontare della rinnovata abitudine di rinchiudere i dissidenti negli ospedali psichiatrici, spesso imbottiti di psicofarmaci senza che le ragioni degli internamenti fossero state neppure ufficialmente stabilite: accade nel Paese che per un anno e mezzo riuscì e celare l'epidemia Sars, giacché i dirigenti cinesi temevano che potesse scoraggiare gli investimenti occidentali.
Cose delicate.

La Cina cresce sino al 10 per cento annuo e si metterà in vetrina ai giochi olimpici del 2008: e ci sono da quattro a sei milioni di persone, rinchiusi nei laogai cinesi, che stanno lavorando per noi.
Harry Wu domenica mattina è ripartito per Washington.
Doveva incontrare Bush e festeggiare i suoi vent'anni da uomo libero.
O forse bastava da uomo.

Dal sito: http://www.fattisentire.net/



18/12/2005 17:37
 
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Re:
HO cercato questa notizia su altri siti, diciamo più "laici" e in effetti uno studio e soprattutto una condanna su quanto sta avvenendo nei campi in Cina è in atto già da molto tempo.

MOlte le denunce di Amnesty International e di Human Rights, dalle loro relazioni si evince che questi campi di concentramento sono scevri da qualsiasi controllo internazionale e quindi vengono compiute le abberazioni citate nell'articolo.

La denuncia più efficace che possiamo fare è proprio quella di non comprare cinese....magari rinunciare a un capo in più...magari fare un regalo in meno....ma i prodotti a basso costo ormai sappiamo bene tutti da dove arrivano e in Cina, anche senza essere rinchiusi in questi lager, i lavoratori sgobbano per 13 - 14 ore al giorno per poco più di una ciotola di riso, questo danneggia loro (pochi ricchi e tantissimi morti di fame), danneggia noi (i nostri lavoratori vedono ogni giorno portarsi via diritti che hanno conquistato con la lotta e con tante morti innocenti) ma come al solito ingrassa quei pochi che stanno diventando sempre + ricchi facendo produrre un articolo in Cina e rivendendolo qui con il prezzo centuplicato (100 volte tanto).

Come si riconosce un prodotto cinese? facile, bassa qualità, costo bassissimo e, se è un capo di abbigliamento, taglie completamente sfasate es.: io porto una 44/46, la mia taglia cinese è la 50 e a volte è piccola anche quella....supermercati come il gigante p. es. vendono prevalentemente abbiglimento cinese, al mercato i vestiti a basso prezzo sono cinesi.

Prima di incoraggiare la Cina ad andare avanti su questa strada, accertiamoci che i loro cittadini siano trattati con più rispetto....

e sproniamo chi ci governa a NON collaborare con chi non garantisce i più elementari diritti umani e lavorativi...






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Mikayla Dryadia ap Ruis
18/12/2005 17:50
 
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Re: Mikayla Dryadia

Scritto da: Mikayla Dryadia 18/12/2005 17.37
HO cercato questa notizia su altri siti, diciamo più "laici"



Cioe' se un sito non e' dichiaratamente laico allora non e' credibile?


e in effetti uno studio e soprattutto una condanna su quanto sta avvenendo nei campi in Cina è in atto già da molto tempo.

MOlte le denunce di Amnesty International e di Human Rights, dalle loro relazioni si evince che questi campi di concentramento sono scevri da qualsiasi controllo internazionale e quindi vengono compiute le abberazioni citate nell'articolo.

La denuncia più efficace che possiamo fare è proprio quella di non comprare cinese.[...]



Il problema e' che anche un certo Made in Italy ormai e' fatto, per buona parte, in Cina.


Lo schiavismo di cui si e' parlato nel post precedente e' certo una situazione estrema, pero' non dimentichiamo che in tante industrie regolari cinesi esiste comunque lo sfruttamento. Sara' forse ipocrita fare differenza tra schiavismo e sfruttamento? O forse sempre di schiavismo si tratta, solo che il primo e' piu' palese?

Per essere imparziali, bisogna ricordare una gravissima notizia apparsa recentemente, che non mi pare sia stata sufficientemente sottolineata: una nota azienda italiana e' stata colpevole di uno di questi fenomeni di oppressione e sfruttamento in Cina.

Si veda l'articolo "Italia e Cina: la trave e la pagliuzza":
www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=938

E' una vergogna, eppure perche' non se ne parla abbastanza? Ci vergognamo di far vedere che anche gli italiani sono responsabili di quello che denunciano?
Oppure la gente ormai e' consapevole che senza questi metodi e' impossibile vincere la concorrenza sleale cinese?

Se la seconda ipotesi e' esatta, non ci dovremmo stupire se gli stessi metodi presto verranno esportati anche da noi.

Che ironia... non sara' l'Occidente ad esportare la democrazia in Cina, ma sara' la Cina ad esportare lo schiavismo da noi.



[Modificato da AramisXXX 18/12/2005 17.51]

18/12/2005 18:09
 
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Re: Re: Mikayla Dryadia

Scritto da: Mikayla Dryadia 18/12/2005 17.37
HO cercato questa notizia su altri siti, diciamo più "laici"



Cioe' se un sito non e' dichiaratamente laico allora non e' credibile?

NO non è questo, per correttezza cerco una conferma....di propaganda politica ne ho piene le tasche...figurati di quella religiosa.



Lo schiavismo di cui si e' parlato nel post precedente e' certo una situazione estrema, pero' non dimentichiamo che in tante industrie regolari cinesi esiste comunque lo sfruttamento. Sara' forse ipocrita fare differenza tra schiavismo e sfruttamento? O forse sempre di schiavismo si tratta, solo che il primo e' piu' palese?

Si è ipocrita, il primo è + palese, il secondo lo è meno ma sono sempre due forme gravissime di sfruttamento umano, sono due facce della stessa medaglia, infatti lo sottolineo ben ampiamente anch'io...



E' una vergogna, eppure perche' non se ne parla abbastanza? Ci vergognamo di far vedere che anche gli italiani sono responsabili di quello che denunciano?

No, ci vergognamo di non saper essere coerenti con i moti del nostro cuore....tutti vicino ai sofferenti, ma tutti a comprare al mercato cinese perchè costa meno, quella vergogna lì può nascondere tante cose e generare mostri....

Oppure la gente ormai e' consapevole che senza questi metodi e' impossibile vincere la concorrenza sleale cinese?

Che ironia... non sara' l'Occidente ad esportare la democrazia in Cina, ma sara' la Cina ad esportare lo schiavismo da noi.



E non solo la Cina, ma la Turchia, i paesi dell'Est, l'Africa, o si fanno delle politiche di boicottaggio serio di quegli stati che sfruttano la mano d'opera o per essere concorrenziali dovremo accettare le loro stesse condizioni di vita....e tutto questo per aver comprato un golfino cinese!!!
meditate gente...meditate...

[Modificato da Mikayla Dryadia 18/12/2005 18.10]



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Mikayla Dryadia ap Ruis
18/12/2005 18:16
 
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Sorprendersi per cose note da 30 anni o più?? No.

Incazzarsi si.
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18/12/2005 18:35
 
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Re: Mikayla Dryadia

Scritto da: Mikayla Dryadia 18/12/2005 18.09
[...]
E non solo la Cina, ma la Turchia, i paesi dell'Est, l'Africa, o si fanno delle politiche di boicottaggio serio di quegli stati che sfruttano la mano d'opera o per essere concorrenziali dovremo accettare le loro stesse condizioni di vita....e tutto questo per aver comprato un golfino cinese!!!
meditate gente...meditate...




Appunto... ci sono in giro campagne per boicottare questa e quella multinazionale, invece della Cina niente?

Spero che la protesta inizi a salire...


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