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27 gennaio - Il giorno della memoria - la Shoah

Ultimo Aggiornamento: 27/01/2006 20:04
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26/01/2006 22:27
 
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Per non dimenticare il più grande genocidio...
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Per non dimenticare ....

solo tre parole sono sufficienti ed indispensabili, secondo me,

IO NON DIMENTICO]

da [Primo Levi

Per l’ingresso del Memoriale degli italiani sterminati ad Auschwitz


Visitatore, osserva le vestigia di questo campo e medita.

Da qualunque parte tu venga, tu non sei estraneo,
Fa’ che il tuo viaggio non sia stato inutile, che non sia inutile la nostra morte.
Per te e per i tuoi figli, le ceneri di Auschwitz valgano di ammonimento,
Fa’ che il frutto orrendo dell’odio, di cui qui hai visto le tracce, non dia nuovo seme né
domani né mai!

Se questo è un uomo

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango,
che non conosce pace,
che lotta per mezzo pane,
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome,
senza più forza di ricordare,
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa, andando per via,
coricandovi, alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.]
27/01/2006 01:48
 
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eccellente (io non dimentico )
27/01/2006 01:53
 
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CARLO AZEGLIO CIAMPI dobbiamo ricordare tutto


Il giorno della memoria / Commemorazione al Portico d'Ottavia
16 ottobre 1943, il rastrellamento degli ebrei a Roma

Il 16 ottobre del 1943 le truppe naziste fecero irruzione nel Ghetto di Roma, al Portico d'Ottavia, e rastrellarono più di mille ebrei romani, inviandoli poi ai campi di sterminio dell'Europa orientale. «La grande razzia nel vecchio Ghetto di Roma cominciò attorno alle 5,30 del 16 ottobre 1943. Oltre cento tedeschi armati di mitra circondarono il quartiere ebraico. Contemporaneamente altri duecento militari si distribuirono nelle 26 zone operative in cui il Comando tedesco aveva diviso


la città alla ricerca di altre vittime. Quando il gigantesco rastrellamento si concluse erano stati catturati 1022 ebrei romani», ha scritto Fausto Coen in 16 ottobre 1943. La grande razzia degli ebrei di Roma (Giuntina). Un altro migliaio di ebrei furono catturati in altri quartieri della città e caricati sul convoglio per il lager nazista. 'Due giorni dopo - prosegue Coen - in 18 vagoni piombati furono tutti trasferiti ad Auschwitz. Solo 16 di loro sono tornati alla fine del conflitto: 15 uomini e una donna. Tutti gli altri sono morti in gran parte appena arrivati, nelle camere a gas. Nessuno degli oltre duecento bambini è sopravvissuto».

Sessant'anni dopo il Comune di Roma ha ricordato quella data insieme alla comunità ebraica. Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha deposto una corona d'alloro sulla piazza del Ghetto intitolata al giorno della deportazione nazista. E, durante il suo discorso, ha sottolineato un concetto: bisogna «ricordare tutto».

«Ricordare tutto - ha detto Ciampi - significa ricordare anche la parte che ebbero le disumane leggi razziali». «La memoria dell'Olocausto deve essere tenuta viva perché la storia che si dimentica si ripete. Questo il significato del Giorno della Memoria: ricordare gli orrori del passato affinché non possano ripetersi».

Accanto al Presidente della Repubblica c'era l'ex rabbino capo di Roma, Elio Toaff, che Ciampi ha salutato come un suo «amico ebreo livornese che non fu soltanto un rabbino perseguitato ma anche un combattente della Resistenza».

Ha proseguito il capo dello Stato: «Ricordare vuole dire ricordare tutto, non solo l'atrocità nazista, l'inganno del riscatto mediante la consegna dell'oro, la razzia degli ebrei nel ghetto, la deportazione di loro, come di tanti altri ebrei italiani, oltre 8 mila nei campi di sterminio. Quasi tutti loro finirono nelle camere a gas. Degli ebrei romani catturati quella tragica alba, solo 15 tornarono. Vuol dire ricordare anche la parte che ebbero le disumane leggi razziali come premessa e fondamento del Patto d'acciaio, fra l'Italia fascista e la Germania nazista, che precipitò l'Italia nel disastro della guerra e costò la vita a tanti nostri compatrioti e distruzioni gravi a tutto il paese. E vuol dire ricordare che tutto questo nacque da un regime dittatoriale che aveva cancellato ogni libertà e perseguitato coloro che si erano opposti alla dittatura».

Un pensiero è andato anche alla generosità di tanti italiani: «Ricordiamo anche, ed è importante, le migliaia e le decine di migliaia di italiani, civili e religiosi, che aiutarono tanti ebrei a nascondersi e a salvarsi, come aiutarono a salvarsi i militari che rifiutarono di presentarsi alla chiamata di Salò, gli antifascisti fuggiaschi, la resistenza armata. Ci fu la persecuzione ma ci furono anche i Giusti, ci fu un grandioso plebiscito per la libertà che salvò l'anima e la dignità del popolo italiano».

Insieme a Elio Toaff, Ciampi ha ricordato anche l'altro suo amico ebreo livornese presente alla cerimonia («anche se lui si é nascosto», ha detto cercandolo con lo sguardo) Beniamino Sadun, «che condivise con me, ambedue fuggiaschi nelle montagne abruzzesi, i lunghi mesi dell'autunno-inverno 1943-44, protetto come me dall'umanità della gente». Ciampi ha concluso invitando «a ricordare i giusti senza dimenticare la Shoah, la libertà perduta e poi la lotta per riconquistarla che arriva fino alle elezioni libere e alla Costituzione Repubblicana, la stella polare dell'Italia democratica, lo scudo delle nostre libertà».

(16 ottobre 2003)

27/01/2006 01:58
 
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Perché non dobbiamo essere solo noi ebrei i custodi del ricordo - di GABRIELE NISSIM -
tratto da il giornale:
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=59575&START=0

Cosa chiede un ebreo nella giornata della memoria della Shoah? Due cose fondamentali. Prima di tutto che la memoria dell'Olocausto non sia un avvenimento che riguardi soltanto gli ebrei, ma un'occasione per una riflessione universale. La memoria ottiene un risultato quando è l'umanità intera che ne discute. Anche se Israele ha costruito l'anno scorso a Yad Vashem il più moderno museo dell'Olocausto, non è sufficiente che siano i soli ebrei a visitarlo. La solitudine nel ricordo è stata l'esperienza peggiore per i sopravvissuti, soprattutto negli anni del dopoguerra, quando Primo Levi non trovava un editore per le sue memorie.
In secondo luogo la memoria ha senso quando non è soltanto un momento di riflessione legato al passato e alle vittime, ma diventa responsabilità nei confronti del tempo presente e dei vivi. Non basta ricordare i campi, se poi si tace sul malessere degli ebrei quando sentono dire che Israele è uno Stato con un peccato originale, colpevole di avere provocato con la sua esistenza la tragedia palestinese. Quello che fa male a un ebreo, non è la discussione sulla pace in Medio Oriente e sui necessari compromessi territoriali, ma il silenzio internazionale sulla richiesta araba del ritorno dei profughi palestinesi in Israele. È un argomento raffinato per chiedere la fine dello Stato ebraico, senza esplicitamente pronunciare la parola distruzione. Israele insomma supererebbe la sua colpa negando se stesso e consegnando le proprie case ai palestinesi. È come dire a un ebreo israeliano che per vivere tranquillamente deve rinunciare alla sua identità.


E il filosofo Zvetan Todorov si spinge oltre. Sostiene che la memoria della Shoah si svilisce quando non ci spinge a ragionare in tutti i casi in cui uno Stato teorizza la distruzione di esseri umani. La Shoah è per lui come una lente di ingrandimento, che ci deve abituare a una sensibilità più attenta a ogni forma di genocidio in atto o di pulizia etnica o sociale. Per questo ha esaltato in Francia la figura esemplare di David Rousset, che nel dopoguerra, sopravvissuto a Mauthausen e diventato uno dei primi intellettuali a scrivere sui campi nazisti, ha sentito su di sé la responsabilità di occuparsi dei gulag. «Io che sono sopravvissuto sento il dovere di ricordare i morti, ma anche di impedire con tutte le mie forze che la distruzione dell'uomo si ripeta ovunque. Ecco perché denuncio i campi sovietici».
È diventata universale la memoria della Shoah? Una cosa non viene mai detta in Italia. Il totalitarismo sovietico ha impedito fino alla sua caduta che nei Paesi dell'Europa orientale, dove il numero delle vittime è stato più alto, il ricordo della Shoah diventasse un discorso pubblico. Agli ebrei in quei Paesi era vietato ricordare, perché non si doveva affermare l'identità delle vittime delle camere a gas. I regimi dell'Est parlavano genericamente di vittime del capitalismo e non volevano che una riflessione sulla Shoah portasse quelle società a interrogarsi sui campi comunisti che replicavano, sia pure con metodi diversi, l'esperienza concentrazionaria nazista. La memoria di un male avrebbe richiamato alla memoria un altro male, quello che colpiva i “nemici del popolo”.
Contro questo negazionismo comunista si sono battuti tre grandi intellettuali che meriterebbero di essere ricordati accanto a Primo Levi:
l'ebreo Vasilji Grosmann, che invano cercò di pubblicare in Russia un «libro nero» sulla persecuzione degli ebrei sovietici e che nel romanzo Vita e destino ragionò per primo in Unione Sovietica sulla somiglianza tra i due regimi e per questo pagò un duro prezzo; l'ungherese Itsvan Bibo, che nel 1948 fu isolato dai comunisti per avere chiamato la società ungherese a una purificazione morale. «I nazisti - scrisse in un testo censurato - hanno condotto gli ebrei nei campi, ma anche noi ne siamo responsabili perché abbiamo approvato le leggi razziali e li abbiamo consegnati ai nazisti e non abbiamo avuto compassione per la loro sorte»; e infine il polacco Jan Blonski, che in un polemico articolo apparso l'11 aprile 1987 su Tygodnik Powszechny, con un coraggio che fino allora nessun intellettuale polacco aveva avuto, mise sotto accusa l'indifferenza della società nei confronti della Shoah e della sua memoria. «Se noi nel passato ci fossimo comportati più saggiamente, più nobilmente, più da cristiani, il genocidio sarebbe stato probabilmente meno pensabile, sarebbe stato più difficile da realizzare, e certo avrebbe incontrato maggior resistenza. In altre parole la società che fu testimone dell'Olocausto non sarebbe stata affetta da indifferenza e dalla paralisi morale». Proprio la consapevolezza di questo negazionismo dovrebbe richiamarci a valutare il fenomeno della rimozione che attraversa parte del mondo arabo e musulmano. L'Iran è la punta di un iceberg. Ancora una volta è in gioco l'universalità della memoria della Shoah.
*Presidente del Comitato
per la Foresta dei Giusti
27/01/2006 11:27
 
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Re: eccellente (io non dimentico )
No, impossibile dimenticare...

ricordiamo questo terrbile genocidio del nostro tempo e, nella giornata del ricordo, accenderò una candela anche per altri genocidi magari più lontani nel tempo ma sempre vivi nel cuore di chi li ha subiti: i nativi americani, gli aborigeni australiani.....lo sterminio africano sulle navi schiaviste...e ancora + lontano le donne che se non si conformavano al "modus vivendi" morivano come streghe...

Ricordiamo che nell'uomo alberga il più grande senso di crudeltà unitamente alla più grande capacità di amore....sarebbe bello poter bilanciare e non assistere più a così terrbili avvenimenti...



<-------------------------->


********************************************
Dea meravigliosamente luminosa
benedici noi con il tuo agognato sguardo,
Tu che facesti del giorno la notte &
(Mike Oldfield)
http://www.nemetonruis.com

http://owlbricta.spaces.live.com

Mikayla Dryadia ap Ruis
27/01/2006 20:04
 
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