Il fair-play è già 'fuori moda'

Fair-play, questo sconosciuto. L'esperimento del saluto conclusivo tra i giocatori avversari, varato dalla Lega calcio con tutti i crismi e i cerimoniali dell'ufficialità, sta incontrando qualche difficoltà ad essere recepito. C'è chi gironzola per il centrocampo senza meta, ignorando il protocollo; c'è chi, dopo una gara ricca di polemiche, più che salutare sbraita contro l'arbitro (vedi il 'terzo tempo' di Napoli-Lazio).


De Rossi che si aggira per il centrocampo a caccia di mani da stringere, guardando sperso compagni e avversari intenti a puntare qualcuno che passa di lì per un saluto o magari una maglia buona per la collezione dell'amico o per la propria. E' successo all'Olimpico, al termine della partita tra Roma e Catania, ma scene del tutto simili possono essere rintracciate sbobinando gli sgoccioli finali di ogni gara del nostro campionato. E questo, quando va di lusso. Perché poi ci sono le serate tese, come quella di San Siro. Di Carlo ha già lasciato il campo, smoccolando senza pace verso Gervasoni e soci, infuriato per quanto accaduto poco prima sul terreno di gioco; Bucci, invece, è ancora lì, nel tentativo di evitare che il 'terzo tempo' alternativo varato dai suoi, fatto di dita sventolate a pochi centimetri dal volto del direttore di gara e 'complimenti' ben poco decenti rivolti ai guardalinee, possa costare più caro delle sviste arbitrali.

Questo è il fair-play tanto voluto e dettato come una bolla papale dalla Lega calcio. Doveva essere un modo per rispondere ai fatti lugubri che hanno agitato e sconvolto il calcio nell'ultimo anno; doveva rappresentare un gesto di civiltà che ogni protagonista del giocattolo mezzo scassato avrebbe dovuto mandare a memoria, prendere a esempio. Invece, si sta rivelando un errore di valutazione. Un'imposizione, almeno morale, che costringe i giocatori a contatti con arbitri e avversari, anche quando il momento consiglierebbe lontananze più salutari. Poi, nonostante il documento trasmesso alle società da via Rosellini, il cerimoniale viene disatteso in ogni modo possibile. C'è chi ha capito che deve raggiungere il centrocampo, restando nel cerchio bianco finché non ha stretto un numero sufficiente di mani; chi non ha capito (quasi tutti a dire il vero) che dovrebbe schierarsi in modo tale da dare vita a quel girotondo stipulato da Matarrese e compagnia; chi sa da dove partire, ma ignora il verso di quel movimento circolare. Eppure c'era anche il disegno con tanto di frecce direzionali su quel comunicato... Insomma, l'era del 'terzo tempo' non decolla e, forse, mai lo farà. E tornano alle orecchie le parole di quei protagonisti che, Mancini in testa, avevano sottolineato come fosse l'estemporaneità di un gesto distensivo, di un saluto o di un sorriso a rappresentare un momento di fair-play autentico e, magari, un insegnamento maggiormente riconoscibile.

___________________________



E' un calcio malato proprio alla radice ...

mi sono disinnamorato del calcio, oramai lo seguo solo per inerzia...

Guarda, io lo seguo perchè amo i miei colori, ma del resto tutto quello che lo circonda evito di seguirlo.
Seguo la squadra e li' mi fermo.

Mipiacerebbe sapere da chi era allo stadio sabato se si è fatto il terzo tempo a marassi

be ti credo che non si sono fermati a fare il fair-play..dopo quello che ha combinato l'arbitro!!!
il fair - play è bello..nelle favole però,ma nella realtà se io per esempio vedo l'arbitro che fischia a senso unico contro di me ,io me ne vado e non saluto nessuno,altro che terzo tempo..ci mancherebbe!!!

e poi una considerazione sul calcio:il calcio attualmente(diciamo anche da molti anni) è un'industria ,non è piu uno sport ,quindi i veri valori sportivi se ne vanno a benedire!!!

Fatascalza, 21/01/2008 20.59:

---

Guarda, io lo seguo perchè amo i miei colori, ma del resto tutto quello che lo circonda evito di seguirlo.
Seguo la squadra e li' mi fermo.

Mipiacerebbe sapere da chi era allo stadio sabato se si è fatto il terzo tempo a marassi

---

io c'ero.si è fatto se non ricordo male,ma stavo già andando via...

chissà come erano contenti