Re: Re: Re: Re:
Scritto da: =marco68= 22/10/2006 19.46
Non so quale Fides et Ratio hai letto tu... quella che ho letto io, l'enciclica scritta da Giovanni Paolo II, contesta proprio quel punto: di dichiarare scienza soltanto ciò che è empirico... poichè le scienze umaniste, filosofia e metafisica in particolare, sono scienze a tutti gli effetti... e il modello scientifico è utile soltanto per le scienze naturale... diviene deleterio se applicato alla ricerca della verità sull'uomo.
Ratio e Intellectus, diceva San Tommaso... la prima riduce a quantità misurabile, calcolabile... il secondo invece vuole inter-legere, leggere dentro... sono necessarie tutte e due le facoltà intellettive... oggi si tende a considerare soltanto l'analisi empirica... che però deve prima ridurre a quantità per poter operare... ma l'uomo non può essere ridotto alla sola quantità...
Io ho letto l'enciclica di GP II che evidentemente tu hai interpretato come fa comodo ad una lettura un po' bacchettona. Eppure mi sembra scritta con una chiarezza veramente cristallina, e il povero suntino che ho scritto sopra mi sembra rispettare fedelmente lo spirito della lettera.
Questa foga teocon, francamente, la trovo astorica e anche un poco ingiusta, nei riguardi del livello intellettuale degli estensori (che, mi par di capire, comprendono Ratzinger e Tettamanzi, che in particolare mi pare lo scrittore del prologo, almeno per come conosco io don Dionigi) ed in quello dell'uditorio.
Comunque, secondo me, conviene leggerla. La potete trovare
qui
Non voglio commentare la confusione che hai fatto fra scienza, filosofia e rivelazione. Te lo faccio commentare dal paragrafo 30 della lettera:
"30. Può essere utile, ora, fare un rapido cenno a queste diverse forme di verità. Le più numerose sono quelle che poggiano su evidenze immediate o trovano conferma per via di esperimento. E questo l'ordine di verità proprio della vita quotidiana e della ricerca scientifica. A un altro livello si trovano le verità di carattere filosofico, a cui l'uomo giunge mediante la capacità speculativa del suo intelletto. Infine, vi sono le verità religiose, che in qualche misura affondano le loro radici anche nella filosofia. Esse sono contenute nelle risposte che le varie religioni nelle loro tradizioni offrono alle domande ultime.
Quanto alle verità filosofiche, occorre precisare che esse non si limitano alle sole dottrine, talvolta effimere, dei filosofi di professione. Ogni uomo, come già ho detto, è in certo qual modo un filosofo e possiede proprie concezioni filosofiche con le quali orienta la sua vita. In un modo o in un altro, egli si forma una visione globale e una risposta sul senso della propria esistenza: in tale luce egli interpreta la propria vicenda personale e regola il suo comportamento. E qui che dovrebbe porsi la domanda sul rapporto tra le verità filosofico-religiose e la verità rivelata in Gesù Cristo. Prima di rispondere a questo interrogativo è opportuno valutare un ulteriore dato della filosofia."
Ed infine, paragrafo 46, il riferimento alla "morale scientifica" di cui parlavo sopra:
"Nell'ambito della ricerca scientifica si è venuta imponendo una mentalità positivista che non soltanto si è allontanata da ogni riferimento alla visione cristiana del mondo, ma ha anche, e soprattutto, lasciato cadere ogni richiamo alla visione metafisica e morale. La conseguenza di ciò è che certi scienziati, privi di ogni riferimento etico, rischiano di non avere più al centro del loro interesse la persona e la globalità della sua vita. Di più: alcuni di essi, consapevoli delle potenzialità insite nel progresso tecnologico, sembrano cedere, oltre che alla logica del mercato, alla tentazione di un potere demiurgico sulla natura e sullo stesso essere umano.
Come conseguenza della crisi del razionalismo ha preso corpo, infine, il nichilismo. Quale filosofia del nulla, esso riesce ad esercitare un suo fascino sui nostri contemporanei. I suoi seguaci teorizzano la ricerca come fine a se stessa, senza speranza né possibilità alcuna di raggiungere la meta della verità. Nell'interpretazione nichilista, l'esistenza è solo un'opportunità per sensazioni ed esperienze in cui l'effimero ha il primato. Il nichilismo è all'origine di quella diffusa mentalità secondo cui non si deve assumere più nessun impegno definitivo, perché tutto è fugace e provvisorio."