CATANIA: Bizzarri, Silvestri, Silvestre, Stovini, Alvarez, Ledesma, Biagianti, Martinez (40’st Antenucci), Dica (15’st Tedesco), Mascara (43’st Terlizzi), Paolucci. A disposizione: Kosicky, Sardo, (c), Morimoto, Plasmati. All. Zenga.
GENOA: Rubinho, Biava, Ferrari, Criscito, Rossi (c), Vanden Borre (31’st Mesto), Juric, Modesto, Sculli (22’st Di Gennaro), Olivera, Gasbarroni (15’st Palladino). A disposizione: Scarpi, Sokratis, Bocchetti, Figueroa. All. Gasperini.
ARBITRO: sig. Girardi di San Donà di Piave.
ASSITENTI: sigg. Alessandroni e Di Liberatore.
QUARTO UFFICIALE: sig. Calvarese.
RETE: 16’st Mascara.
NOTE: circa 20mila spettatori, di cui 200 genoani. Ammoniti Biava, Silvestre, Stovini, Paolucci, Rossi, Olivera.
CATANIA – Zenga e il Catania servono il conto a Gasperini e al Grifone. Partenza falsa, risultato ingiusto. Un pareggio avrebbe rispecchiato realmente l’incontro, raccontando delle occasioni sui due fronti. Resta il rammarico, perchè per un'ora la gara era stata nelle mani di Rossi e compagni. Un match a lungo incartato, poco spettacolare. Genoa in formazione annunciata, Zenga spariglia le carte e mette in tavola una disposizione che si rifà al 4-2-3-1. Il rumeno Dica, nel corridoio centrale, dietro a Paolucci. Squadre che maneggiano la materia con proprietà e al bando gli ostruzionismi. All’inizio, è così. E l’arbitro Girardi non convalida, quando Silvestri stacca, infila la porta e prende a sportellate Rubinho. Camaleonte l’undici di Gasperini, capace di leggere la gara e adattarsi agli avversari. Specie con gli esterni di centrocampo, lesti ad accartociarsi sulla linea di difesa, poi a svolazzare per allargare il gioco. Rossoazzurri tanto agili, quanto leggerini. Rossoblù con Olivera (punizione sul fondo al 26’) isolato benché Gasbarroni e Sculli si diano da fare. Ogni interruzione è buona per bere come cammelli. Sete di un gol che la gara però non scongela dal frigo. Gli assalti ai due fortini diventano sporadici, la lucidità va e viene come una lampadina impazzita. Ci vorrebbe un colpo di genio, la pennellata improvvisa, qualcosa che latita. Nulla di clamoroso al Cibali, parafrasando un caro, vecchio detto di un calcio che non c’è più. Nel finale il Genoa si sveglia e incolla tre brividi al Catania, dopo che Gasperini sposta di corsia Sculli e Gasbarroni. Proprio l’ex parmense impegna Bizzarri al 46’, mentre le conclusioni di Sculli e poi Olivera calano il sipario. La ripresa si riapre con gli stessi ventidue e i tecnici che fanno scaldare le ‘panchine’. Tre uomini per parte, quanti ne consentono le regole. S’inceppano i meccanismi del Catania, opposto a un Genoa che potrebbe armare il contropiede, ma lascia le cose a metà. Biava è un martello infallibile. Il centrocampo è solido in Juric e Vanden Borre, inesauribile in Rossi e Modesto. La palla giusta? Capita a Olivera che sceglie la soluzione più difficile, un piatto dal limite e Bizzarri smanaccia in angolo. Sussulti generosi ma imprecisi, tentativi che non trovano il bersaglio. Primo cambio con Gasbarroni che lascia a Palladino. L’uomo con il mantello nero ha un nome e un cognome. Beppe Mascara, l’acciuga di Caltagirone. E’ lui a mettere sotto sale il Grifo e aprire la ferita. E’ un ex, ha denti affilati, morde e deposita il pallone nel sacco. Suo l’ultimo tocco, dopo la parata di Rubinho su Martinez. Mai un gol alla prima di campionato e addio a un tabù. Dentro Di Gennaro per raddrizzare una partita in salita e la mezzora che manca, a consumarsi velocemente nella clessidra. Il Grifo forse non ne ha più, sotto il profilo nervoso, prima che su quello fisico. Manovra abbastanza bene, ma entra in riserva e non c'è nulla da fare.