03/03/2006 21:58 |
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La storia è piena di persone che sono rimaste in silenzio di fronte alle violazioni dei diritti umani. L’unico effetto del loro comportamento è stato quello di consentire che si compissero ulteriori abusi nell’impunità. Amnesty International non è disposta a ingrossare le loro fila.
Quando abbiamo pubblicato il Rapporto annuale 2005, che documenta lo “stato di salute” dei diritti umani in 149 paesi, abbiamo inserito un capitolo sugli Stati Uniti che analizza le politiche seguite da Washington nel corso della “guerra al terrore”, come la detenzione a tempo indeterminato senza accusa o processo e la tortura.
Questo ha dato vita a una serie senza precedenti di attacchi verbali da parte di rappresentanti di primo piano dell’amministrazione Usa, tra cui il presidente Bush, il vicepresidente Dick Cheney, la segretaria di Stato Condoleeza Rice, il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld e il presidente del comando congiunto delle forze armate, generale Richard Myers.
Il linguaggio usato nel nostro Rapporto annuale era chiaro. Non stavamo suggerendo, come qualcuno ha interpretato, che i gulag sovietici e Guantánamo fossero la stessa cosa. Abbiamo spiegato che entrambi sono il simbolo degli abusi dei diritti umani compiuti dalle superpotenze nei loro rispettivi periodi storici.
Il modo in cui i detenuti di Guantánamo vengono trattati rappresenta un disonore nei confronti dei migliori valori statunitensi così come degli standard internazionali. Un centro di detenzione in cui i prigionieri sono tenuti pressoché in isolamento, senza accusa, processo o accesso alla difesa dovrebbe essere condannato dall’opinione pubblica americana e da tutti coloro che hanno a cuore la verità, la giustizia e la libertà.
L’operato degli Usa rappresenta propaganda omaggio per i gruppi armati che compiono azioni di brutale violenza, e distoglie l’attenzione dalla necessità che i detenuti ricevano una giustizia degna di questo nome.
Ma Guantánamo non è sola. È la punta visibile dell’iceberg degli abusi, il più evidente anello in una catena di centri di detenzione che vanno dalla base aerea di Bagram in Afghanistan, alle prigioni irachene e ad altri luoghi del pianeta.
Da questa oscura rete di centri di detenzione continuano a emergere prove e denunce di abusi, torture e uccisioni. Eppure, nonostante le critiche e le proteste negli Usa e in altri paesi, l’amministrazione statunitense non ha intenzione di avviare un’inchiesta completa e indipendente.
Il fatto è che le politiche e le procedure di interrogatorio e detenzione nel contesto della “guerra al terrore” violano sistematicamente e deliberatamente il divieto assoluto di compiere torture e maltrattamenti sancito nei trattati internazionali. Donald Rumsfeld ha personalmente approvato, nel dicembre 2002, un memorandum che autorizzava tecniche di interrogatorio illegali a Guantánamo, comprendenti posizioni dolorose, isolamento prolungato, obbligo di denudamento e l’impiego dei cani.
Questo atteggiamento disinvolto nei confronti dei principi di giustizia e libertà condivisi a livello internazionale è illegale e sta procurando un danno immenso al sistema dei diritti umani e all’autorità morale degli Usa nel campo dei diritti umani. Sta inviando ai governi repressivi di ogni parte del mondo il messaggio che certi abusi – come la tortura e i trattamenti crudeli, inumani e degradanti – sono accettabili.
Nel corso degli ultimi anni, Amnesty International ha compilato con cura numerosi rapporti. Abbiamo pubblicato centinaia di pagine di prove e denunce di gravi abusi dei diritti umani a opera di funzionari Usa nel contesto della “guerra al terrore”. Washington non ha mai risposto, in profondo contrasto con la sua replica retorica e difensiva al nostro Rapporto annuale.
L’amministrazione Usa pensa chiaramente che il migliore attacco è la difesa. Va bene. Dopo oltre 40 anni di denunce sulle violazioni dei diritti umani, ovunque si verifichino, Amnesty International è abituata a essere attaccata da governi di ogni genere e forma. Significa che abbiamo colto nel segno.
Quello che non va bene è il fallimento dell’amministrazione Usa nel prendere in esame la sostanza delle denunce di Amnesty. Non importa se Dick Cheeney afferma di non prendere sul serio Amnesty International. L’importante è che lui e i suoi colleghi prendano sul serio i diritti umani.
L’attuale dibattito fornisce un’opportunità unica all’amministrazione americana: dimostrare che è pronta a colmare il divario tra retorica e realtà e ad affrontare le questioni che Amnesty International e altre organizzazioni per i diritti umani stanno sollevando negli ultimi anni.
Presidente Bush, il nostro messaggio è chiaro. Chiuda Guantánamo, incrimini i suoi detenuti sulla base delle leggi statunitensi nei tribunali statunitensi, oppure li rimetta in libertà. Faccia venire alla luce il resto e sostenga un’indagine completa e indipendente sulle politiche e le procedure di detenzione e interrogatorio, compresi i maltrattamenti e le torture. Riaffermi i principi basilari di giustizia, verità e libertà di cui il popolo americano è così orgoglioso. Faccia degli Usa una reale forza del bene, in un mondo diviso e pericoloso.
di Irene Khan, Segretaria generale di Amnesty International
23.6.2005
FERMA LA TORTURA: SCRIVI AL PRESIDENTE DEGLI USA GEORGE BUSH
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