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Rassegna stampa e foto della promozione in serie B

Ultimo Aggiornamento: 21/06/2006 21:46
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19/06/2006 10:08
 
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IL SECOLO XIX
Tifosi, la festa del “sollievo”
di:Marcello Zinola
Del: 19-06-2006
Contestato lo striscione contro Preziosi per le sue deposizioni ai pm di Napoli: 30 mila allo stadio Ferraris Diecimila persone colorano di rossoblù piazza De Ferrari e il centro storico. Brindisi a Soziglia
Genova. “Anemmo via da sta belin de categoria”. E’ nel mega striscione esibito da “I figgi do zena” il senso di una festa che più che festa appare e si vive come una liberazione. Meglio, come un “sollievo” (”se giocavate prima oggi ero al mare” recita un drappo nella nord) dopo un anno e gli ultimi 34’ di sofferenza (29’ più cinque di recupero) per il gol del coloured con trascorsi genovesi (Sestrese, Genoa) Egbedi. Non c’è una maxifolla in piazza, sebbene in circa diecimila sciamino via via verso De Ferrari e si perdano poi nei vicoli, in Soziglia, laddove Enrico Preziosi in una piovosa e fredda serata invernale prese “alloggio” in Genova. Prima del battesimo con il salotto cosiddetto buono in un convegno nella vecchia Borsa, disse: «E’ questo il vero salotto di Genova». E nei 96’ dell’ultima fatica rossoblù ci sono tutte le storie del tifo genoano dell’ultimo campionato.
Il calore e la passione, ma anche le divisioni. Che, nella giornata di festa, laureano un quasi plebiscito pro Preziosi (compresi i coriandoli con “Grazie Enrico, cuore rossoblù, vero genoano”) dopo la comparsa di uno striscione ipercontestato: «Preziosi come Buscetta, pentito e infame», chiaro riferimento alle sue deposizioni denuncia ai carabinieri e alla procura di Napoli sul calcio scandalo. La maggior parte della festa è dentro il Ferraris. Gli striscioni grandi e piccoli sono 158, le bandiere non si contano e compaiono qua e là anche le magliette della promozione cancellata dalla Caf.
La Nord esibisce lo striscione “preda”(Terzo anello) sottratto ai milanisti in un epico match a San Siro. Ci sono gli ultrà del Torino gemellati con i genoani e c’è anche una presenza napoletana. I diffidati scrivono un “sms” da Cornigliano con l’Old Group e Gav. E si parte con i 30.408 paganti che regalano alla Lega di C e al suo presidente Macalli (”Addio Macalli” recita uno striscione con relativo e volgare riferimento ai suoi natali) il 25% degli oltre 387 mila euro di incasso. Berlusconi, Carraro, Macalli sono l’hit parade dei cori di scherno. Vanno via i primi 45’ palpitanti con «il muro invisibile» come lo definisce Giangi, super tifoso rossoblù, in cui il Genoa o sbaglia o si vede parare il parabile dal portiere brianzolo. La tribuna sussulta, il quartetto legale e onorevole (D’Angelo, Carbone, Gatto, Biondi) mastica “cicche” e pipa. Soffre anche Attilio Perotti.
Il clima è di attesa con un po’ di scaramanzia. «Preziosi non c’è» dice la signora Lina, anni 82, mezzo secolo allo stadio. «Ma non finisce mai» dice Giorgio che sul treno del ritorno a casa perderà anche la bandiera: «tanto era un po’ rotta». Conto alla rovescia. Ahia, ahia, si va sotto. «Lo diceva sempre mio padre che le cose facili non sono per il Genoa» si mangia le unghie Benedetta Signorini che commenta l’ultima rincorsa per Radio 19, l’emittente del Secolo XIX. Meno dieci alla fine: la scaramanzia sono le magliette con “Non sono tuo cugino” con vergato un Baciccia blucerchiato sullo sfondo di un segnale di divieto stradale.
Come quello del “divieto di transito a ciclisti” che campeggia nei distinti. Meno cinque: «belin, cinque di recupero» si inalbera Giacomo, Vecchio Orso come maglietta stinta che chissà quante ascelle sudate di gioie e di timori ha visto. Meno tre, meno due, meno uno. La liberazione, il sollievo arrivano. Preziosi va in campo, il coro è per lui. Ma non va sotto la nord. E vai verso il centro, in auto e in moto. A Brignole primo concentramento, ma molti vanno a caccia di un treno. Via Venti è chiusa a metà, De Ferrari è colorata di rossoblù, c’è il classico bagno nella fontana, ma l’impressione è che ci sia quasi un po’ di ritegno. Come dire: non dovevamo essere qui a festeggiare “questa promozione”. Un bengala verde vola verso il Ducale, un maxi petardo esplode nel porticato di fronte alla sede della Regione e “smonta” un vasone. Tanto è vero che il coro più ricorrente è “in serie A, vogliamo tornare in serie A”. Soziglia è un muro di Grifoni. Di suoni e di colori con Tore gran cerimoniere. Sotto la Madonnina del vicolo a due passi dal muro di Soziglia danzano anche alcune lucciole di colore. Una ha un braccialetto rossoblù: del resto in uno storico concerto, Faber cantò “Genoa, are red and blue”. E il salotto di Genova è così in una serata afosa di sollievo e liberazione. A Marassi Baldini ha finito di abbracciare Preziosi dopo averlo chiamato in campo. “Lari Rosica” dice un altro striscione comparso sull’avvio della festa. Il “porchettaro” si adegua alla festa e corregge il prezziario: tutto sale di un euro. Ma la concorrenza dei venditori napoletani offre “tre birre gelate a cinque euro”. Inizia a imbrunire, salgono gli ebbri. «Bevo per festeggiare, ma soprattutto per dimenticare» recita il cartello ormai un poco afflosciato di Pino, anni 63, di Spotorno. «A che ora c’è l’ultimo treno per Savona? Se non ci arrivo, telefono a mia moglie e le dico che ci vediamo domani».
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IL SECOLO XIX
Diecimesi di passione tra ricorsi e scivoloni
di:Giovanni Ciolina
Del: 19-06-2006
Genova. Un po’ favola, un po’ romanzo e tanto giallo. La cavalcata vincente del Genoa è un mix di emozioni. Una collezione letteraria comunque di successo e che non può che partire dal fondo. Questa volta non è peccato rivelare l’assassino.
Non sono bastati i canonici e auspicati nove mesi di battaglie per arrivare al verdetto. E’ stato necessario un extratime di un mese e mezzo. Lungo la trama si sono dipanati stati d’animo differenti. In qualsiasi stile si preferisca inserire l’annata del Grifone c’è però un denominatore comune: il pubblico. I trentamila dell’apoteosi, della festa del Ferraris sono la logica conseguenza dei quattromila arrivati a Ravenna in una caldissima domenica di fine estate. Senza dimenticare i dodicimila al Delle Alpi per la prima casalinga purtroppo in campo neutro. Ma che dire del solito esodo a San Marino. Il pubblico è l’unico protagonista di un romanzo che diventa giallo. La vittoria nella fatal Ravenna (31), dopo quella maledetta primavera del 1997, riesce a farsi raccontare solo per pochi minuti. Il tempo di apprendere del ricorso della società romagnola per l’irregolare utilizzo rossoblù di Antonio Ghomsi. E all’odissea estiva con retrocessione e penalizzazione di tre punti in serie C1 si aggiunge ben presto la sconfitta a tavolino decretata dal giudice Quattrocchi. Nella lista dei sospettati di omicidio a tinte rosso e blu finiscono in molti. Dal presidente, allora, della Federcalcio, Franco Carraro, al presidente della Lega Mario Macalli, a un dirigente della Salernitana che avrebbe dato l’input al Ravenna per il ricorso. Se si vuole l’intrigo butta nel marasma la squadra che si trova a non conoscere con esattezza la propria classifica. Brutta situazione anche per Giovanni Vavassori, l’uomo chiamato, in tutta fretta, a mettere in linea di galleggiamento una navicella che ad agosto era traballante.
L’uomo di Arcene impiega un mesetto per trovare la quadratura del cerchio. Un periodo di tempo nel quale c’è il deludente, ma prezioso 00 con il tanto vituperato Pizzighettone, il 30 alla Fermana, per proseguire con i pareggi di Padova (11, rete di Sinigaglia) e Novara (11, Tedesco). Come nelle favole la Disciplinare intanto restituisce i tre punti di Ravenna, ma il Monza fugge a punteggio pieno e lo Spezia insegue. E con la vittoria casalinga sul Pavia prende il là un cammino che arriverà a 37 risultati utili consecutivi prima di conoscere l’onta della sconfitta. Sarò un inverno tiepido tiepido con la truppa rossoblù a inanellare sei vittorie consecutive (Pro Patria, Pro Sesto, Giulianova, San Marino, Spezia e Lumezzane). Secondo uno schema adottato dai più grandi narratori di favole la vittoria europea all’Olimpico di San Marino coincide con l’approdo in testa alla classifica grazie al Novara che stoppa lo Spezia. E nove giorni dopo arriva l’affondo decisivo al Ferraris con la splendida stoccata di Greco che costringe gli spezzini alla resa.
Campionato finito dall’alto del più quatttro in classifica? Assolutamente. Prima di Natale arrivano i pari di Cittadella (primo centro di Zaniolo) e a Marassi con il Teramo. La stagione rossoblù ritorna a tinte gialle l’8 gennaio a Cremona. Lena di Ciampino decide la sfida con il Pizzighettone assegnando un rigore contro Fusco: è il 3-3 decisivo. Ma è soprattutto il mercato invernale che neppure il più scaltro dei registi colloca nella stagione del riscatto a regalare una svolta alla stagione. Fusco, Mamede e Iliev arrivano dal Messina; con Ravenna e Fermo giostrano da protagonisti. Il serbo segna nella Marche, ma è all’ultimo giorno di mercato che arriva il colpo che colpisce tutti: Tedesco finisce al Palermo, ma partono anche Greco, Sinigaglia, De Angelis, Minetti, Rimoldi e poi una serie di ragazzini. Zaniolo si ferma per un problema al tendine. Una rivoluzione che sembra stravolgere gli equilibri della squadra che resta comunque in gioco, ma fallisce con Padova, Novara e Salerno il colpo del kappao. A una squadra che sembra tirare il fiato dopo la faticosissima rincorsa del girone d’andata, si innescano gli ostacoli esterni. II tre punti del caso Ghomsi restano sempre appesi ad un filo. Al Genoa o al Ravenna? Un dubbio amletico che non fa certo bene al morale della squadra e resta tale fino alla fine. E attorno alla presenza a Ravenna del camerunense Ghomsi si dipana un autentico romanzo che di rosa non ha nulla, ma che appare un racconto vero e proprio quasi impossibile ad incastonarsi nella realtà. La soluzione sembra abbinata alla conciliazione stipulata con la Federcalcio dal presidente Preziosi. Un capitolo della stagione che è uno dei tanti gialli: su quel tavolo il Genoa è graziato dalla presunta violazione della clausola compromissoria. Ma la vicenda Ghomsi resta in piedi. Si riparte (in ritardo) da Pavia, ma in panchina non c’è più Vavassori. Letale al tecnico di Arcene la sconfitta di Busto Arsizio. Un 43 che arriva al termine di una giornata terribile, con Gazzoli che si infortunia alla testa, Stellini sconvolto per la morte sugli spalti dello zio, stroncato da un infarto e con un vento malandrino che diventa invisibile autore delle prime cinque segnature. In vantaggio con rigore di Grabbi, il Genoa si vede rimontare grazie a un Tramezzani protagonista al ritorno in campo dopo mesi di assenza. Due giorni e la panchina di Vavassori passa ad Attilio Perotti. Non cambia invece il canovaccio della stagione genoana. Buona partenza, la favola che sembra conoscere capitolo mielosi, ma poi il romanzo e il giallo irrompono in maniera improvvisa e pesante. L’ambientazione è dalle parti di La Spezia. Si comincia con le voci della penalizzazione per il caso Ghomsi che circolano già dal dopo Pavia e che tengono in scacco per quindici giorni i rossoblù.
Alla vigilia della sfida spezzina torna in scena il giallo: non si gioca per ordine pubblico alla domenica, ma si giocherà tre giorni dopo. Sempre al Picco, sempre nelle condizioni di tre giorni prima. Bacis sbaglia il primo intervento e per lo Spezia c’è l’avvicinamento, che diventa sorpasso due giorni dopo quando la Caf si pronuncia togliendo al Genoa i tre punti di Ravenna. Il risultato è di rendere drammatica la trasferta di San Benedetto. Obbligatorio vincere per tenersi a ruota dello Spezia. Arriva il passo falso e la quasi scontata copondanna ai playoff.
In settimana un manipolo di ultras irrompe al Pio XII e prende a schiaffi capitan Baldini e Stellini. Perotti resta in sella, ancora sette giorni dopo aver pensato alle dimissioni per quel brutto gesto della tifoseria. L’13 interno col Cittadella segna il momento più difficile della stagione. La squadra è contestata e assediata a Marassi. Il presidente Preziosi richiama Vavassori in tutta fretta al comando del Grifone. E il mister bergamasco salva il secondo posto a Teramo nell’ennesima giornata da incubo. Segna Lopez e il Genoa è secondo, ma la Disciplinare condanna gli abruzzesi per illecito amministrativo. Il posticipo dei playoff consente il recupero di Zaniolo. Determinante. Il Grifo cambia la mentalità dopo un primo tempo brutto all’Arechi. Stellini ci mette una pezza in Campania (sconfitta 21), Lopez salva la baracca a 5’ dall’esclusione nel ritorno al Ferraris dopo che Stellini aveva illuso e Magliocco fatto tremare i polsi. Monza è solo l’ultimo capitolo.

19/06/2006 10:09
 
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IL SECOLO XIX
Genoa, all’ultimo respiro
di:Giovanni Ciolina
Del: 19-06-2006
I rossoblù perdono con il Monza e devono aspettare il 95’ per salutare il ritorno in serie B Un gol di Egbedi fa soffrire il Grifone, poi scoppia la festa

Genova. Ore 17,52: che la festa cominci. E sia contagiosa, esplosiva, pur sempre nei limiti della correttezza. Marassi si trasforma in una bolgia già pochi minuti prima del triplice finale dell’arbitro Damato che pone fine a questa travagliata stagione. Troppa la rabbia, l'ansia per resistere fino al novantesimo. Secondo un copione tanto caro ai colori rossoblù anche l’atto finale però riserva momenti di sofferenza. Passa il Monza (01) con una stoccata di Egbedi che semina il panico nel popolo rossoblù quando alla fine manca ancora mezz’ora. La prima e unica azione brianzola di tutta la gara è sufficiente però per incrinare la gioia. La sconfitta apre ugualmente le porte della serie B al Grifo. Il fischio finale arriva come una liberazione. Per il secondo anno consecutivo il Grifone vince il campionato e ironia della sorte (e forse caso più unico che raro al mondo) si ritrova nello stesso campionato. Ma il successo odierno è qualcosa di più: è una vittoria nella vittoria, anche se il salto non è quello sperato nei sentimenti e nelle sensazioni dei tifosi si confondono anche molte lacrime.
Le stesse che il presidente Enrico Preziosi trattiene a stento quando sale in tribuna d’onore e riceve l’abbraccio dei suoi più stretti collaboratori. Calorosa la stretta di mano con Attilio Perotti. Non va sotto la curva, si limita a tornare in campo su richiesta di capitan Baldini. E la squadra gli riserva una serie di lanci in aria: ebbrezza che pochi istanti prima prova anche Vavassori.
Proprio il tecnico è l’obiettivo degli abbracci della squadra. Nicola Barasso lo abbranca tra le braccia, e lo bacia sulla fronte prima di essere sopraffatti entrambi da tutta la squadra. Finalmente anche l’uomo di Arcene riesce a liberare la sua gioia, si scrolla di dosso pressioni e paure. La panchina vive gli ultimi istanti di gioco in piedi, abbracciati uno all’altro. Poi è l’ora anche delle ultime generazioni: Edoardo e Rachele Grabbi. I due figli di Alessandro Pilati. Anche in tribuna molti tifosi con i capelli bianchi non riescono a trattenere la lacrimuccia di fronte al Vecchio Grifone che conquista l'ennesimo traguardo della sua storia. Ma il mix di emozione dei trentamila del Ferraris si estende in tutta la città. Ma ci sono anche quei magnifici tre che, da un osservatorio privilegiato, assistono alla bailada rossoblù: Gianluca Signorini, Fabrizio Gorin e il professor Franco Scoglio. Emozioni che solo il Grifo riesce a regalare. E in tribuna c'è Benedetta, la figlia maggiore del Capitano che, in diretta su Radio19, fatica a trattenere la commozione. «Quel signore ha la maglia di mio padre, devo andare a ringraziarlo » esplode quando al fischio d’inizio manca ancora più di un’ora. Detto fatto. Stretta di mano e tonfo al cuore. Come quello che rimbalza più volte nel corso del pomeriggio a tinte rossoblù. Tra i trentamila c'è anche Angelo Mariano Fabiani, direttore generale rossoblù fino alla debacle con il Cittadella. Questo successo è anche un po' suo. Questo è il Genoa a sua immagine e somiglianza che, pur con qualche difetto e errore, è riuscito a modellare per centrare la promozione. E non importa se il salto arriva con i playoff.
Anche queste sono cose da Genoa.
Al pari dell’andamento di un gara che vede il Genoa giocare un primo tempo di consueta intensità e concretezza, prima di pagare dazio nella ripresa. Fatica e qualche giocatore (Rossi gioca, ma si vede che in settimana si è allenato poco) non al meglio complicano le strategie, ma con un Coppola in queste condizioni niente è precluso. Manuel Tenaglia Coppola insegue qualunque avversario gli capiti vicino e nove volte su dieci gli porta via il pallone. Un compito che si rivela determinante nell’economia della squadra. E’ l’emblema di questo Grifo operaio.


19/06/2006 10:09
 
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IL SECOLO XIX
La riscossa di Vavassori
di:Giovanni Ciolina
Del: 19-06-2006
Ringrazia i tifosi per l’incitamento. «Allenare il Genoa è un onore» «Mi è dispiaciuto che nessuno abbia fatto notare chemolti giocatori non erano in condizione, nonostante dicessi il contrario...»

Genova. Il generale resta sempre in prima linea e non perde mai la calma. Neppure quando in palio c’è la promozione in serie B e gli avversari sfruttano al meglio l’unica occasione della gara. Neppure quando l’arbitro fischia la fine e il sogno diventa realtà. Forse quello è l’unico istante in cui il viso squadrato e dai lineamenti duri di Vavassori conosce un sorriso.
Giovanni Vavassori è fatto così: concreto, pragmatico, realista, onesto, sincero. Non ce la fa a lasciarsi andare. E’ il suo carattere, ma chissà che vulcano di sentimenti si è scatenato all’interno di quel fisico mingherlino, ma carico di energia e sentimenti, al fischio finale. Dietro il risultato conquistato sul campo c’è qualcosa di più dell’immediata promozione. Forse nel gran salto si nasconde anche un pizzico di riscossa personale, di voglia di dimostrare qualcosa. L’arcobaleno di emozioni del Vava non conosce però mai ii colori cupi.
«Dovrei continuare anche l’anno prossimo» è la prima rivelazione del tecnico bergamasco.
«E se sarà così sarà con grande piacere ­aggiunge ­Per me è un onore allenare il Genoa. Quando sei fuori Genova si parla dei rossoblù come una squadra importante e non per la categoria. La categoria la fa il seguito e il Genoa ha un grande seguito. Sono veramente contento ».
Non deve essere stata un’annata facile anche per lui. Arrivato all’indomani della retrocessione in serie C ha partecipato alla costruzione di questo gruppo in cinque giorni. E’ riuscito a dare un’anima alla squadra. a portarla in testa alla classifica e alla prima sconfitta è stato esonerato. «Quando il presidente mi ha richiamato sono tornato con lo stesso spirito. La gara odierna racchiude il campionato del Grifone. Mai una volta abbiamo potuto schierare undici giocatori sani. Sorte toccata anche ad Attilio (Perotti). Anche stavolta siamo stati lontanissimi».
Ma anche per un signore come il Vava, il momento del trionfo è quello che autorizza a togliersi qualche sassolino dalle scarpe. E quelli del tecnico sono briciole anche se alla lunga rischiano di provocare fastidiose vesciche. «Mi è spiaciuto un po’ che nessuno abbia mai fatto notare questa situazione, che molti giocatori non erano in condizione nonostante io dicessi il contrario...».
Vavassori non cade nella trappola di lasciarsi andare a classifiche di merito dei suoi giocatori. «Ho vissuto tante situazioni analoghe sia da calciatore sia da allenatore e la difficoltà è di gestire anche situazioni anomale» premette l’allenatore che si presenta in sala stampa con l’immancabile bionda. «Sono stati tutti grandiosi ­spiega ­anche perché in molte occasioni i ragazzi si sono sacrificati a ricoprire ruoli che non erano i loro». «Vavassori olè, Vavassori olè» è l’eco che pochi minuti prima trapelava dallo stanzone della squadra. Un segnale dell’unità di intenti che si è creata tra tecnico e giocatori.
Grandioso Vavassori. Vincere un campionato «anomalo e sempre in condizione ambientale precaria» e riuscire a mantenere l’aplomb. Il tecnico si presenta in sala stampa mentre parla il presidente: si piazza attaccato ad un muro, fuma e guarda nel vuoto. Chissà cosa gli frulla nella testa. «Il grande merito è di aver compattato lo spogliatoio » è il complimento che gli regala il patron rossoblù. Lui, non si scompone.
«Meno male che è finita. A meno che non riescano ad organizzare un torneo...» butta lì la battuta. «Abbiamo giocato un buon primo tempo ­sottolinea ­mentre nella ripresa abbiamo pagato la fatica. Sapevo, comunque della bontà del Monza. Molti giocatori li avevo seguiti nelle giovanili dell’Atalanta e mi sono detto va a vedere che mi fregano».
Per fortuna Vavassori non è buon profeta e da ieri sera può abbracciare la promozione in serie B. Ieri sera ha festeggiato a lungo con il presidente, ma da oggi tornerà nella sua Bergamo, nella sua tana dove ritrovare amici e famiglia. Dopo una stagione tanto faticosa il Vava staccherà la spina per qualche settimana. Meritato, prima di rituffarsi nella bolgia. E per ritrovare la carica non mancheranno le mitiche partite a carte con gli amici. E’ proprio in famiglia che il tecnico ritrova gli stimoli ideali ed è lì che si è rifugiato dopo l’esonero di marzo.
Ingiusto, «sbagliato» come ha chiarito Preziosi anche se buona parte della piazza e degli addetti ai lavori lo hanno chiesto al president
19/06/2006 10:10
 
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Coppola: «Resterei volentieri»
di:G. M.
Del: 19-06-2006
Anche Moretti spera di rimanere in rossoblù

Genova. Mai sconfitta fu accettata così bene. «Tutti dicevano ­commenta Manuel Coppola ­che sarebbe stato facile. Ma le partite sulla carta meno difficili, sul campo diventano le più ostiche. L’importante è il risultato finale. É affiorata la stanchezza per il gran caldo e per la stagione lunghissima. Ora andiamo a festeggiare, ma poi voglio staccare, almeno per qualche giorno con il calcio».
La stagione di Coppola è andata in crescendo...
«Avevo iniziato in una posizione da esterno, quasi da terzino. Non ero abituato a questo ruolo, che non è il mio solito. Ho faticato non poco, anche perché non ho il passo dell’esterno. Le cose sono andate subito meglio, quando ho cambiato posizione e sono tornato, diciamo così... alle origini, a quello che ritengo il mio posto. Ecco, così ho potuto esprimermi meglio, a livelli più alti».
Contro il Monza Coppola tra i migliori, come sempre...
«Una promozione, ancora più che una semplice gara, la conquista una squadra. Vale anche per noi».
Ora comincia la stagione delle voci, del calciomercato.
«Dipendesse da me, resterei al Genoa. Ma è la società che deve decidere. So che il Genoa ha il diritto di riscatto».
Sulla stessa linea d’onda Vincenzo Moretti.
«Vorrei rimanere in questa città e in questa società. Per me è la seconda promozione consecutiva in due anni. Porto anche bene. L’anno scorso ero ad Avellino, quando la squadra campana ottenne la B. Ma le emozioni che ho provato a Marassi anche in quest’ultimo appuntamento col Monza sono state diverse, più forti».
Dall’altra parte, il mister del Monza Giuliano Sonzogni cerca di contenere l’amarezza. «Quando siamo passati in vantaggio ­dice ­ho sperato di poter andare sul 2-0, noi eravamo più in palla, avevamo più birra in corpo. E ai supplementari ce la saremmo giocata. Purtroppo è stato fatale il risultato dell’andata a Monza, quello 0-2. Ma non ho rimproveri da muovere ai ragazzi. I genoani sono più smaliziati. Ci stanno le perdite di tempo».
Se ne va con una vena polemica «Non vedrete mai neppure in una partita importante e decisiva volare palloni in campo dalla mia panchina, com’è avvenuto da quella del Genoa».
È un concetto che ripetono anche i giocatori Egbedi e Tricarico. «In tanti anni ­dicono ­sui campi di calcio non abbiamo mai visto le cose accadute a Marassi».
19/06/2006 10:11
 
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IL SECOLO XIX
FELICITÀ DI BENEDETTA SIGNORINI
di:
Del: 19-06-2006
«Mio padre ha sempre detto che se questa squadra non soffre e non fa soffrire i tifosi, non è neppure il Genoa. Comunque la cosa importante è il risultato finale, la promozione in B».
Gioisce come solo i tifosi sanno fare Benedetta Signorini, 23 anni, figlia di Gianluca, il capitano del quarto posto e della Coppa Uefa. Ieri ha seguito la gara in tribuna stampa per Radio 19. All’emittente di piazza Piccapietra, al termine della partita, per Benedetta sono arrivati anche i saluti del presidente del Genoa Club intitolato al padre. «Per anni ­racconta la ragazza ­quando giocava mio padre sono venuta ogni domenica in tribuna a seguire il Genoa. Ma anche dopo sono rimasta genoana e ho seguito la squadra dalla Nord. Feste come questa non si dimenticano».

19/06/2006 10:11
 
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Baldini si sfoga: «Non ho fatto fuori Tedesco»
di:G. Gn.
Del: 19-06-2006
Genova. Gli occhi arrossati, la voce rotta dalla commozione: per Francesco Baldini la stagione più tormentata è finita con l’abbraccio liberatorio a centrocampo con Enrico Preziosi. Ha sfogato con un urlo la rabbia accumulata negli ultimi mesi, e dopo la doccia ha indossato nuovamente la maglia numero 6 «perché ne sono orgoglioso ». È una maglia speciale per il Genoa, è quella del Capitano.
Ma non c’è sorriso sul volto di Baldini: «È stato un anno duro per me, faccio fatica a parlare della partita di oggi perché sono sei mesi che mi porto dentro un magone duro a mandare giù. È dovuto alle voci circolate in città sul mio conto: mi hanno fatto più male dello schiaffo. Da domani potrò forse gioire, oggi volevo solo prendermi una rivincita. È stato detto che Giovanni Tedesco è andato via a causa mia, dopo aver litigato con me: quel giorno a Pegli mi è stato detto che lo schiaffo era anche per questo motivo. É vero, con Giovanni avevamo discusso qualche giorno prima, mi sembra per un gol preso a Pizzighettone. Ma la fascia gli era stata data da quelli che poi sono rimasti a guadagnarsi la pagnotta. Non so che abbia messo in giro la voce che l’ho fatto fuori io. Non so se l’abbia detto lui per pararsi il culo o qualcuno qualcuno a lui vicino. Posso, però ,dire che ha mangiato nei miei piatti, ha mangiato e dormito a casa mia a Massa, siamo andati a pesca insieme».
Replica Tedesco: «Non voglio rispondere a Baldini in questo momento perché hanno raggiunto con sacrifici un traguardo importante, poi chi era nello spogliatoio sa certe cose. Posso però ribadire ciò che ho dichiarato quando sono venuto a Genova a giocare contro la Samp: se non fosse per come Fabiani ha gestito certe cose, oggi non sarei a Palermo ma al Genoa».
Precisa Baldini: «Io ho dato tutto me stesso, ho fatto quattro gol. Non facevo parte della squadra per la A; mi hanno richiamato per la C e sono venuto con orgoglio. Andrò sempre a testa alta, nessuno potrà mai parlare male di Baldini. Io ci metto sempre la faccia, anche per questo ho preso lo schiaffo. Quel giorno sono tornato a casa, a Massa, perché dopo essere stato picchiato a Napoli mi ero promesso che se fosse successo avrei smesso. Invece ci sono stati compagni e dirigenti che mi sono venuti a prendere e mi hanno riportato indietro: devo ringraziarli perché altrimenti non avrei potuto godermi questo momento. Ma da allora ho fatto fatica: si è visto a Salerno, si è visto col Cittadella ».
Baldini va oltre: «In questo periodo è stata detta una marea di cazzate. Si è detto persino che non volevamo venire su. Invece abbiamo avuto problemi perché mancava gente importante nello spogliatoio: Zaniolo, Stellini, Lamacchi. Ero rimasto solo: gli altri sono giovani. Poi è tornato Scarpi a darmi una mano, poi sono tornati anche gli altri. C’è stato un periodo che non stavamo neppure bene fisicamente. Invece bisogna ringraziare Vavassori che ha fatto un gran lavoro. E Fabiani che ha portato gente che oggi tutti hanno applaudito: si è dimesso solo per togliere pressione alla squadra. Per il futuro vedremo: ho un contratto con il Genoa, però faccio fatica a pensare: ho sofferto tanto negli ultimi due mesi, ma non potevo mollare perché ero il capitano e qualcuno poteva venirmi dietro. Ora il Genoa è tornato dove merita: se saremo ripescati in A avremmo fatto una grande impresa».
19/06/2006 10:11
 
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IL SECOLO XIX
«Ora rifondiamo il Genoa»
di:Giuliano Gnecco
Del: 19-06-2006
IL PRESIDENTE Il numero uno rossoblù a ruota libera dopo la conquista della promozione Il presidente del Genoa Enrico Preziosi festeggiato dai giocatori a fine partita per la promozione in B del Genoa «Vavassori è stato grande:ha avuto il merito di ridare fiducia a una squadra che aveva il morale a terra» «Spero che ora sia felice anche chi mi contesta. In democrazia tutti sono liberi di esprimere le proprie opinioni» Preziosi disegna il futuro: «Farò una squadra per vincere ancora» Attacca Della Valle: «A Firenze hanno scoperto che c’è un mostro»

Genova. Ha il volto segnato dalla fatica, come se avesse giocato lui. «Sicuramente è stata una grande soddisfazione ­ammette Enrico Preziosi ­ma la sofferenza è stata tantissima anche in questa partita. Abbiamo trovato un buon Monza. È stato un campionato estremamente difficile per ciò che è successo, fra punti dati e tolti e penalizzazioni». Però bisogna già pensare al futuro: «È una soddisfazione enorme per i tifosi, questo pubblico ti spinge a fare bene e a impegnarti per il Genoa. Cercherò di allestire una squadra competitiva: in 12 anni ho sempre fatto formazioni vincenti, anche se qualche volta è andata male. Con Vavassori c’è già l’accordo per l’anno prossimo: in un momento difficile ha ricompattato un ambiente con il morale a pezzi».
È un Preziosi che parla di passato, presente e futuro al termine del giorno più lungo. Non risparmia accuse ai nemici (Macalli, Della Valle), e ringrazia gli amici (D’Angelo, Carbone, Gatto).
Nonostante tutto, però, il presidente ieri ha evitato la corsa sotto la Nord: «Per pudore. Loro sanno che li saluto col cuore, ma mi sembrava eccessivo. Avevo promesso di restare fuori per questi playoff. Sono entrato solo al triplice fischio. Io non cerco consensi, ma fa piacere questo affetto: il Genoa merita ben altro».
C’è spazio anche per una nota rovente polemica: «Macalli ha gestito questo campionato con due pesi e due misure. Spero di non vederlo mai più, non torneremo in questa categoria. E, se lo incontrerò per strada, mi girerò dall’altra parte». Però questa è una giornata di festa: «Ringrazio tutti, e un po’ anche me stesso ­puntualizza Preziosi ­Vengo da una terra dove si zappa molto, si semina e forse, sottolineo forse, si raccoglie. Questo mi hanno insegnato i miei genitori. Questo Genoa va rifondato, non c’è più la possibilità di sbagliare. Ci deve essere un’organizzazione tale da non dare adito a dubbi».
Il presidente è un fiume in piena, passa da una tv all’altra, da un taccuino all’altro: «Sensazioni? Sono ancora da decifrare dopo 45’ passati a contare le mattonelle dello spogliatoio: ogni 120 passavano 2’. A volte camminavo con le dita nelle orecchie per non sentire. Sarà stupido e irrazionale, ma il calcio è anche emotività. Sono in attesa di un altro processo; quello ordinario e quello sportivo che non è stato celebrato ».
Eppure neanche ieri è mancata la contestazione. Nella Nord è stato appeso lo striscione “Preziosi come Buscetta, infame e pentito”: «A parte il contenuto mafioso che non mi appartiene, forse avrebbero potuto essere più spiritosi. Credo comunque che in democrazia, al di là degli insulti che non sono leciti, ci deve essere rispetto per tutte le opinioni. Mi fa piacere pensare che anche loro siano felici come me e gli altri tifosi».
Le contestazioni arrivano anche dalla Toscana: la Fiorentina replica alle accuse fatte da Preziosi nei giorni scorsi sottolineando di avere alti valori morali. «Per fortuna non condivido i valori morali di Della Valle ­è l’affondo del presidente ­Chi è indagato deve chiarire la propria posizione prima di fare la morale agli altri».
Adesso è però tempo di relax, il presidente si allontana dalle tensioni degli ultimi mesi; lo attendono le spiagge di Ibiza: «Domani (oggi, ndr) partirò per cinque giorni di vacanza, credo di meritarli. Ma resto in Europa, il telefonino è acceso: stiamo già lavorando per allestire una squadra competitiva, anche se bisogna vedere cosa accadrà in serie B. Oppure se ce la toglieranno, per fortuna, magari non in C per rivedere Macalli. Se la giustizia sportiva farà quanto promesso, ci potranno essere sconvolgimenti, e allora non sarà necessario seguire il mercato estero, anche se ho osservatori in Germania». In arrivo c’è l’argentino Leonel Rìos. È, però, anche tempo di bilanci: il merito di questa promozione?
«Quando si vince non ci sono meriti particolari. Ma per il finale direi Vavassori. Poi ci sono i ragazzi, mio figlio Fabrizio che è stato giorno e notte accanto alla squadra riferendomi gli umori. Abbiamo sempre cercato di operare per il meglio, poi quando si lavora si sbaglia».
A un anno e una settimana di distanza c’è però una ferita che ancora non riesce a rimarginarsi. C’è quella promozione in A che è stata cancellata.
«Non sono molto felice ­confessa Preziosi ­Sono ancora molto arrabbiato. Non posso e non voglio dimenticare. Sono abituato alle difficoltà della vita, la mia forza d’animo mi ha insegnato a superare le difficoltà. Non si poteva neppure uscire da casa: sembrava fossi il mostro di Firenze, poi a Firenze hanno scoperte che ce n’è un altro (l’allusione è a Della Valle, ndr). Ero l’uomo della valigetta, è una storia che ha avuto impatto anche sui miei interessi aziendali. Ora posso dire “bravo Enrico”: ce l’ho fatta perché volevo farcela».
Dopo la debacle con il Cittadella, Preziosi aveva promesso che a fine stagione avrebbe chiarito molte cose raccontando diversi retroscena: «Ci deve essere un chiarimento, lo meritano i tifosi ­ribadisce il presidente ­Non è il segreto di Fatima: devo spiegare certi accadimenti, non solo GenoaVenezia. Perché è stato un campionato pieno di difficoltà. Devo ringraziare il professor Andrea D’Angelo, l’avvocato Paolo Gatto, il professor Sergio Maria Carbone: sono persone che hanno contato molto nel successo di questo campionato. È difficile trovare persone alle quali puoi stringere la mano senza poi doverti contare le dita. Gli dirò sempre grazie. Ma non è questo il momento dei chiarimenti, lasciatemi andare in vacanza. Al massimo entro quindici giorni faremo però il punto della situazione ».
Il ritiro. Da domani si lavora per il futuro. Intanto il ritiro: intorno al 20 luglio la squadra partirà per Neustift, nel Tirolo austriaco, dove si tratterrà per una ventina di giorni. Poi sono previsti alcuni giorni di riposo, prima della seconda fase ad Acqui Terme.

19/06/2006 10:12
 
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IL SECOLO XIX
Primo tempo in hotel poi negli spogliatoi
di:Marco Menduni
Del: 19-06-2006
Genova. Il Pio XII? «Ci siamo già stati due settimane fa e l’ha scritto sul giornale, dicono che non è prudente».
L’appuntamento con Enrico Preziosi è fissato: qualche minuto prima delle quattro del pomeriggio a Telegenova. Poi si cambia di nuovo. La Digos dice che se Preziosi si avvicinerà troppo al centro, dovrà farlo seguire dalla scorta. E il presidente non ne ha voglia; né vuole distogliere altri uomini delle forze dell’ordine dal loro lavoro. E’ fatta. Il primo tempo di Genoa Monza andrà in onda da un’elegante stanza dell’hotel Sheraton, aeroporto. Piccolissimo il parterre, accoccolato su un divanetto e una poltrona davanti alla televisione che rimbalza la telecronaca di Sky. Lui, Preziosi, con tradizionale dotazione di sigarette filiformi, maniche arrotolate e cravatta allentata. Poi l’avvocato Maurizio Mascia, poi il cronista. Vicino il letto ancora sfatto. Posacenere d’emergenza: bicchiere con una spruzzata d’acqua.
Inutile dire che il divanetto diventerà subito un orpello inutile. Preziosi e Mascia seguiranno l’incontro in piedi, nel silenzio interrotto solo da qualcuna delle più classiche imprecazioni da stadio.
Ma Marassi è laggiù. Dietro gli obiettivi della telecamera, distante qualche chilometro. Il frastuono della Nord è affidato solo all’altoparlante, di qui si sente solo il rombo dei radi aerei domenicali. Arriva un sms sul cellulare del cronista. Una collega scrive dallo stadio: “Striscione enorme: Preziosi come Buscetta, infame e pentito”. Non è il caso di farglielo vedere in questo momento, anche se lui se ne accorge: «Cosa c’è, cosa succede?». Niente, niente, presidente.
Il primo tempo la squadra corre. Soffre, attacca, ma non riesce a sfondare. «Però è una squadra col cuore, non posso che ringraziare Vavassori per il lavoro che ha fatto ». Finisce la prima metà. Preziosi è nervoso, quasi in trance. Si muove per la stanza come un leone nella sua gabbia. «Quanto tempo ci vuole per arrivare allo stadio? », chiede. Una ventina di minuti. «Andiamo. Ha la macchina? Ci accompagna?».
Volentieri. Si parte. Si parte e il comfort spartano, ma funzionale offerto da una piccola Ka. Preziosi sta dietro. Allo stadio è già tutto predisposto per il suo arrivo. Ma la notizia peggiore che Preziosi potesse aspettare arriva proprio mentre la combriccola motorizzata varca i cancelli del garage dei distinti. Il Monza ha segnato. Il gol che non ti aspetti. Imprecazione di rito. Preziosi e Mascia s’involano nel tunnel. L’ultima mezz’ora del match ha un’ambientazione surreale. Sembra di essere in un film di David Lynch. Il tunnel degli spogliatoi. Una stanza con una targa: “Presidente Genoa”. Dentro l’ambiente è spoglio. Qualche panca, una tavola con pasticcini, un tavolino. E una tv attaccata al muro. Ma non c’è Sky. Si segue l’incontro facendo furiosamente zapping tra le emittenti locali e cercando di interpretare i boati del pubblico. «Ogni boato è un pugno nello stomaco», confessa Preziosi. Vaga, vaga. Tanto che a dieci minuti dalla fine scompare, percorrendo il lungo corridoio. Ma la partita volge ormai alla fine. Ancora una volta all’ultimo minuto, con il batticuore. Ma ormai è finita. E’ finita con una sconfitta che vale pur sempre la serie B e va bene lo stesso: Marassi è un tripudio di bandiere. Eccolo qui, Preziosi. Eccolo qui, ricomparso dal nulla e sopravvissuto a un’emozione che iniziava a preoccupare. Il suo cellulare è ancora sul tavolino della stanzetta spoglia, ma sembra non se ne ricordi nemmeno. Entra in campo e da quel momento in poi la storia è quella che tutto lo stadio ha potuto vedere. Forse non si sono viste le lacrime al rientro negli spogliatoi. C’è il senso di una rivincita, non vera gioia. «Per mesi mi sono dovuto nascondere, non potevo girare per la strada, sembrava che fossi il secondo mostro di Firenze. E ora invece scopriamo che a Firenze di mostro ce n’è un altro». Non rinuncia a polemizzare con Della Valle nemmeno in questo momento. E’, ancora, tutto all’attacco: «Domani ci saranno i deferimenti dell’ufficio indagini alla disciplinare e sono proprio curioso di vedere che cosa accadrà, se useranno lo stesso metro che hanno utilizzato con noi dovrebbe essere uno sfracello ».
Finisce così la giornata di Preziosi. Felicità ma anche qualche rancore mai placato. Una giornata strana, quella di un presidente “blindato”, che ha visto la sua squadra promossa prima dalla tv di una camera d’albergo, poi sbirciando il campo dal tunnel degli spogliatoi. Forse è normale che, finito il batticuore, cerchi il prato e l’abbraccio di Marassi.

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LA REPUBBLICA - IL LAVORO
Liberazione e ironia, la strana festa "Vincere due anni e restare in B"
di:MASSIMO CALANDRI
Del: 19-06-2006
Nell´inedita cornice dei caruggi il rito del popolo rossoblù Il primo a attraversare piazza De Ferrari un bambino con la maglia di Milito L´amore per i colori è più forte di tutto, ma i tifosi non dimenticano le amarezze

QUANDO la festa in piazza De Ferrari è al culmine, e i ragazzi balzano come canguri, urlando che «chi non salta è un blucerchiato», quando è un concerto di trombe, clacson, fischietti, e i fumogeni tingono il cielo blu di rosso. Quando sono le 19.30 in punto, il signor Armando Repetto - che a settant´anni ha ben visto il Grifone riempirsi di rughe per i troppi accidenti - si fa un po´ in disparte. Si allontana di qualche metro dalla bolgia, aggrotta la fronte e mugugna: «Belin, ma sono due anni che vinciamo il campionato e ci ritroviamo al punto di prima. Ancora in serie B. Ma com´è ‘sta storia?».
E´ stata la celebrazione che tutti si aspettavano: in migliaia in piazza De Ferrari e poi a Soziglia, nel Centro storico, a ringraziare il vecchio Grifone e a brindare, ad abbracciarsi tutti insieme, giovani e vecchi, a sfogare la rabbia di un anno tutto da dimenticare e a riacquistare la voglia di sfidare i cosiddetti "cugini". Ma in bocca sembra rimanere ancora qualcosa di amaro, che non se ne va. Sono troppo fresche, le ferite. E´ passato giusto un anno, dall´"altra" promozione. Era il 17 giugno del 2005. Ed erano in cinquantamila in piazza della Vittoria a festeggiare la serie A. I giornali scrivevano di una "presunta" combine. Il procuratore Francesco Lalla spiegava che il processo penale sarebbe finito a Monza, e chi poteva immaginare che avrebbe trasmesso le carte alla giustizia sportiva? Guidolin attendeva perplesso la definizione della campagna acquisti. I pessimisti scommettevano che si sarebbe partiti insieme a Milan, Juventus e Inter, ma con 6 punti di penalizzazione. Un anno fa, sembra un secolo. Un secolo vissuto tra mille sofferenze, compresa la sconfitta casalinga col Monza di ieri pomeriggio. Sarà forse per questo, perché molte delle energie se ne sono andate in questi mesi di maledizioni, che la gioia rossoblù appariva diversa.
E però alla fine vince sempre il vecchio cuore, la consapevolezza di essere destinati ad andare anche all´inferno, per amore di quei colori. E la festa va, come il Genoa.
Il primo ad attraversare la piazza con una bandiera e la maglia numero 9 di Milito è stato un bimbo di 5 anni. Non erano ancora le 18. Una coppia di giovani sposi ha fatto in tempo a scattare rapidamente qualche fotografia, mentre le camionette di carabinieri e polizia si sistemavano tutte intorno. I venditori di sciarpe, t-shirt e stendardi - tutti di origine napoletana: è una sorta di holding del tifo che annusa l´aria, e si sposta nelle città dove c´è qualcosa da celebrare - si sono sistemati in fretta, così come quelli che vendevano bibite e panini. Qualche minuto più tardi De Ferrari era già un formicaio, intrappolando i melomani reduci dal verdiano "Ballo in Maschera", che finiva giusto a quell´ora al Carlo Felice. I passeggeri del pullman degli Amici dell´Opera di Pistoia, e gli Amici della Lirica di Carrara, per non parlare di quelli a bordi degli altri torpedoni - compreso uno proveniente dalla Costa Azzurra - ci hanno messo un po´ a liberarsi dall´abbraccio festoso dei genoani. Guardavano incuriositi uno spettacolo fuori programma. Caroselli di auto, mille bambini sulle spalle dei padri, un´esplosione di bandiere. Tanta felicità e sportivamente nessun risentimento - tranne un paio di cori non proprio gentili dedicati a Franco Carraro - , ed è questa un´altra vittoria per i tifosi rossoblù. Indossavano maglie più o meno scolorite, con nomi - Skurhavy, Aguilera, Moscardi, Carparelli, Bouzaiene, Gemiti, Caccia; da segnalare anche un´altra scritta, "meglio indagato che blucerchiato" - che meglio non potrebbero rappresentare la parabola grifonesca degli ultimi anni.
Poi tutti nel Centro storico, direzione Soziglia: dove una pescheria ed un negozio di frutta e verdura avevano organizzato una distribuzione gratuita di muscoli, insalata di riso, torte di verdure, focaccia, vino bianco e rosso. Da buoni genovesi hanno tutti cercato di essere presenti, creando un divertente assembramento nei caruggi. E quindi giù fino al Porto Antico, oppure di ritorno a De Ferrari per esultare ancora. Salvatore Presenti, il questore, in serata tracciava un bilancio positivo: «I tifosi si sono comportati benissimo: allo stadio, evitando di invadere il campo, e poi in città. Complimenti al Genoa, se li merita proprio». Colpi di clacson e bandiere agitate fino alla mezzanotte. Il Genoa ha vinto, è ancora promosso. Lasciate godere i suoi tifosi. E non regalate loro brutte sorprese, mai più.

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LA REPUBBLICA - IL LAVORO
Baldini, capitano tra felicità e rabbia "Volevo smettere, Tedesco mi aveva tradito"
di:RAFFAELLA GRIGGI LORENZO MANGI
Del: 19-06-2006
Lo sfogo in uno spogliatoio ebbro di gioia. Vavassori: "Questa società può avere un grande futuro". Poi il grande abbraccio a cena in corso Italia le magliette Alla fine tutti indossano t-shirt con una barra sulla C l´amarezza Dopo quello schiaffo a Pegli ero scappato a casa mia a Massa e non volevo tornare il sogno Se il Grifone fosse ripescato in A, allora la nostra sarebbe una promozione storica il tecnico Dovrei continuare a allenare qui. La categoria la fanno i nostri tifosi

A fine partita nella Nord un idrante impazzito bagna mezzo settore, tutti fradici, ma che importa, ieri era come champagne. Attorno a Vavassori è una tonnara di flash e tv, aspettando sera, quando tutta la squadra ha poi brindato fino a tardi in un ristorante alla Foce. Spintoni a torso nudo fra Coppola (negli spogliatoi dirà che si augura di restare) e Scarpi, appena l´arbitro Damato fischia. Bottigliate (di plastica) in testa a Baldini. Ma la bottiglia è vuota perché era stata svuotata prima in faccia a Lamacchi. Tutti indossano una maglietta con una barra sulla «C», insomma uno spogliatoio vero. «Abbiamo fatto quadrato al momento giusto», è il coro della squadra. E uno dei meriti di questa promozione è di Vavassori, come ha più volte ripetuto Preziosi, raggiante ma visibilmente provato a fine gara. «Sapevo che le difficoltà sarebbero state enormi, la partita di oggi racchiude un po´ tutto il campionato», assapora il successo l´allenatore rossoblù. Un pensiero va anche a Perotti: «Né io né lui abbiamo mai avuto 11 giocatori sani, ecco, questo mi spiace, lo avete tenuto poco in considerazione». E così ripercorre la stagione, passando in rassegna le varie fasi: da disastro, ad armata Brancaleone e ancora, corazzata Potemkin. Da oggi parte il futuro: «Dovrei continuare ad allenare il Genoa. Per me è stato un onore, è una squadra con un passato e un presente glorioso. La categoria lo fa anche il suo seguito». Poi una battuta, sull´estenuante lotteria dei play off: «Vediamo se ora riescono a farci fare ancora un torneo, siamo gli unici che fino a oggi abbiamo giocato, oltre alle nazionali ai Mondiali». C´è solo uno sfogo, in questa sarabanda di gioia, bandiere, e cori. E arriva da capitan Baldini. «Sono orgoglioso di indossare la maglia "numero sei" del Genoa e posso andare in giro per la strada a testa alta. Non so se qualcuno lontano può fare altrettanto». Il giocatore non può dimenticare nel giorno della gioia più bella. «Ho passato due mesi di grande sofferenza. Dopo lo schiaffo al Pio, pensavo di mollare. Sono andato a casa, a Massa. Devo ringraziare la squadra, Fabiani, Donatelli che mi sono venuti a prendere. Mi era successo qualcosa di simile a Napoli ed allora mi ero ripromesso che, in un caso analogo, sarei andato via. Meno male che mi hanno fatto cambiare idea».
Non era stato, però, lo schiaffo a fargli più male. «I tifosi mi avevano accusato di aver mandato via Giovanni Tedesco, ma non è vero. Avevamo solo avuto una banale discussione tre giorni prima della sua partenza. Non so se sia stato Giovanni o qualcuno vicino a lui ad aver messo in giro queste voci per giustificare la sua scelta. Posso solo dire che la fascia di capitano a Tedesco l´aveva data gente che era venuta al Genoa in C1, e Giovanni era una persona importante. Era venuto a casa mia, aveva mangiato nei miei piatti, eravamo andati a pesca insieme». Quell´episodio è stata una svolta in negativo nella stagione del capitano: «Stavo andando benissimo, poi ho fatto fatica come tutti. Eravamo in calo atletico, mancavano persone importanti dentro lo spogliatoio, come Lamacchi, Stellini e Zaniolo. Fortunatamente sono tornati, anche Scarpi ha dato una grossa mano, e le cose si sono aggiustate. Futuro? Ora non riesco a pensarci. Spero soprattutto che il Genoa sia ripescato. Allora la nostra promozione diventerebbe un´impresa storica». Già lo è.
19/06/2006 10:14
 
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LA REPUBBLICA - IL LAVORO
E Ciccio Grabbi ora ci ripensa "Non appendo le scarpe al chiodo"
di:
Del: 19-06-2006
Grabbi ci ripensa. Potenza della gioia per una promozione così sofferta. «Un´emozione unica e una gioia immensa». Sono le sue parole al termine della partita, che lo ha visto entrare nel finale, proprio come era avvenuto due settimane fa, quando aveva propiziato il gol decisivo di Lopez contro la Salernitana.
«Meglio di così non poteva andare». Grabbi aveva dichiarato qualche giorno fa di volersi ritirare dopo la promozione, per via dei troppi infortuni subiti, ma adesso ci ha ripensato. «Adesso parlo col presidente. Continuerò perché ho avuto attestati di stima da Preziosi, dai tifosi e dai compagni, vado avanti».
19/06/2006 10:25
 
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Il Genoa fugge dall’inferno e torna in serie B - di Francesco Rizzo -


Francesco Rizzo

Perdere e festeggiare nello stesso pomeriggio. Continuare così, farsi un po' del male, fino all'ultimo sorso di sale e acqua. Ci vuole una vocazione speciale. Ci vuole il Genoa. Il Grifone torna in serie B, assicurandosi la finale in due partite del girone A di C1 contro il Monza, ultima appendice della stagione italiana dei club. Ieri, al Ferraris, i rossoblù sono stati sconfitti 1-0 (gol di Egbedi, 15' st) ma lo 0-2 ottenuto all'andata al Brianteo ha assicurato la promozione alla squadra del presidente Enrico Preziosi, ulteriormente garantita dal miglior piazzamento in classifica nella stagione regolare. Trionfo per trentamila tifosi, giunti pure dall'estero. Gli stessi che, più o meno trecentosettanta giorni fa, avevano celebrato la promozione in serie A.
Quel successo tanto atteso, però, venne annullato dalla condanna per illecito sportivo, legato al match finale con il Venezia, con conseguente estate di battaglie giudiziarie e successiva retrocessione in C1, inasprita da 3 punti di penalizzazione. La condanna a un anno da incubo, insomma, esorcizzato ieri. Con un organico di lusso per la categoria - Grabbi, Baldini, Marco Rossi, in corso d'opera Iliev - il Genoa è parso a lungo candidato alla promozione diretta. Solo che le cose semplici, qui, non sono di casa. A Ravenna, il 4 settembre scorso, i liguri vincono 3-1 ma schierano il ventenne Antonio Ghomsi, su cui pesa una squalifica della stagione precedente. Ben sette mesi dopo il Genoa si vede togliere i 3 punti e sorpassare dallo Spezia, che poco dopo sale in B direttamente.
Al Grifone restano i playoff. Intanto la guida tecnica di Giovanni Vavassori è interrotta da un breve interregno di Attilio Perotti, la squadra perde colpi, attesa fuori dallo stadio dai tifosi. Dal mercato invernale sbocciano più problemi che soluzioni. Poi la semifinale rovente con la Salernitana, rimediata a Marassi, l'epilogo con il Monza. E la festa. Non per tutti.
«Non ho voglia di sorridere, ho tanta rabbia. Ora attendiamo i processi al Genoa, quelli che non ci hanno ancora fatto, quello normale e quello sportivo», ha detto ieri Preziosi, riferendosi all'appello di fronte alla Caf e all'indagine della Procura di Genova sulla sentenza del presidente Martellino che, secondo i legali del Genoa, fu scritta già prima del processo. «E' stato un anno infernale», continua il numero uno rossoblù, che ieri ha aspettato il verdetto del campo contando le piastrelle degli spogliatoi. «Punti tolti e ridati e poi ancora tolti all'ultimo momento, tre partite giocate in una settimana per recuperare, a causa dei problemi di capienza degli stadi che dovevano ospitarci.
Bastava poco per crollare».
Ma adesso si guarda al futuro, a un mercato con interventi importanti. «Abbiamo uomini ai Mondiali anche se credo che quest'anno si potranno trovare molte occasioni qui in Italia, visti gli sconvolgimenti che dovrebbe portare la giustizia sportiva». In panca ancora Vavassori («fondamentale, bravissimo a ricompattare la squadra che sembrava allo sfacelo»). Il nuovo bersaglio è la A. Che qualcuno spera di ottenere per ripescaggio. E che manca dal 1995.
19/06/2006 12:47
 
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Le magie dei vicoli a incorniciare la festa

Un fiume di gente, soprattutto nei vicoli. Anche se le ferite della scorsa estate hanno lasciato cicatrici profonde, in tanti hanno voluto festeggiare la promozione in serie B. Prima allo stadio e poi a De Ferrari, all'Expo e nei vicoli, con i Macelli di Soziglia presi letteralmente d'assalto. Un allegro serpentone rossoblu', che per ore ha fasciato buona parte della città.
19/06/2006 12:47
 
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In casa Genoa una bella serata in amicizia

Dirigenza, squadra e collaboratori della società, si sono ritrovati per cena in una bella villa di Corso Italia, per festeggiare il ritorno in serie B. Gli ultimi raggi di sole, sulla terrazza dove era stato organizzato il rinfresco, hanno dato il la ai brindisi di rito allargati ai famigliari. Prima di mezzanotte i ranghi si sono sciolti e la festa, solo per i piu' refrattari al sonno, è continuata altrove.
19/06/2006 12:48
 
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Giornata speciale per un grande tifoso

Nonostante tutto, il calcio regala ancora delle favole. Come l'amicizia nata tra Nicola Caccia, quasi al passo d'addio e da oggi a Coverciano per il corso-allenatori. E un adolscente genoanissimo, Antonio, raccattapalle per un giorno nella finale con il Monza. Una conoscenza avvenuta mesi fa, in una cameretta dell'Istituto Gaslini. Un incontro coltivato in seguito, dietro una promessa da mantenere. Detto, fatto. Antonio ha potuto vivere la festa, vicino a Nicola, vicino al suo Genoa.
19/06/2006 12:48
 
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Come nel 1970/71 un centro al primo colpo

Non c'è feeling tra la serie C e il Grifone. Una convivenza difficile per questioni evidenti, anche se la riscoperta di uno sport piu' a dimensione d'uomo, di valori condivisi in qualche città alla periferia del 'grande calcio', resterà nel patrimonio dei ricordi piu' belli con cui sigillare l'annata. Come nel 1970/'71, quando il Genoa di Sandokan Silvestri fece centro al primo colpo, così è andata questa seconda volta.

19/06/2006 12:52
 
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Il Vecchio Grifo artiglia la decima promozione

Festa doveva essere e festa è stata. La Genova rossoblu' ha salutato, forse con una goia contenuta, ma per questo non meno profonda, la decima promozione nella storia del Vecchio Balordo. Una stagione iniziata tra mille difficoltà, conclusasi con il raggiugimento di un obiettivo così ricco di significati. Negli annali della società, resterà anche il record di gare consecutive senza sconfitte (36).
19/06/2006 19:39
 
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