C' è un evidente problema casa nel PDL (Berlusconi e la villa di Arcore)

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binariomorto
00giovedì 12 agosto 2010 00:22
Case e rogiti, dopo Montecarlo, Arcore.
Il finiano Briguglio contro Berlusconi:
“Chiarisca in parlamento”


Non si placa ma si infiamma ancor di più la polemica dentro il Popolo della Libertà tra finiani e berluscones doc. Dopo l’appartamento di Montecarlo ereditato da Alleanza Nazionale e acquistato in circostanze quanto meno discutibili da Giancarlo Tulliani, “cognato” di Gianfranco Fini, nella bagarre politica finisce ora un’altra casa, la villa berlusconiana di Arcore.

L’escalation di accuse reciproche è inarrestabile, soprattutto dopo le parole del leader della Lega Umberto Bossi, “Siamo nella palude, l’unica possibilità è votare”.

Ora le critiche investono direttamente il presidente del Consiglio: “Silvio Berlusconi, incalza Carmelo Briguglio, deputato di Futuro e Libertà per l’Italia, ha il dovere di dire agli italiani come acquistò la Villa di Arcore dove viveva insieme all’eroe Vittorio Mangano, come riuscì ad assicurarsi per soli 500 milioni di lire questo immobile di 3.500 metri quadri con terreni di circa un milione di metri quadri grazie al ruolo di Cesare Previti prima avvocato della venditrice e subito suo legale e uomo di fiducia”.

Incalza Briguglio: “Fini ha dato risposte precise ed esaurienti sulla casa ereditata da An a Montecarlo. Attendiamo ora che altrettanto faccia il presidente del Consiglio. E dica anche se lui, la sua famiglia, il suo gruppo imprenditoriale fanno ricorso a società offshore con sede in paradisi fiscali e dia tutti i dettagli sugli intrecci fin dall’inizio della sua attività imprenditoriale con finanziarie svizzere. Aspettiamo sue dettagliate ed esaurienti risposte”. “Al punto in cui siamo”, conclude Briguglio, “il primo a dimostrare il massimo della trasparenza deve essere il capo del Governo”.

In realtà, la pensano come Briguglio solo i seguaci di Fini e quelli che in nome dell’opposizione estrema e strenua a Berlusconi non vanno troppo per il sottile nel definire il bene e il male e non considerano la differenza tra violazione della legge civile e penale da una parte e violazione delle norme dell’etica dall’altra. Fini ha dato spiegazioni parziali, che se le avesse date un qualunque mortale a a un qualunque Pm avrebbe giustificato l’arresto immediato, quanto meno per reticenza.

Ma come il bene e il male non sono mai da una parte sola, così la ragione e il torto, il pulito e lo sporco non risiedono e non si annidano in una sola casa. Questo spiega perché a Briguglio risponda, ma solo indirettamente, il portavoce del Pdl Daniele Capezzone: “La stragrande maggioranza degli italiani, spiega, è stufa delle provocazioni degli esponenti finiani, e ancor più della prospettiva di giochi e manovre di palazzo. A questo punto, aggiunge, delle due l’una: o a settembre c’è davvero chiarezza sui punti fondamentali, oppure va restituita la parola agli elettori, subito e senza pasticci”.

Ma Capezzone fa peggio di Fini, perché Fini risponde in modo assai poco credibile, buttandola in fallo laterale, mentre Capezzone cambia proprio discorso e alla domanda “dove vai?” risponde “porto pesci”.

La storia di Villa San Martino. Proprio con la data del 9 agosto il sito del settimanale l’Espresso ripercorre la vicenda della villa di Arcore, con il titolo : “A proposito di case: e questa?”. C’è da chiedersi se Briguglio abbia avuto tempo di documentarsi leggendo l’articolo.

La vicenda venne raccontata per la prima volta sulle pagine dello stesso giornale una decina d’anni fa. Si tratta di una storia intricata, i cui ingredienti sono sesso, omicidi, suicidi, inganni, mafiosi. Tutto inizia nel 1970: il 30 agosto di quell’anno, quasi quarant’anni fa, in un appartamento a Roma, nell’elegante quartiere dei Parioli, il marchese Camillo Casati Stampa uccide la moglie, Anna Fallarino, e il suo ultimo amante, lo studente universitario Massimo Minorenti. Era stato lui stesso a spingere la consorte tra le braccia del giovane, uno dei tantissimi con cui amava guardarla avere rapporti sessuali e anche filmarla. Ma di Minorenti lei si era innamorata. Per questo meritava la morte.

Con la morte dei coniugi Casati Stampa, la figlia Annamaria eredita Villa San Martino, dimora di famiglia. Ha però solo 19 anni, in un’epoca in cui la maggiore età si raggiunge a 21. Le viene così affidato un tutore, l’anziano avvocato e amico di famiglia Giorgio Bergamasco. Insieme con lui, come protutore viene scelto un legale calabrese di appena trentasei anni: Cesare Previti, che poco dopo subentra allo stesso Bergamasco, non appena questi diventa ministro di uno dei tanti governi Andreotti.

Nel frattempo Previti aveva iniziato a lavorare come avvocato anche di Silvio Berlusconi, all’epoca giovane imprenditore edile che aveva già edificato a Brugherio (il quartiere Edilnord) e stava lavorando sul progetto Milano 2 a Segrate: cioè vicinissimo ad Arcore, dove sorgeva, appunto, l’antica residenza della famiglia Casati.

Ecco allora che il giovane legale consiglia al suo cliente di acquistare dalla marchesina, trasferitasi in Brasile, la villa settecentesca. Per quei 3.500 metri quadri di casa, circondate da un parco immenso, scuderie e una biblioteca di oltre 10 mila volumi di cui un terzo antichi, venne pattuita la cifra di 500 milioni di lire dell’epoca. E non in contanti, bensì in titoli azionari, e neppure di società quotate in Borsa e con pagamento dilazionato.

Un rogito “particolare”. Correva allora l’anno 1974. Oggi quei cinquecento milioni di lire equivarrebbero ad una cifra che oscilla tra i due milioni e 200mila euro e due milioni e settecentomila euro. In ogni caso, molto meno di un quarto del valore reale della proprietà, che all’epoca si aggirava comunque sui due miliardi di lire, tanto che all’inizio degli anni ottanta la proprietà fu valutata garanzia sufficiente ad erogare un prestito di 7,3 miliardi di lire.

La motivazione ufficiale di quel prezzo di vendita fu che per la marchesina quella casa conservava solo brutti ricordi. Fatto sta che in quel 1974, nella biblioteca un tempo frequentata da Benedetto Croce, fanno il loro ingresso Marcello Dell’Utri, incaricato di alcuni restauri, e dopo di lui Vittorio Mangano, stalliere delle blasonate scuderie.

Una sentenza del Tribunale di Roma, nel 2000, ha assolto Giovanni Ruggeri e Mario Guarino, autori del libro “Gli affari del presidente”, che raccontava la storia della transazione. Ma evidentemente i fantasmi del passato continuano a tornare.

Fonte: blitzquotidiano
binariomorto
00martedì 17 agosto 2010 21:43
Berlusconi, Previti, Mangano e la villa di Arcore,
la contessa racconta:
“Così il premier ha raggirato mia cognata”


Si chiama Beatrice Rangoni Machiavelli e racconta all’Unità la sua versione della storia del passaggio della villa di Arcore e dei terreni su cui è stata costruita Milano 2. Un racconto, secondo lei, fatto di truffe, doppi giochi e minacce in cui, alla fine, la villa e i terreni della famiglia Casati Stampa di Soncino finiscono al giovane e rampante imprenditore milanese Silvio Berlusconi. La Rangoni Machiavelli è la cognata di Annamaria Casati Stampa, la giovane che eredita il patrimonio dopo la tragica morte di suo padre e che, ancora minorenne, perde la villa di Arcore per 500 milioni di lire. Ma a far gridare alla truffa la donna non è tanto il prezzo quanto il modo in cui è avvenuta la transazione.

Un racconto, quello della donna, in cui non mancano le accuse: la più diretta è quella al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, accusato di essere autore di “un doppio raggiro”. Poi c’è l’avvocato Cesare Previti che, divenuto curatore degli interessi della giovane, secondo la Mangoni Machiavelli ha finito per fare solo quelli di Berlusconi. Nell’intervista compare anche Vittorio Mangano lo stalliere condannato per mafia definito “eroe” da Marcello Dell’Utri. Mangano si sarebbe presentato con il fucile spianato al fratello delle Rangoni Machiavelli andato ad Arcore per sistemare una questione relativa alla proprietà di alcuni quadri.

La storia inizia nel 1970, con un tragico omicidio suicidio. Ricorda la Rangoni Machiavelli: “Annamaria arriva a Fiumicino da un viaggio con alcuni amici. Chiama il padre, il marchese Camillo che dopo la morte della mamma di Annamaria si era sposato con Anna Fallarino, per farsi venire a prendere. Camillo la rassicura ma le dice restare ancora qualche giorno con gli amici. Il marchese in realtà, depresso e in pessimi rapporti con la signora Fallarino, aveva già pianificato di suicidarsi. Solo che nelle stesse ore in quella casa arrivano la moglie e il suo amante Massimo Minorenti, lo ricattano, gli chiedono un miliardo di lire per ritirare alcune foto compromettenti già consegnate ai giornali. Lui perde la testa, ammazza e si ammazza. Fu Annamaria a dover riconoscere i corpi sfigurati del padre e della matrigna. Del caso parlò tutta Italia, per mesi. Potete immaginare lo choc di quella ragazza”.

Resta il fatto che la giovane rimane orfana e titolare di un patrimonio enorme e, come accade in questi casi, immediatamente conteso. In ballo, scrive l’autrice dell’intervista, Claudia Fusani, entra subito l’avvocato Cesare Previti, che, spiega la Rangoni Machiavelli “ha una relazione con la sorella di Anna Fallarino. La prima cosa che fa è cercare di dimostrare che la famiglia Fallarino è l’unica erede del patrimonio Casati Stampa perchè la donna è morta dopo il marito. L’autopsia gli dà torto: la giovane e minorenne Annamaria è l’unica erede. Il padre, Camillo, è morto due minuti e trenta secondi dopo”.

Previti, però, prosegue la nobile, diventa comunque il curatore dei beni di Annamaria insieme ad un altro avvocato, Giorgio Bergamasco. “Qui – denuncia la Rangoni Machiavelli – comincia il raggiro. La ragazza non ha soldi, non ha potere di firma e ogni decisione è delegata a Bergamasco-Previti. Fatto sta che un giorno, siamo nel 1973, Previti dice ad Annamaria: “Ma come sei fortunata, c’è un certo Berlusconi che vuole comprare, 500 milioni…”. Annamaria replica che è un po’ poco, e Previti la rassicura: “Mavalà, in fondo gli diamo solo la villa nuda, la cappella e un po’ di giardino intorno…”. Previti lascia intendere che arredi, pinacoteche, biblioteche, il parco, tutto sarebbe rimasto a lei mentre invece stava vendendo tutto”.

Poco dopo la ragazza, appena maggiorenne se ne va in Brasile e si sposa, con l’intenzione di iniziare una vita nuova. La cognata, però, non molla ed è decisa a tutto per avere la revoca dell’incarico di curatore dei beni a Previti. Dopo la partenza di Annamaria, racconta, “il curatore ha campo libero. Io me ne accorgo solo nel 1980, dopo che è stata completata la vendita di villa San Martino. Avverto Previti che avrei raccontato tutto a Anna Maria. Lui mi risponde, ancora lo ricordo, che mai sarei riuscita a portare un pezzo di carta ad Annamaria in Brasile con delle prove. Invece ce l’ ho fatta: avevo nascosto il dossier con la documentazione in un biliardino. Ricordo anche che a Fiumicino ci perquisirono con molta accuratezza. Per andare in Brasile, strano no…”.

Alla fine la Rangoni Machiavelli ottiene le procure ma la sua battaglia è tutt’altro che finita. Ed entra in scena anche lo stalliere ‘eroe’ Mangano: “Abbiamo provato negli anni a riprendere almeno qualche quadro, un Annigoni, ad esempio. Mio fratello andò di persona ad Arcore, fu la volta che si trovò davanti Mangano con tanto di fucile. Berlusconi ci chiese quanto volevamo per venderlo a lui. Ma noi non volevamo venderlo. Non ce l’ha mai reso. Così come le 14 stazioni della via Crucis di Bernardino Luini, nella cappella di famiglia”.

Alla fine la donna sbotta racconta di Annamaria, disinteressata alla storia del patrimonio di famiglia e sbotta: ”Non ne vuole sapere più nulla e nesuno ha mai pensato che potesse essere risarcita. Io però continuo da allora la mia battaglia a tutti i livelli perchè credo sia giusto che si conosca la qualità delle persone che ci governano. Sotto il profilo penale, purtroppo, non è mai stato possibile fare nulla”.

La villa di Berlusconi ad Arcore


Fonte: blitzquotidiano
binariomorto
00domenica 29 agosto 2010 00:32
Il marchese voyeur, il sesso, la moglie e l’amante.
Il delitto Casati 30 anni dopo:
sullo sfondo la villa di Arcore, reggia di Berlusconi


Da voyeur a killer, il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino si punta il fucile contro e si ammazza, dopo aver sparato alla moglieAnna Fallarino e all’ultimo amante, Massimo Minorenti. È il 30 agosto del 1970, quell’omicidio-suicidio scuote la Roma bene, che scopre l’esistenza di un salotto a luci rosse, nella roccaforte del perbenismo borghese, in via Puccini, nel cuore dei Parioli.

Lo scandalo mette in fibrillazione mezza Italia, che si appassiona alla vicenda, tragicamente boccaccesca, del marchese e sbircia avidamente le foto osé della moglie che hanno trovato, prime di una lunga serie, modo di arrivare su qualche rotocalco.

Infatti, in quello stesso periodo l’Italia sta facendo il grande salto, dal paese in cui la tv di Stato imponeva le mutande lunghe alle ballerine per coprirne le gambe, al paese in cui la libertà di stampa veniva interpretata secondo la Corte suprema americana, quando assolse Larry Flynt dall’accusa di pornografia. In Italia, vent’anni prima avevano sequestrato l’Espresso per una schiena nuda di Kim Novak e Epoca per delle foto in cui Marylin Monroe mostrava un po’ di pelle, ma niente capezzoli né organi, e addirittura uno spettacolo teatrale, l’Arialda del cattolico Giovanni Testori, regista Luchino Visconti. Sull’onda degli effetti positivi del ’68, pezzi di medioevo saltavano e riviste come Playboy non erano più fuorilegge, altre ne nascevano, come Excelsior e Playman e altre ancora, come Abc e le Ore scivolavano decisamente nel porno soft vestito di cronaca nera.
La storia è greve di suo. Al centro ci sono le deviazioni sessuali di un uomo nel pieno degli anni, il marchese ne ha 43, che si eccita guardando la sua donna, Anna Fallarino, che ne ha 41,mentre si concede ad altri.

Ma gli altri non sono, come in una banale storia di triangolo, uomini che la signora ha sedotto di suo. Sono degli stalloni prezzolati, dei gigolò che Casati sceglie e paga lui, uomini di bella presenza disposti a farsi fotografare e filmare mentre sono impegnati nell’atto sublime consumato con la signora marchesa e possibilmente in pose hard. Poi Casati, come Frank Finaly in “La chiave” di Tinto Brass o il protagonista del romanzo di Yunikiro Tanizaki cui Brass si ispirò, ne scrive i resoconti sul suo diario.
«Oggi Anna mi ha fatto impazzire di piacere. Ha fatto l’amore con un soldatino in modo così efficace che da lontano anche io ho partecipato alla sua gioia. Mi è costato trentamila lire, ma ne valeva la pena», racconta. E poi ancora si rivolge direttamente alla sua Anna: «Mi piace quando sei a letto con un altro, sento di amarti ancora di più».

ll treno deraglia quando nel gioco entra lo studente universitario Massimo Minorenti, un bellissimo ragazzi di 25 anni: l’intrigo si sposta dal letto al cuore di Anna, che comincia a frequentare con coinvolgimento sentimentale l’ultimo stallone della serie. Casati va su tutte le furie, perde la testa, accecato di gelosia, annega nel sangue quei giochi pruriginosi che avevano superato il limite.
Tutto parte da una telefonata. Camillo non è a casa, chiama la moglie, che invece sa essere a casa, ma al telefono risponde Minorenti. Il marchese capisce subito che qualcosa non va. Cosa ci fa Massimo nel suo salotto, se di salotto si tratta, in sua assenza? Casati capisce subito che il gioco gli è sfuggito di mano cerca di mantenere la calma, fa ancora una volta il numero e risponde la sua Anna. La riempie di insulti, poi le sbatte la cornetta in faccia e si precipita a casa. Ordina ai domestici di non disturbare per alcun motivo e spara con un Browning calibro 12 alla moglie e all’amante. Poi decide di farla finita anche lui.

L’agente Domenico Scali è tra i primi a entrare nel salotto dove i gusti sessuali segreti del marchese si sono trasformati in odio omicida. In un’intervista all’Europeo racconterà: «Il primo corpo che vidi fu quello di Anna Fallarino. Mi sembrò ancora viva. Era seduta sul divano, ma con le gambe incrociate sopra uno sgabello. Aveva le mani in grembo e il volto sereno. La nota stonata era una macchia scura di sangue sulla camicetta. Vicino a lei, accanto al divano, c’era il giovane Minorenti. Giaceva mezzo raggomitolato per terra, con indosso una maglietta leggera e dei pantaloni, seminascosto da un tavolino con cui aveva tentato a quanto pare un’estrema difesa… Avanzai e vidi anche il terzo corpo, quello del marchese. Non era un bello spettacolo, con la testa mezza sfigurata dal colpo di fucile. L’arma, un Browning calibro 12, giaceva abbandonata su una poltrona. Doveva aver usato quella poltrona per puntarsi il fucile sotto il mento».

Delitto passato, però, resta l’eredità, compresa Villa San Martino ad Arcore, entrata nell’Ottocento nel patrimonio dei Casati. Il patrimonio va alla figlia di primo letto, la marchesina Anna Maria. Cesare Previti, si proprio lui, dalla preistoria legale di Berlusconi, diventa anche tutore della ragazza fino a che non compirà 21 anni. Anna Maria incarica Previti di vendere la villa San Martino. A questo punto spunta il nome di Silvio Berlusconi, allora giovane e rampante imprenditore milanese in rapida ascesa, che, nel 1974, acquista la villa per cinquecento milioni di lire.

Ci sono state polemiche, un libro carico di veleni i cui autori sono stati però assolti, una recente riesumazione e un rincaro di accuse. Intanto la villa è diventata la Versailles italiana e da lì Berlusconi imperversa imperterrito, senza mostrare l’intenzione di applicare alla quasi ex moglie Miriam Bartolini, in arte Veronica Lario né tampoco a se stesso, l’esempio del marchese Casati.

Fonte: blitzquotidiano
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