L'Italia aveva tre stracci di colonie.Stracci perchè terre poverissime.

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snaplinx
00giovedì 3 maggio 2007 18:03
L'Italia aveva tre stracci di colonie.Stracci perchè terre poverissime.

Erano Eritrea,Somalia e Etiopia nell'Africa Orientale.
La Libia che ebbe altra storia come ben si sa.
Che succede ora.
Abbiamo l'Esercito Italiano sparso in ogni dove nel mondo,perfino negli sperduti Afganistan e Darfur,e delle nostre colonie dove da anni è endemica la guerra tra Eritrea e Etiopia e la guerra civile in Somalia nessuno dei nostri governanti sia di destra che di sinistra parla mai.
Pensano al Libano(ex colonia francese),all'Irak,all'Afganistan,al Sudan(ex colonie britanniche) e se ne fregano delle colonie italiane dove italiani e discendenti di italiani tuttora vivono.
Tralascio volutamente di parlare delle truppe nell'ex jugoslavia.
Così va l'Italia suddita dell'impero americano.
linx
dudok76
00giovedì 3 maggio 2007 18:09
beh il darfur è un modo di mangiare molto veloce, o no? [SM=g27833]

almeno così mi han detto.
snaplinx
00giovedì 3 maggio 2007 18:40
Somalia, Sudan e altri casini petroliferi africani.



Non ci sono mica solo Iraq e Afghanistan nel bel mezzo di guerre. C'è anche il Corno d'Africa, molto meno pubblicizzato. Noi da qui commettiamo l'errore di ritenere che si tratti di interminabili questioni tribali, condite con le solite incomprensibili faccende islamiche il cui risultato è gente che si ammazza per motivi che proprio non ci riguardano.

E invece, come sempre, dove c'è guerra c'è petrolio (o viceversa?). Slate pubblica alcuni estratti di un nuovo libro, Untapped: The Scramble for Africa's Oil, in cui si sottolinea come gli USA oggi importino più petrolio dall'Africa che dal Medio Oriente, e si ripercorrono le vie del petrolio all'interno del continente nero. In Somalia, ad esempio, Conoco e Chevron stanno per procedere con esplorazioni che si prevedono molto promettenti; mentre in Sudan, dopo alcune esplorazioni Chevron, si sono fatti avanti i cinesi e in seguito compagnie di ogni sorta, come la Gulf, la Total, la Petronas.

Nel film Blood Diamond c'è una scena significativa. I protagonisti arrivano in un villaggio della Sierra Leone appena devastato dai combattimenti. Tutto brucia, ci sono cadaveri ovunque, e un vecchietto è l'unico sopravvissuto. Li accoglie con un ironico commento: "Tutto questo succede per i diamanti. Ma tutto sommato siamo fortunati: pensate se trovavano il petrolio!"

petrolio.blogosfere.it/2007/04/somalia-sudan-e-altri-casini-petroliferi-afric...
snaplinx
00giovedì 3 maggio 2007 18:41
Nascerà un nuovo equilibrio mondiale?
Globale/Approfondiment
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Inviato da Nico Guzzi
martedì, 09 gennaio 2007 12:47

La Cina si sta dedicando nell'ultimo decennio al rinnovamento e alla modernizzazione del proprio esercito e le risorse incanalate in quest'obbiettivo saranno sempre più crescenti negli anni avvenire. Lo scopo è difensivo o offensivo?

Gli investimenti hanno riguardato e riguardano batterie missilistiche dalle più disparate capacità balistiche, dalle brevi a quelle di lungo raggio; non solo, altre risorse sono state investite in missili nucleari in questi ultimi anni. La galoppante capacità militare si sviluppa per assurgere al ruolo di deterrente contro chiunque voglia indebolire la Cina o c'è qualche obbiettivo in più che con essa ci si aspetta di raggiungere?

Tutte queste trasformazioni vertono principalmente sul rinnovato Secondo Corpo d'Artiglieria cinese che dovrebbe rappresentare il futuro; dovrà essere preparato per guerre locali fortemente informatizzate, condurre i conflitti con velocità, flessibilità, colpi mirati e distruttivi, utilizzo delle tecnologie più avanzate (anche non convenzionali) e con possibilità di integrarsi efficacemente e senza complicazioni con gli altri reparti dell'esercito.

Taiwan in primis e gli Stati Uniti non possono che trovarsi in una situazione di crescente pressione e minaccia, la Cina avrebbe possibilità di colpire e mettere in ginocchio Taiwan colpendo tutte le vie di comunicazioni quali porti, aeroporti, centri di comando con 5 cicli di batterie missilistiche impiegando solo dieci ore (China brief, The Jamestown Foundation). Questi dati permettono di comprendere facilmente il pericolo. Nel frattempo la ricerca e lo sviluppo in ambito nucleare fa in modo di tenere a bada ogni eventuale iniziativa statunitense contro la Cina.

Ma la realtà così descritta potrebbe quasi apparire poco complicata, purtroppo tale non è, l'influenza e gli interessi in gioco toccano tutta l'Asia, il Pacifico, di riflesso anche il Medio Oriente (destinato negli anni secondo molti ad avere un ruolo sempre meno centrale per la ricerca degli equilibri mondiali), con nazioni quali Giappone e soprattutto India fortemente accerchiate da questa situazione di movimenti geopolitici. L'India infatti oscilla tra i corteggiamenti della Cina come degli Usa; certo è che comunque quest'ultimi non potrebbero reggere in alcun modo un asse Cina-India, in quanto entrambe dovrebbero superare economicamente e militarmente gli Stati Uniti nei prossimi quarant'anni.

Se di mezzo non ci fossero armi nucleari a fare da deterrente contro attacchi territoriali sarebbe meglio colpire la Cina ragionevolmente oggi piuttosto che tra qualche anno (secondo un approccio realista).

L'Europa si trova in mezzo, con la sua sfuocata politica estera, accettando magari accomodamenti con gli stati quali Russia e Cina pur di evitare conflitti e tensioni crescenti, stati non propriamente democratici e dediti a pratiche tipiche degli stati autoritari, il primo con metodi certamente più celati.

In tutto questo sistema la Nato ha bisogno di riconfigurarsi per poter avere ancora un ruolo all'interno della geopolitica mondiale.

Uno dei punti altrettanto fondamentali su cui ragionare sono le risorse energetiche di cui hanno bisogno sia la Cina che l'India per accompagnare la loro crescita vertiginosa, perciò la domanda che continua a rimbalzare tra gli studiosi, i giornalisti e gli analisti è: a cosa porterà una competizione talmente selvaggia tra questi nuovi colossi e gli Usa?

L'unica certezza è che l'Africa, trovandosi apparentemente all'esterno delle zone di influenza, ed essendo troppo debole, continuerà ad essere il continente di guerre civili, fame e tragedie quotidiane. Teoricamente.

In realtà la Cina si è mossa anche su questo fronte, intavolando rapporti commerciali sempre più intensi, importando petrolio (il 25% del fabbisogno interno, Angola e Sudan i paesi principali), metalli e anche prodotti agricoli (molte aziende cinesi gestiscono i mercati agricoli) esportando merci, forza lavoro e risorse tecniche. Sarebbero presenti in 49 paesi africani 700 compagnie cinesi. Il giro di affari è notevole.

La imprese occidentali non rischiano di investire in questi paesi martoriati da conflitti interni costanti e da corruzione politica, la Cina soprassede questi problemi in quanto ha bisogno di materie prime e di mercati verso i quali esportare. Un esempio numerico lampante riguarda i commerci tra Pechino e il continente che nel 2003 sono stati di 18,5 miliardi di dollari Usa, oltre il 50% in più rispetto al 2002 (www.asianews.it).

La Cina finanzia in Africa la realizzazione delle infrastrutture, linee di comunicazione ed elettriche, raffinerie petrolifere ecc... Appare chiaro che ciò non si verifica tanto per magnanimità ma per estendere la propria influenza economica e politica.

Nuovi investimenti cinesi per 27 miliardi di dollari, divisi in circa 800 progetti in 46 diversi Paesi, sarebbero pronti (www.bussinessonline.it). Il presidente della Banca mondiale Paul Wolfowitz afferma che Pechino viola ripetutamente le regole del mercato internazionale. Le aziende cinesi vincono infatti gli appalti grazie agli aiuti governativi e allo Stato che si assume tutto il rischio di impresa, facendosi inoltre promotrice e vanto della riduzione del debito dei paesi africani, quest'ultimi perciò le favoriscono a loro volta, anche per la loro dinamicità e capacità di azione in breve tempo.

In molti accusano anche il governo cinese di dare soldi senza badare a chi vanno a finire (così ad esempio essa è stata additata di aver finanziato le forze sudanesi responsabili del genocidio in Darfur, dal Sudan del resto proviene il 60% del petrolio che la Cina preleva da tutta l'Africa).

Dunque non è difficile cogliere che nonostante l'entrata del gigante cinese nelle economie locali la situazione africana di costellazione di stati ex colonizzati ma mai decolonizzati dai capitali stranieri rimane immutata e rimarrà tale plausibilmente per molti anni.

L'Africa non rappresenta che uno dei più tradizionali campi di azione di coloro che detengono o aspirano a detenere il primato del potere politico, economico e militare a livello planetario.

La geopolitica internazionale è in fermento, bisogna capire se si tratta di aggiustamenti più o meno canonici o se c'è possibilità che si arrivi a veri e propri terremoti con la nascita di un nuovo equilibrio mondiale nel quale gli Stati Uniti degraderebbero al ruolo di comprimari, se non addirittura in posizione secondaria.

Attendiamo con impazienza che il mondo “più popolare” dell'informazione abbia il coraggio di affrontare questi temi tutt'altro che secondari rispetto al tanto sbandierato e reclamizzato terrorismo internazionale.

Nico Guzzi
(Ultimo aggiornamento mercoledì, 10 gennaio 2007 18:05 )

www.warnews.it/index.php/content/view/2275/28/
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