Pena di morte

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Fatascalza
00giovedì 20 aprile 2006 11:49
ROMA - Oltre 20.000 prigionieri nel mondo si trovano nei bracci della morte in attesa di essere giustiziati e sono state 2.148, nel 2005, le sentenze capitali eseguite in 22 Paesi. Lo afferma Amnesty International in un rapporto nel quale l' Organizzazione per i diritti umani precisa che il 94% delle esecuzioni ha avuto luogo in Cina, Iran, Arabia Saudita e Usa. Lo scorso anno, specifica Amnesty, sono state emesse 5.186 condanne a morte in 53 Paesi.

Il triste primato, secondo le informazioni in possesso di Amnesty International, spetta alla Cina, dove vi sarebbero state circa 1.770 esecuzioni. Ma il numero effettivo potrebbe essere molto più alto: secondo un esperto legale cinese, sarebbero circa 8.000 i prigionieri messi a morte nel Paese ogni anno. Nel corso del 2005 in Iran sono stati giustiziati almeno 94 prigionieri, in Arabia Saudita almeno 86.

In entrambi i Paesi, i dati reali potrebbero essere più alti. Sono state invece 60 le esecuzioni negli Usa, più di 1.000 dal 1976, anno della reintroduzione della pena capitale. Tuttavia, i dati resi pubblici oggi sono approssimativi a causa del segreto che circonda l' applicazione della pena di morte. Molti governi, come quello cinese, rifiutano di pubblicare statistiche ufficiali sulle esecuzioni; in Paesi come il Vietnam le informazioni su questo argomento sono considerate "segreto di Stato".

"I dati sulla pena di morte sono davvero inquietanti: almeno 20.000 persone stanno contando i giorni che li separano dal momento in cui lo Stato toglierà loro la vita - ha dichiarato Irene Khan, Segretaria generale di Amnesty International - La pena di morte rappresenta l' estrema, irreversibile negazione dei diritti umani, poiché è contraria all' essenza stessa dei valori fondamentali. Spesso è applicata in modo discriminatorio, a seguito di processi iniqui o per ragioni politiche". Nonostante i dati agghiaccianti rilevati nello studio di Amnesty International, la tendenza verso l' abolizione continua a crescere: negli ultimi 20 anni il numero degli Stati che eseguono condanne a morte si è dimezzato e nel 2005 è risultato in calo per il quarto anno consecutivo.

Due esempi recenti sono il Messico e la Liberia dove lo scorso anno la pena capitale è stata abolita per tutti i crimini. In Cina, Paese che da solo totalizza l' 80% delle esecuzioni, si può essere messi a morte per 68 reati, anche per atti che non comportano l' uso della violenza, come la frode fiscale, l' appropriazione indebita e i crimini legati al traffico di droga. Secondo i dati di Amnesty International, l' Iran è l' unico Paese che nel 2005 ha messo a morte minorenni all' epoca del reato, almeno otto, due dei quali avevano meno di 18 anni anche al momento dell' esecuzione.

Gli Usa, in precedenza leader mondiali in questo campo, hanno messo al bando le esecuzioni nei confronti dei minorenni nel marzo 2005. In molti Paesi, come l' Arabia Saudita, prigionieri sono stati prelevati dalle loro celle e uccisi, senza che nessuno li avesse informati della loro condanna a morte. In Bielorussia e in Uzbekistan, le autorità non informano i prigionieri né i loro familiari sulla data di esecuzione. In alcuni paesi, l' uso della pena capitale può essere pericolosamente legato a interessi economici.

In Cina, sono in molti a temere che gli alti profitti derivanti dall' espianto degli organi delle persone messe a morte possano essere un incentivo a mantenerla. Ma, ha concluso Khan, nonostante tutto "il percorso abolizionista è inarrestabile. Nel 1977, solo 16 paesi avevano abolito la pena di morte per tutti i reati. Alla fine del 2005, il loro numero è salito a 86. La campagna di Amnesty International continuerà fino a quando ogni condanna a morte sarà stata commutata e la pena capitale abolita".



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