Provincia di Bergamo, scomparsa la tredicenne Yara, si teme un' Avetrana bis

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binariomorto
00mercoledì 1 dicembre 2010 00:10
Yara, avanti ricerche. La famiglia tace
Al lavoro unità cinofile


BREMBATE SOPRA (BERGAMO) - La strada che porta alla villa dei Gambirasio i non residenti possono percorrerla solo a piedi. Un'automobile della polizia locale sbarra l'accesso: i camper delle televisioni per le dirette satellitari e i mezzi di giornalisti e fotografi devono restare rigorosamente parcheggiati a distanza. Calma e silenzio davanti la casa di Yara, dove il dolore dei genitori e dei fratelli resta chiuso nella più assoluta riservatezza. "Non vogliono che il loro dramma si trasformi nello spettacolo di Avetrana - dicono i vicini di casa - E qui a Brembate non lo vuole a nessuno".

Ad Avetrana l'epilogo doloroso della vicenda di Sarah Scazzi si è svolto a scena aperta. Le telecamere hanno registrato il via vai di parenti e amici nella casa della madre e in quella degli zii. Via tv sono stati diffusi appelli, attaccati manifestini per le strade, sistemati striscioni di affetto per la quindicenne. A Brembate (7800 abitanti, giunta del Carroccio) tutti si sono stretti attorno alla famiglia di Yara (nome di etimologia atzeca che significa primavera), ma in modo silenzioso, quasi timoroso. Un modo di stare vicino nei momenti dolorosi, tipico di questa terra, la Valle Brembana, contadini e lavoratori, muratori, gente al lavoro anche di notte, se serve. Nessuno ha voluto però invadere la tragedia della famiglia. Se si tratta di dare una mano praticamente, allora si muovono in tanti, a partire dal sindaco, Diego Locatelli, che sta prendendo parte direttamente alle ricerche. Anche stamani era infatti al cantiere dove si è concentrata per alcune ore l'attenzione. Con il viso scuro e chiuso non ha voluto parlare con stampa.

Nessuno si aggira nei pressi della abitazione per curiosare o per scattare foto e pochissimi rispondono ai giornalisti o si avvicinano alle postazioni televisive. Men che meno per mettersi in mostra durante i collegamenti con i telegionali. Su tutte le vetrine c'é una bella foto di Yara, ma niente più. La preoccupazione per la sua sorte è nel cuore di tutti. Ma tutto si tiene rigorosamente lontano dal circo mediatico, almeno al momento.

Dietro la recinzione del cantiere qualche curioso segue le operazioni di ricerca. I segugi che fiutano una pista e trascinano gli addestratori. Tombini scoperchiati. Vigili del fuoco che dragano pozze d'acqua. "Ormai la cercano come se fossero sicuri che è morta", mormora un ragazzo. Di Yara, nome atzeco che significa primavera, non ci sono più notizie da 4 giorni. Gli inquirenti portano avanti le indagini a tutto campo. L'ipotesi di una fuga volontaria sembra ormai del tutto esclusa. Lo hanno confermato tutti gli elementi emersi sulla ragazzina, ritenuta tranquilla, senza grilli per la testa e, soprattutto, senza misteri o storie nascoste nelle sue giornate. Resta quindi la possibilità di un rapimento. Oppure l'eventualità che venerdì pomeriggio uscendo dalla palestra Yara avesse appuntamento con qualcuno che conosceva, o che, dopo averlo incontrato per caso lo abbia seguito. Oggi le ricerche si sono concentrate ancora tra i campi di grano e le zone boschive isolate.

In particolare, carabinieri, vigili del fuoco, unità cinofile hanno setacciato il cantiere di un centro commerciale. Si trova a meno di due chilometri in linea d'aria dal palazzetto dello sport, dove Yara è stata vista l'ultima volta. Ma è già nel comune di Mapello e soprattutto proprio sotto un'antenna per i cellulari. Il telefonino di Yara avrebbe agganciato proprio la cella di Mapello prima di essere spento venerdì sera. Al cantiere ha portato anche il fiuto dei dieci cani, tra cui Jocker il supersegugio di razza bloodhound, arrivato dalla Svizzera, e il ritrovamento di una calzamaglia nera. Un indumento che non era di Yara, ma le ricerche non hanno voluto trascurare nulla. "Abbiamo setacciato oggi questa area per non lasciare nulla di intentato - dicono gli inquirenti -, domani faremo lo stesso con altre zone".

All'abilità dei cani nel ritrovare persone nascoste, oggi si é aggiunta anche la tecnologia. I volontari della protezione civile di Alzano Lombardo, hanno perlustrato alcune cascine con un life detector. E' uno speciale macchinario contenuto in una valigetta e dotato di sonde e sensori per captare qualunque vibrazione emessa da un corpo umano o da un oggetto meccanico, sepolto o sotto un cumulo di detriti o macerie. "Siamo gli unici in Italia ad averlo - ha detto il presidente dei volontari di Alzano, Maurizio Lombardi .- Lo abbiamo usato anche per il terremoto all'Aquila". Ma anche questo strumento non ha finora dato risultati. Intanto la famiglia Gambirasio continua a sperare nel ritorno di Yara, restando chiusa nel silenzio. Papà Fulvio oggi ha accompagnato gli altri figli a scuola. Anche molti altri genitori hanno ricominciato a scortare i figli, anche adolescenti, per andare e tornare da scuola, in palestra o a casa di amici. E si sente ovunque paura per quello che potrebbe essere accaduto alla studentessa tredicenne.

CANI DAL 'SUPERFIUTO' PER CERCARLA - Hanno un olfatto quattro volte più sensibile di un cane normale. Sono i Bloodhound, o cani di Sant'Ubaldo, segugi di origine americana in grado di trovare una persona seguendone l'odore nell'aria. Di solito utilizzati per cercare le persone disperse su sentieri di montagna questi cani hanno adesso di fronte a loro un nuovo e più insolito impegno: seguire le tracce di Yara Gambirasio, la ragazzina scomparsa da venerdì sera a Brembate.

Gli animali da ricerca che vengono utilizzati anche a Brembate si chiamano "cani molecolari": ed è infatti una ed una sola molecola di odore quella che, una volta percepita, seguono fino a trovare la persona alla quale l'odore corrisponde. "Di solito viene fatto annusare loro un capo di abbigliamento o un oggetto toccato dalla persona scomparsa, avendo l'accortezza di non contaminarlo con altri odori. E questi animali - spiega Valerio Zani, vicepresidente del Corpo nazionale di soccorso alpino e speleologico - seguono la traccia e sono in grado di riconoscere quello specifico odore anche tra mille altri e pure a distanza di giorni". I segugi, nati come cani da caccia, sono stati inizialmente utilizzati dalla polizia cantonale svizzera.

E' svizzero anche uno dei cani impiegati nella ricerca di Yara, "Jocker". Da alcuni anni il Corpo nazionale di soccorso alpino e speleologico ha cominciato l'addestramento di alcuni di loro, in collaborazione con la polizia cantonale. "Adesso abbiamo otto cani e quattro sono in fase di formazione e addestramento": una 'scuola' spiega Zani, che dura almeno due anni. Questi animali lavorano meglio con temperature fredde, ma non sono adatti per la ricerca di dispersi in valanghe: "Per quei casi - spiega Zani - usiamo altre razze, come i Golden retriver".

Quando un Bloodhound trova la traccia la segue come se non vedesse, affidandosi soltanto al fiuto e per questo va tenuto rigorosamente legato con un guinzaglio lungo in modo da non essere "seminati" dall'animale. Raro il loro uso in casi simili a quello di Yara, anche se qualche tempo fa un cane molecolare rintracciò in Valle d'Aosta i genitori di due bambini che erano stati lasciati soli in pizzeria. Difficile stabilire il valore di un cane dal fiuto d'oro: "Un cucciolo di Bloodhound costa circa 1.500 dollari, poco più di un migliaio di euro. Ma dopo l'addestramento il suo conduttore umano non se ne priverebbe per nessuna somma".

Fonte: ANSA
binariomorto
00domenica 5 dicembre 2010 23:36
"Yara uccisa", ma l'accusato nega
Nuove ricerche intorno al paese

L'uomo, di origine marocchina, bloccato a bordo di un traghetto diretto a Tangeri. Il fermo dopo una notte di interrogatori. E' imputato di omicidio e occultamento di cadavere. Ma continua a difendersi. Decisiva per le indagini una intercettazione telefonica. Setacciate le colline

BERGAMO - C'è un fermato, imputato di omicidio e occultamento di cadavere, ma Yara Gambirasio ancora non si trova. E' arrivata a una svolta nelle ultime ventiquattro ore la vicenda della tredicenne scomparsa dieci giorni fa da Brembate Sopra in provincia di Bergamo. Con il fermo, sabato sera, di un 22enne di origine marocchina (e non tunisina, come si era detto in un primo momento) che, a bordo di una nave salpata da Genova, si stava dirigendo verso il Nordafrica. A indirizzare gli inquirenti verso di lui sarebbe stata l'intercettazione di una telefonata in cui il 22enne diceva "Allah mi perdoni, non sono stato io". Nel corso dell'interrogatorio in carcere, avrebbe "fornito le sue giustificazioni". Ma Brembate Sopra non vuole ascoltare: in paese spuntano le prime manifestazioni di razzismo, cartelli che chiedono la cacciata degli extracomunitari dalla zona. Il sindaco si dissocia. Ma la notizia, in contemporanea, di un altro giovane marocchino che alla guida di un'auto ha fatto strage di ciclisti dall'altra parte della penisola, a Lamezia Terme, amplifica il malumore nei confronti degli immigrati.

I cartelli razzisti Le ricerche nei boschi

La ragazza scomparsa Le ricerche

Il cantiere perquisito Le unità cinofile

Il fermato. Sembrano solo all'inizio le indagini per stabilire quale ruolo abbia avuto il 22enne nella scomparsa della ragazza. Gli accertamenti sono concentrati su quanto potrebbe essere accaduto nel cantiere di Mapello in cui il fermato lavorava (e dal quale si era assentato fin dal giorno della scomparsa della ragazzina) e in cui i cani avevano ripetutamente fiutato tracce di Yara, che le forze dell'ordine continuano a cercare. Il fermo potrebbe essere utile all'identificazione di eventuali complici. Nei giorni scorsi due testimoni avevano riferito di aver visto la ragazza parlare con due persone. Uno di questi, Enrico Tironi, di 19 anni, era stato denunciato per procurato allarme ma era poi stato nuovamente sentito nell'ambito dell'inchiesta.

Della ragazzina nessuna traccia. Di Yara non c'è ancora traccia. Nelle ore prima del tramonto numerose squadre di vigili del fuoco, carabinieri, protezione civile e unità cinofile hanno perlustrato i boschi e i campi che si estendono nella zona dietro il campo sportivo di Ambivere. I vigili del fuoco hanno anche prosciugato un pozzo nei pressi di un cascinale. Senza risultato anche i controlli effettuati nella cava di Palazzago in cui aveva lavorato in passato il fermato.

A Brembate cartelli razzisti. In città striscioni e cartelli hanno cominciato a comparire dopo la notizia del fermo dell'uomo. "Occhio per occhio, dente per dente", è la scritta esposta da un automobilista davanti alla strada di accesso di villa Gambirasio; immigrati "fuori da Bergamo", compare su un lenzuolo bianco; il sindaco Diego Locatelli, alla guida di una giunta leghista, prende le distanze (AUDIO): "Non ci sarà nessuna caccia all'uomo, non è questa la reazione che mi aspetto dai miei cittadini e sono sicuro che non sarà così". Ma intanto su Facebook sale la rabbia tra i gruppi nati dopo la scomparsa della tredicenne. "Lasciatecelo in piazza a Brembate", "Noi non abbiamo mai cercato niente, loro vengono qui a rubarci il lavoro e violentarci le donne" sono alcuni dei commenti che si moltiplicano in rete.

Tironi torna in scena. Con le vicende delle ultime ore assume nuovi contorni la testimonianza di Enrico Tironi, vicino di casa di Yara, al quale gli inquirenti sembravano non aver creduto. Subito dopo la scomparsa di Yara, il giovane aveva raccontato di aver visto la ragazza all'ora presunta del sequestro, nei pressi della sua abitazione, in compagnia di due uomini. Tironi era stato molto dettagliato, descrivendo l'abbigliamento della tredicenne e dei due, che a lui erano sembrati adulti. Poco distante, aveva aggiunto Tironi, era parcheggiata una Citroen rossa ammaccata. Ma gli inquirenti avevano ritenuto infondata, almeno in apparenza, questa testimonianza al punto che nei confronti del giovane era scattata la denuncia per procurato allarme e falso. Tironi è stato sentito un'altra volta anche dal pm e, a quanto si era appreso, avrebbe corretto la sua prima testimonianza.

Fonte: Repubblica
binariomorto
00domenica 5 dicembre 2010 23:39
Yara, marocchino nega.
Il paese invoca il 'taglione'

Accusa di omicidio, tensioni razziste a Brembate Continuano le ricerche nei boschi di Ambivere

dell'inviato Stefano Rottigni

BERGAMO - Per la scomparsa di Yara ora c'e' una persona in carcere: un marocchino di 22 anni, residente a Montebelluna, nel Trevigiano, giunto in Italia qualche anno fa con il ricongiungimento famigliare. L'uomo, pero', respinge le accuse e ''fornisce le sue giustificazioni''. Lavorava come muratore nel cantiere di Mapello dove i cani delle forze dell'ordine hanno fiutato piu' volte tracce di Yara Gambirasio, la tredicenne di cui non si hanno notizie da ormai nove giorni, dopo essere scomparsa del centro sportivo in cui si allenava, a poche centinaia di metri dalla casa in cui vive con i genitori e tre fratelli a Brembate Sopra, nella zona chiamata 'Isola' nella cintura di paesi intorno a Bergamo.

L'accusa alla base del suo fermo, eseguito ieri a bordo di una motonave che da Genova stava andando a Tangeri, in Marocco, e' raggelante: sequestro di persona e omicidio volontario, anche se in Procura a Bergamo si muovono con estrema cautela, mentre le ricerche della ragazza sono proseguite incessantemente anche oggi in piu' localita' della provincia senza alcun esito. Il giovane immigrato e' stato interrogato dal pm Letizia Ruggeri nel carcere cittadino di via Gleno, ma avrebbe negato la sua partecipazione al sequestro di Yara. Lo aveva gia' fatto nella conversazione intercettata dai carabinieri, poco prima della sua partenza verso il Marocco e che ha fatto convergere le indagini su di lui: ''Allah mi perdoni, ma non l'ho uccisa io''. E' una conversazione che si sta comunque cercando di interpretare, perche' la frase potrebbe essere stata detta in un momento particolare, forse di preghiera. L'intercettazione, unita al fatto che gli investigatori hanno saputo che stava per tornare in Marocco, a far scattare il fermo, principalmente per un incombente pericolo di fuga. Il marocchino, pero', davanti ai magistrati, avrebbe ''fornito le sue giustificazioni'', come e' trapelato. In queste ore il pm Ruggeri e il procuratore aggiunto, Massimo Meroni, stanno valutando la richiesta di convalida del fermo, per la quale hanno 48 ore di tempo, mentre i carabinieri stanno valutando le dichiarazioni rese dal marocchino. Il suo fermo sembra sia solamente l'inizio di indagini che si profilano complicate come, del resto, una vicenda che sta lasciando con il fiato sospeso i bergamaschi e non solo. Il provvedimento potrebbe essere solo un punto di partenza nella possibile individuazione di eventuali complici. Si e' cercata inutilmente la ragazza anche nei boschi di Ambivere, zona in cui stanno agendo gli agenti della Questura, ma non su indicazioni dell'immigrato. Investigatori e inquirenti stanno cercando di inquadrare il ruolo del marocchino nella vicenda. Potrebbe comunque aver visto qualcosa accaduto nel cantiere di Mapello, unico luogo in cui Yara sembra essere stata dopo la sua sparizione, intorno alle 18,30 del 26 novembre. A quanto si e' saputo, non sono nemmeno ancora bollate come del tutto inattendibili le testimonianze di due persone che avrebbero notato la presenza di due uomini, intorno a quell'ora, vicino al centro sportivo. Compresa quella di Enrico Tironi, il diciannovenne vicino di casa della ragazza che racconto' di aver visto Yara in compagnia di due uomini, denunciato per procurato allarme ma poi risentito nei giorni successivi. Negli ambienti investigativi vige la consegna del silenzio sulla posizione del fermato, mentre le indagini non conoscono tregua per scoprire la sorte della giovane promessa di atletica ritmica che sembra inghiottita dal nulla.

Fonte: ANSA
binariomorto
00martedì 7 dicembre 2010 14:41
Yara, riprese le ricerche Fikri a quell'ora lavorava
Datore di lavoro: era con me il 26 novembre


BERGAMO - E' uscito dal carcere Mohammed Fikri, il marocchino fermato nei giorni scorsi per la vicenda della scomparsa di Yara Gambirasio.

"Nel momento in cui Yara è scomparsa Mohammed Fikry era con me in cantiere". A sostenerlo é Roberto Benozzo datore di lavoro del marocchino indagato per la scomparsa della tredicenne bergamasca. Benozzo non ha dubbi sulle mosse del giovane extracomunitario il 26 e 27 novembre: "Eravamo in cantiere e su di lui non ho certo sospetti lo conosco da quattro anni". Come rileva il Mattino di Padova Benozzo è convinto che "tutto si chiarirà". Anche la sorella dell'imprenditore, Patrizia Benozzo, conferma le parole di Roberto: "Mohammed non stava scappando aveva già prenotato il viaggio in Marocco da tempo".

RIPRESE RICERCHE IN INVASO VICINO A CANTIERE - Sono riprese in mattinata le ricerche nell'invaso che si trova nei pressi del cantiere del centro commerciale in costruzione e che i Vigili del fuoco stanno svuotando dall'acqua da ieri pomeriggio. Le idrovore pompano lentamente e ci vorranno probabilmente delle ore prima che il laghetto artificiale sia svuotato completamente. L'invaso si trova ai confini tra i comuni di Brembate, Mapello e Ponte San Pietro, in un altro cantiere i cui lavori sono fermi da mesi. Questo cantiere è attaccato a quello del centro commerciale in costruzione, dove si erano perse le tracce fiutate dai cani di Yara Gambirasio, la ragazzina di tredici anni scomparsa il 26 novembre scorso. Anche oggi a Brembate è una giornata fredda e piovigginosa. Per quanto riguarda le altre ricerche, i volontari che fanno base al quartier generale restano in attesa di indicazioni prima di partire per le perlustrazioni della zona.

DISPOSTA SCARCERAZIONE MOHAMMED FIKRI - Il gip di Bergamo Vincenza Maccora ha disposto la scarcerazione di Mohammed Fikri, il marocchino fermato nei giorni scorsi per la vicenda della scomparsa di Yara Gambirasio.

A quanto si è appreso, il gip, pur convalidando il fermo eseguito sabato scorso, nel suo provvedimento registra che la situazione indiziaria dell' indagato è cambiata in questi due giorni rispetto al momento in cui l'immigrato era stato fermato a bordo di una nave, a Sanremo, diretta in Marocco. In particolare, è stato riscontrato come fosse sbagliata la traduzione dell'intercettazione telefonica inizialmente intesa come: "Allah mi perdoni, non ho ucciso". In realtà, si trattava di una imprecazione perché l'interlocutore inizialmente non rispondeva al telefono. E' stato anche sentito l'uomo a cui era destinata la telefonata il quale ha confermato il racconto del marocchino: gli era debitore di 2 mila euro e per questo Fikri l'aveva cercato.

TELEFONATA SENTITA E TRADOTTA DA ALTRI QUATTRO ESPERTI - La telefonata che aveva indirizzato le indagini per la sparizione di Yara su Mohammed Fikri, e che era stata inizialmente tradotta con: "Che Allah mi perdoni, non ho ucciso", è stata sottoposta alla traduzione di altri quattro consulenti che ne hanno dato una diversa. Una traduzione conforme a quanto dichiarato dal marocchino fermato, con la sua ricostruzione dei giorni prima dell'arresto, ha sostanzialmente fatto venir meno i gravi indizi di colpevolezza, tanto che il pm Letizia Ruggeri non aveva chiesto la custodia cautelare in carcere e il gip Vincenza Maccora ha disposto la scarcerazione dell'immigrato che, quindi, lascerà il carcere bergamasco di via Gleno.

DAVANTI CARCERE ALTRO MAROCCHINO PER SOLIDARIETA' FIKRI - E' arrivato da Sondrio, Assan, marocchino, muratore quarantenne, da 12 anni in Italia, per esprimere la sua solidarietà a Fikri, il marocchino coinvolto nella vicenda della scomparsa di Yara, in attesa di essere scarcerato. "Non lo conosco, ho seguito tutta la vicenda leggendo i giornali e ascoltando la televisione - ha detto Assan, che si è messo ad aspettare ad un lato del cancello del carcere di Bergamo -, io credo nella giustizia italiana ed è giusto che sia stato incarcerato se c'erano dei dubbi su di lui ed è altrettanto giusto che ora venga lasciato libero se è innocente".

dell'inviato Stefano Rottigni

BERGAMO - La drammatica vicenda di Yara Gambirasio, la ragazza scomparsa ormai da dieci giorni da Brembate Sopra, nel Bergamasco, conosce un altro, clamoroso colpo di scena. Mohammed Fikri, 22 anni, marocchino, fermato sabato scorso con le accuse di sequestro di persona e omicidio, dovrebbe lasciare il carcere.

Inevitabile, dopo che il pm Letizia Ruggeri, al termine dell'udienza di convalida del fermo, non ha chiesto per lui l'arresto: troppi labili gli indizi raccolti per avere la gravità della custodia cautelare; sbagliata, rispetto alla traduzione iniziale, quella frase intercettata e che ha attirato le indagini su di lui: "Allah mi perdoni, non l'ho uccisa io", che sarebbe stata invece un'imprecazione, slegata dalla vicenda di Yara, perché la persona a cui stava telefonando non rispondeva.

Mohamed ha spiegato che quelle verso il Marocco, interrotta a Genova sabato scorso a bordo di una motonave diretta a Tangeri, erano vacanze programmate, non una fuga. Il pm ha invece chiesto la convalida del provvedimento di fermo, a suo avviso legittimo in quanto sussistevano i presupposti. Il muratore che lavorava nel cantiere di Mapello, a poca distanza da Brembate Sopra, e in cui i cani avevano individuato tracce della tredicenne scomparsa è quindi di fatto un uomo libero, pur rimanendo indagato. I suoi avvocati, Roberta Barbieri e Giovanni Fedeli spiegano che, in sostanza, gli inquirenti avevano quell'intercettazione dal tenore equivoco e "elementi ancora più deboli", tali da giustificarne la scarcerazione. Sulla legittimità del provvedimento di fermo, viene data per scontata la liberazione, deciderà nella mattinata di domani il gip Ezia Maccora, tornata nei mesi scorsi a Bergamo dopo un mandato al Consiglio superiore della Magistratura.

Oggi è intervenuto in difesa di MohamMed anche suo cugino Abderrazzaq, presso la cui abitazione a Montebelluna il marocchino ha la residenza. Abderrazzaq ha spiegato che Mohammed non conosceva Yara e ha detto di avergli parlato venerdì scorso, il giorno prima del fermo. "Era tranquillo, ma non ci siamo soffermati molto a discutere della vicenda. Mi ha solo detto - ha raccontato l'immigrato - che i carabinieri l'avevano interrogato per due ore facendogli tante domande, ma che alla fine l'hanno lasciato libero. Poi abbiamo cambiato discorso perché il fatto non lo coinvolgeva più di tanto".

"Non sa niente - ha affermato Abderrazaq - e non aveva nulla di che preoccuparsi o per cui essere spaventato. Perché deve esserlo se non c'entra niente?".

Le indagini sulla scomparsa della ragazza hanno subito un brusco stop, se non sono state azzerate, almeno sul versante di Mohammed e di suoi presunti complici. Alle indagini partecipano, oltre i carabinieri, anche gli agenti della Squadra Mobile della Questura di Bergamo.

Indagini che necessariamente devono tornare a essere a tutto campo, prendendo probabilmente anche in considerazione segnalazioni non ancora del tutto coltivate: come quei due uomini che un teste avrebbe visto con Yara poco prima delle 18,30 del 26 novembre, nei pressi del centro sportivo in cui si allena. Poi nessuno l'ha più vista. Sono stati descritti da una persona come due giovani, mentre il vicino di casa di Yara, Enrico Tironi, 19 anni, avrebbe visto con la ragazzina due uomini fatti. Le ricerche della giovane promessa della ginnastica sono proseguite anche oggi per controllare anche una fonderia ad Ambivere. Anche nella fabbrica gli investigatori sono arrivati al seguito di una segnalazione. L'ennesima che si è rivelata infondata in questi giorni di crescente angoscia per i genitori e i fratelli di Yara.

Fonte: ANSA
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