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Anniversario della strage Nassyria

Ultimo Aggiornamento: 15/11/2006 01:03
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11/11/2006 13:43
 
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13/11/2006 22:09
 
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ogni giorno in italia muoiono 3 operai sul posto di lavoro, 1095 all'anno.


13/11/2006 22:28
 
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Sono vere entrambe le affermazioni. Aggiungiamone pure un'altra: quelle povere vittime non sono per niente andate in iraq a difendere la patria (ma quando mai?), ma gli interessi di qualcuno, e per quelli sono morti.

Ne conosco uno, dei morti di Nassyria: il comandante della caserma di Viadana, andato in iraq per guadagnare velocemente i soldi che servivano per ristrutturare la casa dove abitava, per abbattere le bariere architettoniche per il figliolo che vive sulla carrozzella. Ora il figliolo è sulla carrozzella, ed il babbo non c'è più. Ed il governo che lo ha mandato laggiù, e quello che è venuto ultimamente, non hanno ancora nemmeno dato loro l'indennizzo economico dovuto. Quei bastardi soldi per il quale quel pover uomo è morto.

E quello che dice vento è verissimo, sacrosanto. Quei tre al giorno che cadono dall'impalcatura, che finiscono schiacciati dalle macchine, che soffocano nei serbatoi, uniti a quelli che si schiantano sulle strade, mentre in auto o sul furgone viaggiano compiendo il loro lavoro (e non entrano nelle statistiche dei morti sul lavoro), sono i silenziosi, dimenticati eroi di quotidianità, come il comandante di Viadana lo è stato per aiutare il suo figliolo.


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E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa cosi' importante
14/11/2006 16:49
 
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Soliatamente, evito di intervenire in siffatti topic, perchè trovo che scivolare nella polemica gratuita sia fin troppo facile e a buon mercato.
Tuttavia, questa volta farò un'eccezione, in primis perchè vorrei puntualizzare una cosa, ed in seconda battuta perchè ne ho davvero piene le scatole dei detrattori "un tanto al chilo" ( e non mi riferisco a nessun intervenuto nel topic).
Osservo che vi è una sostanziale differenza tra un caduto di Nassyria ed un autista di furgoncino che resti vittima di un incidente sul lavoro.
La differenza è esattamente quella che passa tra un calciatore della nazionale che vince una finale di coppa del mondo, ed un giocatore di eccellenza che pareggia una partita.
Calciatori sono entrambi, così come sempre lavoratori sono entrambi, ed entrambi sono vittime di incidenti sul lavoro.
La differenza è nelle motivazioni.
Chi parte per una missione di pace ( e sul significato o l'opportunità di effettuarle potremmo discutere a lungo) lo fa con la consapevolezza di assumersi un rischio, e facendolo ha anche la consapevolezza di portare l'impegno e la serietà della rappresentatività della propria nazione di appartenenza, di fronte al popolo che va ad aiutare ed al mondo tutto.
Possiamo, ripeto, discutere sull'opportunità di effettuarle queste missioni, ma questo è altro argomento, non possiamo, però, equiparare l'impegno morale e di sacrificio di chi si assume l'onere di mettere a repentaglio la propria vita per spirito civile e di obbedienza, con chi esce la mattina per lavorare e può essere vittima di un incidente.
Facendolo, negheremmo la diversità di intenti e di assunzione altruistica di responsabilità.
Poichè, tuttavia, queste missioni sono oggetto di forti partitismi, e dico partitismi e non politicizzazione, a ragion veduta, allora la discussione virerà certamente su contrapposizioni politiche, che nulla hanno a che vedere con gli aspetti che ho voluto evidenziare.
Questo è il motivo per cui non volevo intervenire, ma tant'è...


Bye

[Modificato da flydanny 14/11/2006 16.50]

14/11/2006 17:00
 
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Re:

Scritto da: archi-vero 13/11/2006 22.28
quelle povere vittime non sono per niente andate in iraq a difendere la patria (ma quando mai?), ma gli interessi di qualcuno, e per quelli sono morti.


E' ovvio che per par condicio bisognerebbe aprire un topic sui 3 morti al giorno .... basta dedicare un giorno della memoria a quei morti, e quando sarà l'anniversario si commemoreranno.

Mi sembra che tuttavia quella missione sia stata riconosciuta come Missione di Pace anche da chi, partigianamente, non la riconosceva come tale.
D'altronde, in atto c'è la ben nota missione di pace in Libano .... se qualcuno disgraziatamente (e preghiamo di no) dovesse morire, potrà essere ricordato, senza che qualcun altro senta l'obbligo di doverci ricordare che ci sono altri morti, e che "quelli" e non "quello" sono morti non per tutelare gli interessi di "qualcuno"?

Direi di onorare la morte degli innocenti, chiunque essi siano.
14/11/2006 18:24
 
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Fly, lo so che la vediamo diversa su questo punto, e difficilmente troveremo una comunanza di idee, e forse un discorso analogo vale anche per all4u. Ciò non toglie che sia piacevole confrontarsi.

Fai notare, giustamente, che chi va in queste missioni lo fa sapendo di assumersi rischi, per aiutare le popolazioni o tenere alto (?) il nome dell'Italia. E te ne do atto. Ma il nome dell'Italia lo si tiene alto contribuendo anche al suo benessere, al suo progresso, lavorando, magari oscuramente, per questo. Tanto oscuramente da venire alla luce solo quando accade la tragedia, esattamente come per le povere vittime di nassyria. E, tutto questo, prescindendo dalle valutazioni sulla validità delle missioni stesse, come suggerito maliziosamente da all4u.
Se eroi sono i morti di nassyria, eroi sono i morti sul lavoro. Ma sono convinto che entrambi sono morti facendo il loro mestiere per la società, chi facendo il militare di professione, chi facendo il carpentiere.
I veri eroi sono quelli che fanno cose oltre ciò che gli è richiesto, per puro altruismo. Eroi sono stati coloro che sono intervenuti a Chernobyl, ad esempio, per spegnere il reattore, sapendo che sarebbero morti irradiati. Eroi sono quelli (e capitano ogni estate) che salvano persone che stanno annegando, e annegano a loro volta.

Insomma, non trovo giusto non ricordare i morti di Nassyria, ma nemmeno dimenticarsi, o far finta che sia un male necessario, di coloro che muoiono facendo il loro dovere, solo che non sono sotto le luci della ribalta.


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14/11/2006 20:13
 
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Forse la vediamo con meno divergenze di quanto tu immagini, Archi.
Sull'utilità delle missioni e sul loro significato politico, ho già detto assai chiaramente che si può discutere, con ciò intendendo che le mie posizioni non sono assolutiste ed inamovibili.
Ho, è vero, i miei convincimenti, ma il confronto può anche portare a mitigare posizioni apparentemente inconciliabili.
Tuttavia, per quanto strano possa sembrare, mi curo di controbattere con forza una tua affermazione.

"Se eroi sono i morti di Nassyria, eroi sono i morti sul lavoro. Ma sono convinto che entrambi sono morti facendo il loro mestiere per la società, chi facendo il militare di professione, chi facendo il carpentiere"
Amico mio, una siffatta affermazione, è del tutto priva di senso.
Ho già abbondantemente sottolineato che la differenza è nelle motivazioni!
Se tu avessi mai affrontato una missione di pace, sapresti che oltre al naturale senso del dovere, che anima chiunque faccia il proprio lavoro con coscienza sia carpentiere o militare, il pensare di partire e lasciare la propria famiglia, per andare in terra straniera a rischio della propria vita, per una missione che prevede essenzialmente portare da mangiare a popolazioni che non ne hanno, ad organizzare servizi civili, come ospedali con tanto di medici bravissimi e preparati, nonchè esporsi personalmente per ristabilire un ordine pubblico che non c'è, e senza orari sindacali nè feste comandate, deve avere alla sua base una motivazione forte e di coscienza civile, oltrechè di amor patrio.
La cosa, è di tutta evidenza, non è affatto necessaria (e la cui presenza è anzi tutta da dimostrare), nel caso si esca la mattina per timbrare il cartellino, e lavorare le otto ore sindacali e tornare a casa la sera!
Uno è senso del dovere e delle istituzioni fino al sacrificio, anche estremo, l'altro è comune lavoro, dignitoso, umano, coscienzioso, ma non eroico, se non vogliamo dare a questo termine una valenza leggermente demodè.
E' come essere carabinieri e fare il proprio servizio sulle strade, magari di Napoli e magari in mezzo alla camorra per 1200 euro al mese.
Sono convinto che ci voglia una buona dose di eroismo per andare avanti.
Tutto qui.
Ma la differenza non mi pare di poco conto....



Bye
15/11/2006 01:03
 
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Grazie per la precisazione, Fly. Il punto è proprio li: che tu vedi (per storia personale, lo ricordo bene) queste alte motivazioni nel mestiere del militare. Io lo vedo come un mestiere, ne più ne meno. Un mestiere che si sceglie, sicuramente con tante motivazioni anche nobili, ma un mestiere, consapevolmente scelto.

Sono d'accordo con te (e come potrei non esserlo!) che il povero carabiniere che ha da smazzarsi i casini di napoli o della sicilia, a 1200 euro al mese, ha un gran odore di eroismo addosso; quello stesso eroismo che però io vedo in chi fa lavori obiettivamente di cacca (un giretto in fonderia è istruttivo, e lì gli euro non arrivano a mille), dove il rischio vita, alla fin dei conti, è simile a quello del carabiniere, con la differenza che non si va neppure sulle pagine dei giornali.

L'unica differenza che obiettivamente vedo è che le forze militari, in generale, lavorano per la società; i lavoratori per le aziende, che contribuiscono a far funzionare l'economia della società. Ed in questo sono loro riconoscente, non credere. La mia non è una snobistica repulsione per i militari, tutt'altro, solamente una cruda demitizzazione di un mestiere, riportandolo a quello che è stato per secoli. Un mestiere che comporta una dose di rischio, conosciuto e calcolato (e magari sarebbe bello che fosse anche prevenuto, forse anche con attrezzature a livello, o comandi di un determinato spessore. Senti il nostro amico vuk riguardo al fuorionda su nassyria, ad esempio....).

Ciao Daniele, alla prossima!


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