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Giro di vite e tasse, il regalo di Natale Berlusconi agli internauti

Ultimo Aggiornamento: 15/01/2010 14:07
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15/01/2010 14:07
 
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Tassa su pc e telefonini
per dare soldi alla Siae

Un decreto del ministro dei beni culturali aggiorna ed estende - come in nessun paese europeo - il cosidetto "equo compenso". Introdotti su tutti i dispositivi dotati di memoria. Piovono soldi sulla società degli autori ed editori, aumenti in arrivo per i prodotti hi-tech
di ALESSANDRO LONGO

Cellulari, decoder, computer, lettori mp3: qualunque dispositivo abbia una memoria verrà colpito da una nuova "tassa", fra qualche giorno. È quanto deciso dal decreto firmato il 30 dicembre dal ministro dei Beni e delle attività culturali Sandro Bondi. Il decreto aggiorna ed estende, a livelli inauditi in Europa, il cosiddetto "equo compenso": una somma che i produttori di beni tecnologici devono versare a Siae, a "compenso" della copia privata. Cioè del fatto che l'utente può usare quelle tecnologie per fare un (legittima) copia personale di cd e film acquistati.

Finora però l'equo compenso è gravato solo su supporti (cd, dvd) e su masterizzatori. Adesso viene esteso a tutti i prodotti dotati di memoria. Un bel colpo, per Siae: "dall'equo compenso finora ha ricavato circa 70 milioni di euro. Dal 2010 passerà a circa 300 milioni, secondo stime di Confindustria e Assinform", dice Guido Scorza, avvocato tra i massimi esperti di copyright e hi-tech. Prevedibile che i produttori vorranno scaricare questa tassa sui consumatori, almeno in parte, come del resto è avvenuto con Cd e Dvd.

Il decreto contiene i dettagli del compenso per ciascun prodotto. In alcuni casi, come i cellulari, c'è una somma unitaria di 90 centesimi su ogni prodotto venduto. Per altri, come gli hard disk esterni o interni e la chiavette Usb, c'è una quota (in centesimi) per ogni GB. Considerato che ormai è comune trovare 250 GB di hard disk nei pc e che ne sono stati venduti 6,9 milioni nel 2008, solo da questa categoria di prodotti a Siae andranno circa 100 milioni euro l'anno. Destinati a salire di molto nei prossimi anni, visto che la quantità di GB degli hard disk cresce nel tempo.

Così Altroconsumo parla di "regalo di Natale in ritardo", dal governo alla Siae. "Anche in altri Paesi europei c'è l'equo compenso, ma non a questi livelli e non esteso a così tanti prodotti", dice Scorza. "L'assurdo è che in Italia l'industria o i consumatori finanzieranno Siae anche per prodotti che non c'entrano nulla con la copia privata. O che c'entrano solo marginalmente". È raro, in effetti, usare la memoria di un cellulare per ospitare copia della musica comprata su cd; ancora più improbabile che lo si faccia per i film in dvd. "Impossibile, inoltre, usare l'hard disk di un decoder Sky per questi scopi. Eppure l'equo compenso si applicherà anche a tali prodotti", continua Scorza.

La pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale è prevista a giorni e subito dopo diventerà effettivo. Con buona pace di chi, come Altroconsumo e l'associazione confindustriale Asstel, si era opposto con tutte le forze al decreto, nelle scorse settimane.

Fonte: Repubblica

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Decreto Tv, Google e i provider
"Temiamo gli effetti sul web"

All'indomani della protesta dei partiti dell'opposizione, le obiezioni di uno dei principali operatori sulla Rete: "Le norme ci equiparano agli emittenti televisivi, ma noi su YouTube non esercitiamo un controllo sui contenuti"
di ROSARIA AMATO

ROMA - Il decreto legislativo sulla Tv non preoccupa solo l'opposizione, ma anche Google e i principali provider italiani. "Siamo un po' preoccupati", conferma in un'intervista all'agenzia Bloomberg il responsabile per le relazioni istituzionali di Google in Italia, Marco Pancini, "Il decreto dà ai provider su Internet le stesse responsabità delle emittenti televisive, solo che queste si occupano direttamente dei contenuti, mentre YouTube si limita a mettere a disposizione le proprie piattaforme agli utenti".

La legge darebbe di fatto ragione a Mediaset, ricorda Bloomberg, che ha recentemente fatto causa a Google, accusando YouTube di violazione del diritto d'autore, chiedendo un risarcimento di 500 milioni di euro. Il nuovo decreto darebbe infatti all'Autorità Garante delle Comunicazioni il potere di ordinare ai provider italiani, tra i quali Tiscali, Fastweb, Telecom Italia, Vodafone, di rimuovere i contenuti che violano il diritto d'autore, pena una multa che può arrivare fino a 150.000 euro. "E' come ritenere l'azienda che si occupa della manutenzione delle autostrade responsabile per quello che fanno coloro che guidano le automobili. Non ha senso", osserva Dario Denni, segretario generale dell'Associazione italiana degli Internet Provider.

Reazioni comunque più caute, per il momento, di quelle politiche. Ieri i partiti d'opposizione, Pd, Udc e Idv, e Giuseppe Giulietti del Gruppo Misto, hanno tenuto una conferenza stampa per chiedere con forza una modifica del decreto, che non solo renderà la vita difficile se non impossibile a chi trasmette immagini su Internet, ha sottolineato il responsabile Comunicazioni del Pd Paolo Gentiloni, ma di fatto penalizzerà il cinema indipendente e modificherà profondamente il sistema di trasmissione di spot pubblicitari, a detrimento delle Tv satellitari e a vantaggio delle emittenti televisive private. E tutto senza coinvolgere il Parlamento, dal momento che il decreto entrerà in vigore senza alcun tipo di dibattito, è previsto solo il parere non vincolante delle competenti commissioni di Camera e Senato.

Accuse tutte respinte dal viceministro con delega alle Comunicazioni Paolo Romani, che assicura che il provvedimento rispetta la lettera e lo spirito della direttiva europea e della legge delega che la recepisce.

Fonte: Repubblica

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"Giro di vite del governo
su web e cinema indipendente"

Il provvedimento, secondo Pd, Idv, Udc e Gruppo Misto, è affetto sicuramente da un "eccesso di delega" rispetto alla legge ordinaria e alla direttiva Ue. La trasmissione di immagini in Rete verrebbe sottoposta alle norme che regolano le emittenti televisive
di ROSARIA AMATO

ROMA -La cancellazione delle norme a sostegno delle produzioni indipendenti di fiction e di cinema italiano; la limitazione degli affollamenti pubblicitari per il satellite (a quasi esclusivo detrimento di Sky); il giro di vite sul web, dato che la disciplina dei siti Internet che trasmettono immagini non occasionalmente viene assimilata a quella delle emittenti televisive. Le opposizioni fanno fronte comune nel denunciare i guasti del decreto legislativo sulla tv arrivato ieri in Parlamento ma soltanto per un parere non vincolante. Respinge le accuse il viceministro alle Comunicazioni, Paolo Romani, che in una lunga nota ribadisce: "Lo schema di decreto legislativo del governo su Internet e tv rispetta la direttiva europea in materia".

"Il provvedimento risente di un evidente eccesso di delega rispetto alla legge e viola anche la direttiva europea, ed è gravissimo che venga introdotto senza passare dal Parlamento: va profondamente corretto o ritirato", dice Paolo Gentiloni, del Pd. Una posizione condivisa dagli altri partiti d'opposizione: Gentiloni, Roberto Rao (Udc), Antonio Borghesi (Idv) e Giuseppe Giulietti (Gruppo Misto) hanno tenuto una conferenza stampa alla Camera per chiedere che la normativa venga modificata, e che al Parlamento venga data la possibilità di intervenire.

"Su una materia come questa, che investe chiaramente il conflitto d'interessi - spiega Gentiloni - è una sfida aperta al presidente della Camera, che ha chiesto di rispettare le prerogative del Parlamento, procedere in questo modo, senza investire Camera e Senato della questione". Infatti dato che si tratta di un decreto legislativo, le competenti commissioni di Camera e Senato devono limitarsi a esprimere un parere, peraltro non vincolante.

Circostanza che non ferma i partiti d'opposizione: "Chiederemo una proroga rispetto al termine del 27 gennaio, e poi solleveremo la questione davanti al Consiglio di Stato". Giulietti ha anticipato la presentazione di ricorsi sia in sede Ue che al Consiglio di Stato e ha ribadito che "eccesso di delega o no c'è un eccesso a prescindere. Si decide di sfidare il Parlamento e il presidente della Camera", regolando una materia così complessa "attraverso un regolamento e un semplice parere del Parlamento". Giulietti ha auspicato che anche esponenti del centrodestra appoggino la richiesta di "ritiro del provvedimento o almeno delle parti che non hanno attinenza con la delega". In questo senso si è già pronunciato Luca Barbareschi. In quanto rappresentante di Art.21, poi, Giulietti ha annunciato che a breve verrà lanciata una campagna nazionale dal titolo 'Giù le mani dalla Rete'.

Nel dettaglio, i partiti d'opposizione rilevano che il decreto, che peraltro, ricorda Gentiloni, si basa su una legge delega di 11 righe", "rappresenta una riforma radicale delle norme tv e su internet del nostro sistema". Innanzitutto, prosegue il responsabile Comunicazioni del Pd, "cancella la norma introdotta dal governo nel '98 e nel 2007 sul sostegno alla produzione indipendente di fiction e cinema italiani, che prevedeva quote di trasmissione e di investimenti. Adesso le quote in termini di tempi sono state abolite, e in termini economici di fatto diminuiscono in quanto calcolate su una base imponibile diversa, ovvero non il fatturato ma la programmazione".

"Secondo: si limitano gli affollamenti pubblicitari per le emittenti sul satellite e si aumentano per Mediaset (il tetto per gli spot sulle pay tv passa dal 18 al 12 per cento nel 2012, per Mediaset sale dal 6 al 12 per cento, ndr). Terzo: si cancella di colpo l'istruttoria Agcom sull'eventuale superamento della quota del 20% di programmi che si possono diffondere con il digitale prevedendo che alcuni programmi Mediaset come quelli Premium o quelli ripetuti non rientrino tra quelli da conteggiare nella quota del 20 per cento".

L'ultima e importante questione riguarda Internet, dal momento che il decreto di fatto ne limita fortemente le possibilità, considerando 'servizi media-audiovisivi' anche una parte di trasmissioni che vanno su Internet. Pertanto, ai siti che trasmettono immagini si applicherebbe lo stesso regime previsto per la carta stampata. Per Borghesi (Idv), il decreto configura "un enorme conflitto di interessi"; mentre Rao (Udc) sottolinea che la norma che disciplina il web comporterebbe una "restrizione anche sui siti dei principali quotidiani, la cui informazione rischia di essere ingabbiata".

Fonte: Repubblica
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