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Crisi di cultura e identità

Ultimo Aggiornamento: 27/10/2006 08:10
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21/10/2006 12:17
 
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Magistrale intervento del Pontefice all'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università Lateranense

Papa: Drammatica crisi di cultura e identità

Benedetto XVI invita gli scienziati a seguire «i criteri che vengono da una visione più profonda». E richiama il mito di Icaro


ROMA - «Quella che stiamo attraversando è una drammatica crisi di cultura e di identità». L'allarme è stato lanciato da Benedetto XVI nel corso dell'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università Lateranense e della nuova biblioteca Pio IX cui ha preso parte questa mattina.

«Il contesto contemporaneo -ha detto il Pontefice- sembra dare il primato a una intelligenza artificiale che diventa sempre più succube della tecnica sperimentale e dimentica in questo modo che ogni scienza deve pur sempre salvaguardare l'uomo e promuovere la sua tensione verso il bene autentico».

«Sopravvalutare il fare oscurando l'essere -ha aggiunto Ratzinger- non aiuta a ricomporre l'equilibrio fondamentale di cui ognuno ha bisogno per dare alla propria esistenza un solido fondamento e una valida finalità». Poco prima il Pontefice aveva ricordato che «un contesto come quello accademico invita in modo del tutto peculiare a entrare di nuovo nel tema della crisi di cultura e di identità, che questi decenni pongono non senza drammaticità sotto i nostri occhi». Il Pontefice ha poi aggiunto che qualsiasi scoperta di carattere scientifico deve attenersi a criteri etici e morali.

ICARO - Gli scienziati di oggi dovrebbero seguire «i criteri che vengono da una visione più profonda». Questo, afferma Benedetto XVI, «farebbe cadere facilmente nel dramma di cui parlava il mito antico: il giovane Icaro, preso dal gusto del volo verso la libertà assoluta e incurante dei richiami del vecchio padre Dedalo, si avvicina sempre di più al sole, dimenticando che le ali con cui si è alzato verso il cielo sono di cera. La caduta rovinosa e la morte sono lo scotto che egli paga a questa sua illusione.
La favola antica ha una sua lezione di valore perenne. Nella vita vi sono altre illusioni a cui non ci si può affidare, senza rischiare conseguenze disastrose per la propria ed altrui esistenza».

I LIBRI DI ORIANA FALLACI - In occasione dell'l'inaugurazione dell'anno accademico monsignor Rino Fisichella, rettore dell'ateneo, ha ricordato che Oriana Fallaci ha lasciato in eredità all'Università del Laterano «tutto il suo patrimonio librario». Monsignor Fisichella ha ricordato al pontefice che la famosa giornalista-scrittrice «nutriva» nei confronti di Papa Ratzinger una autentica venerazione.


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Non ce la faccio a leggere post lunghissimi, so che è arrivato il momento egli occhiali, PROVVEDERO'

MA.... se il Papa accettasse per esempio i divorziati, oppure ancora meglio far sposare i preti..... NON parlo dell'aborto altrimenti ci vengono le bolle a tutti ahahahahha
Però sono convinta che MOLTE persone al giorno d'oggi si avvicinerebbero alla chiesa
Sembra che la chiesa non si voglia rendere conto che siamo andati avanti con i secoli...
Un appunto IO CREDO, sento la necessità di credere e sono convinta che la mia sia solo una forma di puro egoismo, dato che non credendo nella chiesa non la frequento
Della serie ogni tanto ILLO lo mando anche a quel paese...ma lo prego, ho un rapporto tutto mio con ILLO

Marco ti prego non mi ammazzare x quello che ho detto, oggi non ce la farei
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[Modificato da NonnaPiripilla1 21/10/2006 12.25]

21/10/2006 12:35
 
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Re:

Scritto da: NonnaPiripilla1 21/10/2006 12.24
Non ce la faccio a leggere post lunghissimi, so che è arrivato il momento egli occhiali, PROVVEDERO'

MA.... se il Papa accettasse per esempio i divorziati, oppure ancora meglio far sposare i preti..... NON parlo dell'aborto altrimenti ci vengono le bolle a tutti ahahahahha
Però sono convinta che MOLTE persone al giorno d'oggi si avvicinerebbero alla chiesa
Sembra che la chiesa non si voglia rendere conto che siamo andati avanti con i secoli...
Un appunto IO CREDO, sento la necessità di credere e sono convinta che la mia sia solo una forma di puro egoismo, dato che non credendo nella chiesa non la frequento
Della serie ogni tanto ILLO lo mando anche a quel paese...ma lo prego, ho un rapporto tutto mio con ILLO

Marco ti prego non mi ammazzare x quello che ho detto, oggi non ce la farei
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[Modificato da NonnaPiripilla1 21/10/2006 12.25]




Di sicuro la Chiesa non può assumere decisioni sulla base del gradimento degli uomni... la Chiesa è chiamata al depositum fidei... e cioè a preservare la Fede così come Gesù ce l'ha lasciata perchè chiunque voglia possa trovare intatta la pure fede... non certo rendere impura la fede per fare nuovi fedeli...

Il divorzio, per la Chiesa è inaccettabile! e così sarà fino alla fine dei tempi avendo Gesù detto "l'uomo non separi ciò che Dio ha unito"... tuttavia l'andare incontro ai divorziati (anche se risposati) è stato fatto... ci sono amorevoli pastorali ad hoc per loro.
Inoltre Ratzinger, fin da quando era cardinale, ha cercato (e tuttora cerca) di trovare soluzione per rendere possibile la pertecipazione dei divorziati risposati all'Eucaristia... solo che per fare questo nel rispetto della purezza della Fede la Chiesa deve trovare un fondamento teologico che lo consenta... e questo fondamento teologico, nonostante la volontà di Ratzinger e di intere commissioni di teologi, non è stato ancora trovato...

Un caro saluto anche a te [SM=g27823]


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Una domanda per Marco o per chi vuole rispondere.

Sono divorziata e non per colpa mia, ho sopportato 4 anni un uomo pazzo e l'unica soluzione per il mio bene è stato il divorzio.

Ti pare giusto che io in qualità di divorziata non possa entrare in Chiesa, non possa eventualmente essere madrina, testimone, non possa fare la Comunione?


Non mi interessa sapere quello che dice la Chiesa, ma i pareri personali di chi "sposa la fede" in tutto.

[Modificato da Fatascalza 22/10/2006 0.45]

22/10/2006 01:36
 
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Provo sempre una gran tristezza nel vedere banalizzati dei punti di speculazione come quello citato del papa, infilandogli nelle reni delle trovate spettacolari come la biblioteca della Fallaci.

Facciamo finta di dimenticarci del secondo punto, e vediamo il primo. Il papa, in sostanza, dice: uomini moderni che volete misurare il mondo con il metodo illuminista, scientifico, badate bene che non trovate il fine di tutte le cose nel mondo, non troverete nei vostri alambicchi la fondazione della morale universale, il criterio ambito della distinzione fra il bene ed il male. No, quello lo trovate solo nel trascendente, nell'inconoscibile che si è rivelato, nella fede del Cristo.

Già, è l'eterno discorso fra l'immanenza e la trascendenza, della fondazione della legge morale (il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me, diceva l'illuminista Kant). Due millenni e mezzo di storia della filosofia sono li, ma le domande sono alla fine le stesse. Forse la soluzione razionale non c'è: esiste solo la possibilità di cambiare le regole della partita, introducendo appunto la fede, che risolve i dubbi attribuendo al divino le regole morali da essa indicate.
Già, ma la fede, per i cristiani, è un dono. Se qualcuno questo dono non l'ha, che deve fare? Accettare pedissequamente i dettami morali della religione cattolica? E perché non di quella islamica, o di quella scintoista?

No, a mio avviso il discorso del papa è un invito alla riflessione, a rendersi conto che anche la scienza non da risposte a questo tipo di domande, ma che comunque le domande si devono porre. E per favore, lasciamo perdere la Fallaci da questi discorsi: non c'entra proprio nulla, e li banalizza alquanto


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Re:

Scritto da: Fatascalza 22/10/2006 0.44
Una domanda per Marco o per chi vuole rispondere.

Sono divorziata e non per colpa mia, ho sopportato 4 anni un uomo pazzo e l'unica soluzione per il mio bene è stato il divorzio.

Ti pare giusto che io in qualità di divorziata non possa entrare in Chiesa, non possa eventualmente essere madrina, testimone, non possa fare la Comunione?


Non mi interessa sapere quello che dice la Chiesa, ma i pareri personali di chi "sposa la fede" in tutto.

[Modificato da Fatascalza 22/10/2006 0.45]




In Chiesa ci puoi entrare... e puoi partecipare attivamente alle attività e alla vita comunitaria... peraltro ci sono pastorali molto delicate per cammini spirituali dedicati a separati,divorziati, divorziati risposati.

Per quanto riguarda alcune rinunce cui il divorziato è chiamato chiedersi se è "giusto" secondo categorie umane non è corretto.
La Comunione non ha soltanto una dimensione orizzontale, comunitaria, ma soprattutto verticale... è un Sacramento... e dunque non lo si può valutare secondo il giusto o lo sbagliato della mentalità umana dei diritti ma soltanto secondo l'etica biblica dei doveri!

Ad oggi nessuna commissione teologica, pur lavorandoci da anni, è riuscita a trovare fondamenti teologici per poter rendere la confessione efficace in tal senso e permettere ai divorziati l'accesso al Sacramento. In mancanza di tale fondamento teologico la Chiesa non può far altro che non consentire tale accesso al Sacramento al fine di proteggere se stessa e gli stessi divorziati dal fare un peccato ancora più grande quale la profanazione e il sacrilegio.

Un tribunale della Chiesa esiste appositamente per verificare se esistono le condizioni perchè il matrimono contratto sia nullo oppure valido... se è nullo quel matrimonio non c'è mai stato... ma se è valido "l'uomo non separi ciò che Dio ha unito".

Conosco divorziati, pure risposati, che accolgono queste rinunce come un dono da fare al Signore e portano avanti un cammino spirituale volto ad affidarsi alla bontà del Signore.

Ma non guardiamo alle cose del cielo con la logica terrena e soprattutto ai Sacramenti con la mentalità sindacale dei diritti...


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Re:

Scritto da: archi-vero 22/10/2006 1.36
Provo sempre una gran tristezza nel vedere banalizzati dei punti di speculazione come quello citato del papa, infilandogli nelle reni delle trovate spettacolari come la biblioteca della Fallaci.

Facciamo finta di dimenticarci del secondo punto, e vediamo il primo. Il papa, in sostanza, dice: uomini moderni che volete misurare il mondo con il metodo illuminista, scientifico, badate bene che non trovate il fine di tutte le cose nel mondo, non troverete nei vostri alambicchi la fondazione della morale universale, il criterio ambito della distinzione fra il bene ed il male. No, quello lo trovate solo nel trascendente, nell'inconoscibile che si è rivelato, nella fede del Cristo.

Già, è l'eterno discorso fra l'immanenza e la trascendenza, della fondazione della legge morale (il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me, diceva l'illuminista Kant). Due millenni e mezzo di storia della filosofia sono li, ma le domande sono alla fine le stesse. Forse la soluzione razionale non c'è: esiste solo la possibilità di cambiare le regole della partita, introducendo appunto la fede, che risolve i dubbi attribuendo al divino le regole morali da essa indicate.
Già, ma la fede, per i cristiani, è un dono. Se qualcuno questo dono non l'ha, che deve fare? Accettare pedissequamente i dettami morali della religione cattolica? E perché non di quella islamica, o di quella scintoista?

No, a mio avviso il discorso del papa è un invito alla riflessione, a rendersi conto che anche la scienza non da risposte a questo tipo di domande, ma che comunque le domande si devono porre. E per favore, lasciamo perdere la Fallaci da questi discorsi: non c'entra proprio nulla, e li banalizza alquanto



Non è solo questo Archi... il richiamo del Papa che si rifa alla Fides et Ratio di Giovanni Paolo II punta a far comprendere come la Scienza non possa essere ridotta al solo metodo sperimentale che riduce tutto ad ipotesi da verificare e a quantità di materia manipolabile.

Noi crediamo che il metodo scientifico sia l'unico che da oggettività alla verità... ed invece riduce soltanto il tutto a delle ipotesi... ci fa vivere in un mondo artificiale, ipotetico, non reale.
E questo perchè il metodo scientifico, che è utile nello studio delle scienze naturali, è stato abusivamente traslato in qualsiasi campo e scienza e ci fatto perdere la prospettiva ontologica sul mondo e sull'uomo.


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Re: Re:

Scritto da: =marco68= 22/10/2006 8.21


Non è solo questo Archi... il richiamo del Papa che si rifa alla Fides et Ratio di Giovanni Paolo II punta a far comprendere come la Scienza non possa essere ridotta al solo metodo sperimentale che riduce tutto ad ipotesi da verificare e a quantità di materia manipolabile.

Noi crediamo che il metodo scientifico sia l'unico che da oggettività alla verità... ed invece riduce soltanto il tutto a delle ipotesi... ci fa vivere in un mondo artificiale, ipotetico, non reale.
E questo perchè il metodo scientifico, che è utile nello studio delle scienze naturali, è stato abusivamente traslato in qualsiasi campo e scienza e ci fatto perdere la prospettiva ontologica sul mondo e sull'uomo.



Beh, la fides et ratio dice qualcosina di diverso, fortunatamente.
La scienza ed il metodo sperimentale sono connaturati fra loro, e non c'è scienza al di fuori del suo metodo. La scienza è lo studio degli eventi misurabili e ripetibili, non la ricerca ontologica degli eventi stessi. Nessuno scienziato pensa di trovare la ragione delle cose nella fisica, ma è altrettanto folle pensare di fare scienza con criteri ideologici o fideistici, qualunque questi siano.

Ed infatti, se volgliamo discuterne, proprio qui sta il punto, richiamato sia da GP II che da B XVI: stiamo parlando di due mondi paralleli, quello della conoscenza scientifica e quello della morale. La tendenza culturale, instauratasi in europa a partire dall'illuminismo, è di rinunciare all'ontologia trascendentale come fondamento della morale umana, a favore di una morale basata sull'empirismo e sull'uomo, ma non emanata da un divino. Questa è una cultura, fra l'altro marcatamente europea. Spacciarla per perdita di cultura, o di radici, è un falso dal punto di vista storico, mentre si può (e si deve) discutere sulla validità di questa tendenza.

Queste sono le cose a cui prima accennavo, che mi provocano tristezza. Il travisamento di una posizione chiara della chiesa, che sostiene con forza la tesi della morale emanata da Dio, spacciando come crisi di cultura ed identità un'altra posizione culturale, profondamente europea e radicata nella nostra cultura, rappresenta, nella migliore delle ipotesi, una presa in giro dell'intelligenza della gente.
Io posso anche essere d'accordo dal punto di vista gnoseologico con la necessità di un'emanazione divina della morale, ma non accetto che si usi un modo così rozzo e truffaldino per discutere con l'antagonista. E sono certo che questo non era l'intenzione dei due papi, troppo colti ed intelligenti per ricorrere a simili mezzucci.


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Re: Re: Re:

Scritto da: archi-vero 22/10/2006 16.49


Beh, la fides et ratio dice qualcosina di diverso, fortunatamente.
La scienza ed il metodo sperimentale sono connaturati fra loro, e non c'è scienza al di fuori del suo metodo. La scienza è lo studio degli eventi misurabili e ripetibili, non la ricerca ontologica degli eventi stessi. Nessuno scienziato pensa di trovare la ragione delle cose nella fisica, ma è altrettanto folle pensare di fare scienza con criteri ideologici o fideistici, qualunque questi siano.

Ed infatti, se volgliamo discuterne, proprio qui sta il punto, richiamato sia da GP II che da B XVI: stiamo parlando di due mondi paralleli, quello della conoscenza scientifica e quello della morale. La tendenza culturale, instauratasi in europa a partire dall'illuminismo, è di rinunciare all'ontologia trascendentale come fondamento della morale umana, a favore di una morale basata sull'empirismo e sull'uomo, ma non emanata da un divino. Questa è una cultura, fra l'altro marcatamente europea. Spacciarla per perdita di cultura, o di radici, è un falso dal punto di vista storico, mentre si può (e si deve) discutere sulla validità di questa tendenza.

Queste sono le cose a cui prima accennavo, che mi provocano tristezza. Il travisamento di una posizione chiara della chiesa, che sostiene con forza la tesi della morale emanata da Dio, spacciando come crisi di cultura ed identità un'altra posizione culturale, profondamente europea e radicata nella nostra cultura, rappresenta, nella migliore delle ipotesi, una presa in giro dell'intelligenza della gente.
Io posso anche essere d'accordo dal punto di vista gnoseologico con la necessità di un'emanazione divina della morale, ma non accetto che si usi un modo così rozzo e truffaldino per discutere con l'antagonista. E sono certo che questo non era l'intenzione dei due papi, troppo colti ed intelligenti per ricorrere a simili mezzucci.



Non so quale Fides et Ratio hai letto tu... quella che ho letto io, l'enciclica scritta da Giovanni Paolo II, contesta proprio quel punto: di dichiarare scienza soltanto ciò che è empirico... poichè le scienze umaniste, filosofia e metafisica in particolare, sono scienze a tutti gli effetti... e il modello scientifico è utile soltanto per le scienze naturale... diviene deleterio se applicato alla ricerca della verità sull'uomo.

Ratio e Intellectus, diceva San Tommaso... la prima riduce a quantità misurabile, calcolabile... il secondo invece vuole inter-legere, leggere dentro... sono necessarie tutte e due le facoltà intellettive... oggi si tende a considerare soltanto l'analisi empirica... che però deve prima ridurre a quantità per poter operare... ma l'uomo non può essere ridotto alla sola quantità...


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Re: Re: Re: Re:

Scritto da: =marco68= 22/10/2006 19.46


Non so quale Fides et Ratio hai letto tu... quella che ho letto io, l'enciclica scritta da Giovanni Paolo II, contesta proprio quel punto: di dichiarare scienza soltanto ciò che è empirico... poichè le scienze umaniste, filosofia e metafisica in particolare, sono scienze a tutti gli effetti... e il modello scientifico è utile soltanto per le scienze naturale... diviene deleterio se applicato alla ricerca della verità sull'uomo.

Ratio e Intellectus, diceva San Tommaso... la prima riduce a quantità misurabile, calcolabile... il secondo invece vuole inter-legere, leggere dentro... sono necessarie tutte e due le facoltà intellettive... oggi si tende a considerare soltanto l'analisi empirica... che però deve prima ridurre a quantità per poter operare... ma l'uomo non può essere ridotto alla sola quantità...



Io ho letto l'enciclica di GP II che evidentemente tu hai interpretato come fa comodo ad una lettura un po' bacchettona. Eppure mi sembra scritta con una chiarezza veramente cristallina, e il povero suntino che ho scritto sopra mi sembra rispettare fedelmente lo spirito della lettera.

Questa foga teocon, francamente, la trovo astorica e anche un poco ingiusta, nei riguardi del livello intellettuale degli estensori (che, mi par di capire, comprendono Ratzinger e Tettamanzi, che in particolare mi pare lo scrittore del prologo, almeno per come conosco io don Dionigi) ed in quello dell'uditorio.

Comunque, secondo me, conviene leggerla. La potete trovare qui

Non voglio commentare la confusione che hai fatto fra scienza, filosofia e rivelazione. Te lo faccio commentare dal paragrafo 30 della lettera:

"30. Può essere utile, ora, fare un rapido cenno a queste diverse forme di verità. Le più numerose sono quelle che poggiano su evidenze immediate o trovano conferma per via di esperimento. E questo l'ordine di verità proprio della vita quotidiana e della ricerca scientifica. A un altro livello si trovano le verità di carattere filosofico, a cui l'uomo giunge mediante la capacità speculativa del suo intelletto. Infine, vi sono le verità religiose, che in qualche misura affondano le loro radici anche nella filosofia. Esse sono contenute nelle risposte che le varie religioni nelle loro tradizioni offrono alle domande ultime.
Quanto alle verità filosofiche, occorre precisare che esse non si limitano alle sole dottrine, talvolta effimere, dei filosofi di professione. Ogni uomo, come già ho detto, è in certo qual modo un filosofo e possiede proprie concezioni filosofiche con le quali orienta la sua vita. In un modo o in un altro, egli si forma una visione globale e una risposta sul senso della propria esistenza: in tale luce egli interpreta la propria vicenda personale e regola il suo comportamento. E qui che dovrebbe porsi la domanda sul rapporto tra le verità filosofico-religiose e la verità rivelata in Gesù Cristo. Prima di rispondere a questo interrogativo è opportuno valutare un ulteriore dato della filosofia."

Ed infine, paragrafo 46, il riferimento alla "morale scientifica" di cui parlavo sopra:
"Nell'ambito della ricerca scientifica si è venuta imponendo una mentalità positivista che non soltanto si è allontanata da ogni riferimento alla visione cristiana del mondo, ma ha anche, e soprattutto, lasciato cadere ogni richiamo alla visione metafisica e morale. La conseguenza di ciò è che certi scienziati, privi di ogni riferimento etico, rischiano di non avere più al centro del loro interesse la persona e la globalità della sua vita. Di più: alcuni di essi, consapevoli delle potenzialità insite nel progresso tecnologico, sembrano cedere, oltre che alla logica del mercato, alla tentazione di un potere demiurgico sulla natura e sullo stesso essere umano.

Come conseguenza della crisi del razionalismo ha preso corpo, infine, il nichilismo. Quale filosofia del nulla, esso riesce ad esercitare un suo fascino sui nostri contemporanei. I suoi seguaci teorizzano la ricerca come fine a se stessa, senza speranza né possibilità alcuna di raggiungere la meta della verità. Nell'interpretazione nichilista, l'esistenza è solo un'opportunità per sensazioni ed esperienze in cui l'effimero ha il primato. Il nichilismo è all'origine di quella diffusa mentalità secondo cui non si deve assumere più nessun impegno definitivo, perché tutto è fugace e provvisorio."


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Esatto! proprio i brani che hai postato indicano il problema dello "scientismo", ovvero quello di ridurre tutto a quantità non considerando la qualità... questo processo, se applicato all'uomo, diventa devastante...

Una verità sull'uomo non più demandata anche alla filosofia e alla metafisica riduce l'uomo alla sola quantità e dunque a mera materia manipolabile...

La Fides et Ratio prosegue ancora mettendo in evidenza la differenza tra verità ontologica e ipotesi scientifica... la seconda è un metodo ottimale solo e soltanto per le scienze naturali e l'osservazione dei fenomeni naturali mentre la prima è necessaria e indispensabile nella ricerca della verità sull'uomo, sul mondo e su Dio.


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P.s. teocon la considero una offesa! quindi ti pregherei di non rivolgermela più... a meno di accettare repliche idonee


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Scritto da: =marco68= 23/10/2006 20.37
Esatto! proprio i brani che hai postato indicano il problema dello "scientismo", ovvero quello di ridurre tutto a quantità non considerando la qualità... questo processo, se applicato all'uomo, diventa devastante...

Una verità sull'uomo non più demandata anche alla filosofia e alla metafisica riduce l'uomo alla sola quantità e dunque a mera materia manipolabile...

La Fides et Ratio prosegue ancora mettendo in evidenza la differenza tra verità ontologica e ipotesi scientifica... la seconda è un metodo ottimale solo e soltanto per le scienze naturali e l'osservazione dei fenomeni naturali mentre la prima è necessaria e indispensabile nella ricerca della verità sull'uomo, sul mondo e su Dio.



La prima affermazione è, a mio parere, fuorviante. Il discorso qualità e quantità è fuori luogo. Lo scientismo non riduce a quantità; tuttalpiù ritene reale ciò che è verificabile (e a dir la verità, in questo contesto, riflette il pensiero di molti filosofi, anche preilluministi, anzi, dell'era classica. Negare quindi una valenza filosofica a questa visione, che peraltro non condivido pienamente, è quindi una forzatura arbitraria che non ha un reale riscontro nella storia della filosofia).

Ritorna però la domanda iniziale mia: ammesso che la fede sia lo strumento attraverso il quale si viene a conoscenza della verità, e visto che la fede è un dono divino, che non arride a tutti, che devono fare gli sventurati che ne sono privi (perché, perdinci, questi esistono! Leggi qualcosa di uno scrittore morto una trentina di anni fa, e colpevolmente dimenticato: Augusto Guerrero. Mai letto nulla di più religioso dei suoi libri, pur essendo uno scrittore ateo)? Rinunciare per sempre alla verità?


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Scritto da: archi-vero 23/10/2006 23.48


La prima affermazione è, a mio parere, fuorviante. Il discorso qualità e quantità è fuori luogo. Lo scientismo non riduce a quantità; tuttalpiù ritene reale ciò che è verificabile (e a dir la verità, in questo contesto, riflette il pensiero di molti filosofi, anche preilluministi, anzi, dell'era classica. Negare quindi una valenza filosofica a questa visione, che peraltro non condivido pienamente, è quindi una forzatura arbitraria che non ha un reale riscontro nella storia della filosofia).

Ritorna però la domanda iniziale mia: ammesso che la fede sia lo strumento attraverso il quale si viene a conoscenza della verità, e visto che la fede è un dono divino, che non arride a tutti, che devono fare gli sventurati che ne sono privi (perché, perdinci, questi esistono! Leggi qualcosa di uno scrittore morto una trentina di anni fa, e colpevolmente dimenticato: Augusto Guerrero. Mai letto nulla di più religioso dei suoi libri, pur essendo uno scrittore ateo)? Rinunciare per sempre alla verità?



Fides et Ratio parla della Fede, ovvio... mettendola in relazione con la ragione poichè Fede e ragione non possono che andare a braccetto... poichè una Fede non sorretta dalla ragione non sarebbe Fede...

Ma ciò che spesso hanno detto Wojtyla e Ratzinger, in accordo con tutta la tradizione cattolica, è che la verità, o almeno una buona parte di verità, è raggiungibile attraverso la filosofia e la metafisica il cui proprio compito è proprio la ricerca della verità.

Una ricerca ontologica... non un rinchiudersi nella prigionia delle ipotesi come gli uomini della caverna di Platone...


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"Misericordia io voglio, e non sacrifici", dice il Signore

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Re: Re: Re:

Scritto da: =marco68= 24/10/2006 8.08


Fides et Ratio parla della Fede, ovvio... mettendola in relazione con la ragione poichè Fede e ragione non possono che andare a braccetto... poichè una Fede non sorretta dalla ragione non sarebbe Fede...

Ma ciò che spesso hanno detto Wojtyla e Ratzinger, in accordo con tutta la tradizione cattolica, è che la verità, o almeno una buona parte di verità, è raggiungibile attraverso la filosofia e la metafisica il cui proprio compito è proprio la ricerca della verità.

Una ricerca ontologica... non un rinchiudersi nella prigionia delle ipotesi come gli uomini della caverna di Platone...



Rileggi con attenzione: il tuo secondo paragrafo è in parziale contrasto con tesi tomista cattolica, e in particolare dalla tesi della Fides et ratio. Quello che si sostiene è che la ragione permette di giungere, per mezzo della filosofia, a parti della verità (ma a questo punto è necessario anche dimostrare che è errata quel filone della filosofia che sostiene che la verità non si possa raggiungere per mezzo della ragione, ma si possa solo determinare la verità attuale, o la mia verità, e questo va fatto con i procedimenti logici e di dialettica, non sostenento tout court che la posizione è inaccettabile e amen), ma che la pienezza è raggiunta solo tramite la rivelazione.
Se fosse possibile raggiungere la verità solo tramite la ragione, la rivelazione sarebbe un sovrappiù, non ti pare?

Non ci crederai, ma Platone trattò di ontologia. E lo fece così tanto, e così bene, che S. Agostino ne fu così ispirato che fondò tutta la sua summa filosofica sulla rivisitazione di Platone in un'ottica cristiana. L'ontologia è una branca della filosofia, letteralmente discorso sulle cose ultime, lo studio dell'arché di tutte le cose.

La tradizione filosofica cristiana, così come la interpreti tu, non è poi così antica: la struttura filosofica, di cui la fides et ratio altro non è che una riaffermazione, risale nella sua forma definitiva a S. Tommaso, quindi nel tredicesimo secolo. Prima di lui, e della scolastica, la struttura della dottrina cristiana era in molti aspetti più sfumata, e più aderente al pensiero di altri pensatori cristiani, in primis S. Agostino. In particolare, proprio il rapporto fra fede e ragione è da ascriversi a S. Tommaso: è una tradizione tardiva, dunque, e assolutamente non verità rivelata, e come tale sottoposta alla stessa dialettica confutatoria propugnata da S. Tommaso stesso, nel solco della logica aristotelica.


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E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa cosi' importante
24/10/2006 11:09
 
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Re: Re:

Scritto da: =marco68= 22/10/2006 8.17


In Chiesa ci puoi entrare... e puoi partecipare attivamente alle attività e alla vita comunitaria... peraltro ci sono pastorali molto delicate per cammini spirituali dedicati a separati,divorziati, divorziati risposati.



Ad oggi nessuna commissione teologica, pur lavorandoci da anni, è riuscita a trovare fondamenti teologici per poter rendere la confessione efficace in tal senso e permettere ai divorziati l'accesso al Sacramento. In mancanza di tale fondamento teologico la Chiesa non può far altro che non consentire tale accesso al Sacramento al fine di proteggere se stessa e gli stessi divorziati dal fare un peccato ancora più grande quale la profanazione e il sacrilegio.



Scusa, ma questa cosa mi dispiace moltissimo.
I ministri di Dio non possono impossessarsi della parola di Cristo.
Hanno il compito di divulgarla, ma non di metterci del loro.
Stai dicendo che per Fata sia molto meglio l'espediente della Sacra Rota (un mercimonio)?
Ma qualcuno ricorda come Cristo si comportò (e biasimò il giudizio dei farisei) con chi, innocente e pentito, peccava?

Quale peccato conpie uno persona che subisce il torto?
Allora la donna stuprata è impura per sempre?

Fata, scusa, ma perché chiedi un giudizio su una cosa così delicata?
Non c'è da offrire agli altri la possibilità di esprimere un giudizio morale su queste cose.
Ciò che devi seguire è la parola di Cristo, e lui ti invita a partecipare al suo mistero.
Il sacerdote è un tramite e non deve permettersi di giudicare.
Ci mancherebbe altro!

[Modificato da All4U 24/10/2006 11.10]

24/10/2006 12:02
 
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Non riesco ad essere "obbiettivo" su queste problematiche; io non mi definisco nè cristiano nè cattolico...ho una mia "spiritualità" (forse fatta ad "usum delphini" ma è la mia...), sento che esiste un "qualcosa" di superiore...che poi si chiami Dio, Allah, Buddah o Manitou sinceramente mi interessa poco, così come poco mi interessa la chiesa.

Ciò che non accetto è che "qualcuno" mi dica che sono in crisi di identità o culturale...io FORSE non sono come LORO vorrebbero che io sia...ma per me la MIA identità è ben chiara, così come ben chiara è la MIA cultura (poca o molta che sia...ed intesa ovviamente in senso lato...)

Accetto invece tranquillamente di essere "scomunicato" per le leggi della chiesa, sono divorziato...e la prima volta che mi sposai l'ho fatto in chiesa (senza alcuna convinzione già da allora ma...è stato per far contenti moglie e parentado...), quindi avendo contravvenuto ad una "legge" dell'istituzione presso la quale mi sono sposato è giusto che ne paghi le conseguenze (ammesso e non concesso che per me andare in chiesa e prendere i sacramenti sia una cosa importante).

Però...già...però qualcuno mi spiega perchè la mia compagna CHE NON E' MAI STATA SPOSATA, per il semplice fatto di convivere con me NON può ricevere il sacramento della comunione? Insomma...ma siamo seri...oggi si contravviene a ben altre regole...un criminale incallito può confessarsi e far la comunione...sento blaterare di "perdono" a gente che non merita nemmeno di vivere...ed una donna che non ha mai fatto male a nessuno SOLO perchè convive con un reietto-divorziato si deve sentire una specie di grand peccatrice??? Ma sapete cosa le ha detto un prete con cui ha parlato "se tu vivessi col tuo uomo in totale castità e facessi vero atto di contrizione forse potresti accedere ai sacramenti"...MA PER PIACEEEEEEEEEEEEEEERE...questa è ipocrisia bella e buona....

Perdonatemi se ho "offeso" qualcuno ma questo è ciò che penso...



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Non intendo vivere da MALATO per poter morire SANO...
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Re: Re: Re: Re:

Scritto da: archi-vero 24/10/2006 10.43


Rileggi con attenzione: il tuo secondo paragrafo è in parziale contrasto con tesi tomista cattolica, e in particolare dalla tesi della Fides et ratio. Quello che si sostiene è che la ragione permette di giungere, per mezzo della filosofia, a parti della verità (ma a questo punto è necessario anche dimostrare che è errata quel filone della filosofia che sostiene che la verità non si possa raggiungere per mezzo della ragione, ma si possa solo determinare la verità attuale, o la mia verità, e questo va fatto con i procedimenti logici e di dialettica, non sostenento tout court che la posizione è inaccettabile e amen), ma che la pienezza è raggiunta solo tramite la rivelazione.
Se fosse possibile raggiungere la verità solo tramite la ragione, la rivelazione sarebbe un sovrappiù, non ti pare?

Non ci crederai, ma Platone trattò di ontologia. E lo fece così tanto, e così bene, che S. Agostino ne fu così ispirato che fondò tutta la sua summa filosofica sulla rivisitazione di Platone in un'ottica cristiana. L'ontologia è una branca della filosofia, letteralmente discorso sulle cose ultime, lo studio dell'arché di tutte le cose.

La tradizione filosofica cristiana, così come la interpreti tu, non è poi così antica: la struttura filosofica, di cui la fides et ratio altro non è che una riaffermazione, risale nella sua forma definitiva a S. Tommaso, quindi nel tredicesimo secolo. Prima di lui, e della scolastica, la struttura della dottrina cristiana era in molti aspetti più sfumata, e più aderente al pensiero di altri pensatori cristiani, in primis S. Agostino. In particolare, proprio il rapporto fra fede e ragione è da ascriversi a S. Tommaso: è una tradizione tardiva, dunque, e assolutamente non verità rivelata, e come tale sottoposta alla stessa dialettica confutatoria propugnata da S. Tommaso stesso, nel solco della logica aristotelica.



Non concordo con te... il rapporto tra fede e ragione è già evidente nel Vangelo ma pure nell'etica biblica veterotestamentaria. Viene poi ribadita da San Paolo e analizzata da Sant'Agostino... San Tommaso va oltre definendo che la ragione da sola può giungere alla certezza di Dio!

Tesi che mi trova perfettamente concorde! la Rivelazione svela il volto di Dio, non la Sua esistenza di cui l'uomo può giungere a conoscenza con la sola ragione.

Certo che Platone trattò di ontologia... sennò perchè ti avrei citato il suo "uomini della caverna"?
La rivisitazione di Platone, Aristotele e tutta la filosofia classica rientra nella tradizione cattolica che TUTTO è interpretato come avvento di Cristo... e dunque il pensiero umano non è mai da disprezzare ma da ascoltare attentamente e trattenere ciò che vi è di buono, come consigliava San Paolo...

Una piccola correzione al tuo post: ontologia NON è lo studio delle ultime cose... quella è l'escatologia! ontologia è lo sguardo sulla verità tutta intera, sull'interezza... una prospettiva ontologica significa una visuale non riduzionista, non relativista, ma che ricerca l'interezza!


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Re: Re: Re:

Scritto da: All4U 24/10/2006 11.09

Scusa, ma questa cosa mi dispiace moltissimo.
I ministri di Dio non possono impossessarsi della parola di Cristo.
Hanno il compito di divulgarla, ma non di metterci del loro.
Stai dicendo che per Fata sia molto meglio l'espediente della Sacra Rota (un mercimonio)?
Ma qualcuno ricorda come Cristo si comportò (e biasimò il giudizio dei farisei) con chi, innocente e pentito, peccava?

Quale peccato conpie uno persona che subisce il torto?
Allora la donna stuprata è impura per sempre?

Fata, scusa, ma perché chiedi un giudizio su una cosa così delicata?
Non c'è da offrire agli altri la possibilità di esprimere un giudizio morale su queste cose.
Ciò che devi seguire è la parola di Cristo, e lui ti invita a partecipare al suo mistero.
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Ci mancherebbe altro!

[Modificato da All4U 24/10/2006 11.10]




1. il sacerdote è un tramite che deve eseguire la Volontà di Cristo
2. la Sacra Rota NON è un espediente... se qualcuno lo usa come tale commette sacrilegio e saranno cavoli molto amari quando ne dovranno rispondere
3. Cristo perdona sempre ma dice "và, e non peccare più"... e questo è il motivo per il quale ancora non si riesce a trovare un fondamento teologico per rimettere i peccati con la confessione ai divorziati risposati poichè l'adulterio continua ad essere in atto.
4. Una persona che ha subito il divorzio, se non si risposa, NON è escluso dall'Eucaristia.

Se per un attimo la smettiamo di pensare secondo la logica sindacale, dei presunti diritti, secondo la logica umana e cerchiamo di ragionare secondo la logica di Dio che emerge dal Vangelo e dalla Bibbia, quella dei doveri, ci accorgiamo subito che certe critiche alla chiesa cattolica sono sconclusionate e rasentano l'assurdo.


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Re:

Scritto da: erresse1 24/10/2006 12.02

Però...già...però qualcuno mi spiega perchè la mia compagna CHE NON E' MAI STATA SPOSATA, per il semplice fatto di convivere con me NON può ricevere il sacramento della comunione? Insomma...ma siamo seri...oggi si contravviene a ben altre regole...un criminale incallito può confessarsi e far la comunione...sento blaterare di "perdono" a gente che non merita nemmeno di vivere...ed una donna che non ha mai fatto male a nessuno SOLO perchè convive con un reietto-divorziato si deve sentire una specie di grand peccatrice??? Ma sapete cosa le ha detto un prete con cui ha parlato "se tu vivessi col tuo uomo in totale castità e facessi vero atto di contrizione forse potresti accedere ai sacramenti"...MA PER PIACEEEEEEEEEEEEEEERE...questa è ipocrisia bella e buona....

Perdonatemi se ho "offeso" qualcuno ma questo è ciò che penso...




Vedi che quello che giudica sei tu?

Chiunque sia pentito sinceramente viene perdonato dei suoi peccati se si impegna a non peccare più... eventuali ricadute sonoi di nuovo perdonate perchè accompagnate dal pentimento e dall'impegno a non peccare più...

Una persona che convive, o si sposa, o semplicemente ha rapporti intimi, con altra persona sposata (per la Chiesa il divorzio è un atto inesistente) commette adulterio... l'adulterio, come tutti i peccati, è perdonabile... ma non può esserlo, come per tutti gli altri peccati, se non c'è la volontà e l'impegno a non commetterlo più.


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