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Serie A 2010/2011 Cronache, Risultati, Classifica

Ultimo Aggiornamento: 26/05/2011 13:53
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06/02/2011 20:36
 
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Cesar risponde a Hernanes
E la Lazio rallenta ancora

All'Olimpico finisce 1-1 tra i biancocelesti e il Chievo: a Reja non basta la prodezza del brasiliano su punizione. I veronesi si confermano squadra solida e difficile da affrontare

ROMA, 6 febbraio 2011 - "Ci difendiamo bene, ma davanti creiamo poco". Lo aveva detto Edy Reja dopo lo 0-0 a S. Siro col Milan. E l'incisività offensiva manca anche nell'1-1 interno col Chievo, che rappresenta un'occasione persa. Terza in attesa del posticipo Inter-Roma, la Lazio non sfrutta il gioiello di Hernanes e si fa rimontare da un Chievo giunto al sesto risultato utile consecutivo. Difficile parlare di Champions. Ci sentiamo di condividere le parole di Reja, che realisticamente ha parlato di Europa League.

CHI CAMBIA.. — Pioli, reduce da un turno infrasettimanale nel quale ha cancellato il Napoli dal campo, cambia qualcosa. In difesa Frey affianca Cesar in mezzo: Mandelli e Andreolli non stanno benissimo. Guana fa rifiatare Rigoni a centrocampo. Ma la vera sorpresa è Jokic, molto spesso quinto quinto di difesa.

E CHI NO... — Nessuno stravolgimento per Reja, che concede un turno di riposo al Mauri un po' calante di questa fase per fare spazio a Bresciano. Torna Zarate dopo il parapiglia di Bologna, accanto al discusso Kozak, centravanti che qualcuno sta cercando di etichettare come picchiatore ma che si conferma elemento molto interessante soprattutto in prospettiva.

PRIMO NON PRENDERLE — Il Chievo non sta facendo la bella stagione di cui è protagonista per caso. I ragazzi di Pioli, che hanno qualche problema quando devono fare la partita, si difendono davvero bene. Concedono pochissimo. Sono corti. Raddoppiano. E quando possono ripartono con Pellissier. E la Lazio fatica nella prima parte. Gli spazi sono pochini. Hernanes e Zarate sono marcati bene: soprattutto l'argentino non ha mai campo per partire con le sue progressioni. L'unico pericoloso è Kozak, che fa a sportellate e si fa sentire. Nelle due occasioni in cui il ceco si rende insidioso sono Nicolas Frey e Sorrentino a evitare guai peggiori.

LAMPO — E ci vuole un gran colpo di Hernanes, proprio in chiusura di primo tempo, a sbloccare la partita. La punizione di destro del brasiliano è perfetta, anche se Sorrentino nella circostanza non ci convince del tutto, facendosi sorprendere sul suo palo. Gol comunque meritato dai biancocelesti, più continui nel fare la partita.

SCOSSA CHIEVO — Pioli riparte con Thereau per Moscardelli e due brividi, provocati da Fernandes e Sardo. I veronesi capiscono che questa Lazio dietro può essere battuta. Il pari arriva su palla inattiva. Dias si fa beffare da Cesar sul secondo palo sul corner di Bogliacino. Rivedibile l'atteggiamento di tutta la retroguardia nelle marcature. Anche se resta il dubbio su un possibile fallo di Jokic su Matuzalem non fischiato, da cui nascono azione e corner dell'1-1.

POCA INCISIVITA' — E qui vengono fuori i limiti della Lazio. Reja ci prova con Sculli e Mauri per Hernanes e Zarate, ma le difficoltà contro le squadre che si chiudono bene restano. Sorrentino non deve compiere nessuna parata. La Lazio ha spirito e voglia di fare, ma non altrettanta lucidità. E contro squadre che regalano poco è difficile fare la differenza.

Jacopo Gerna

Fonte: gazzetta
06/02/2011 20:55
 
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Pato e Ibra non bastano
Il Genoa ferma il Milan

I rossoneri pareggiano 1-1 a Marassi. I gol nel primo tempo: al brasiliano, assist dello svedese, risponde nel recupero Floro Flores. Ora il Napoli è a 3 punti

GENOVA, 6 febbraio 2011 - Incalza il fiato alle spalle. E' nitido e forte. Il Milan lo avverte con una certa inquietudine dopo il secondo pareggio consecutivo. Questa volta a Marassi con il Genoa. Non basta Pato su assist di Ibra; Floro Flores agguanta i rossoneri che nella ripresa non riescono più a trovare il guizzo vincente. L'1-1 erode il vantaggio sul Napoli che ora insegue a meno 3 e fa venire l'acquolina in bocca a Inter e Roma.

DESTRO E PATO — Il riscatto, quello che fa bene alla testa e alla classifica, può partire dalla sfida ai rossoneri. Davide Ballardini conferma dieci undicesimi della formazione, con una variante in attacco: accanto a Floro Flores c'è Destro, preferito a Palacio - ma per poco - ancora lontano dal suo cento per cento. Abbottonata dal centrocampo alla difesa in un tradizionale 4-4-2, la squadra rossoblù confida sulla velocità degli esterni e il pressing sui portatori di palla rossoneri. E poiché il Milan non vuole farsi mancare nulla ecco saltare anche Antonini. Problemi agli adduttori; lo sostituisce Bonera, mentre Oddo va a destra. Ma Massimiliano Allegri, oltre a recuperare Van Bommel squalificato con la Lazio, ritrova Gattuso, che piazza a destra nel rombo di centrocampo, e Seedorf che si accomoda in panchina con Cassano, perché il tecnico alla fine si affida ancora a Pato, nonostante la sconcertante esibizione contro la Lazio.


PATO E FLORO FLORES — Il Milan, Ballardini docet, lo fermi solo con un pressing feroce. Il Genoa si adegua e aggredisce con convinzione. Alti e aggressivi i rossoblù affondano, ma senza mai colpire al cuore. La squadra di Allegri dal canto suo non riesce a dare brio alla sua manovra, andando a sbattere contro il muro del centrocampo genoano. Di rimessa prova al 9' con Robinho che sbaglia il primo gol della giornata, alzando oltre la traversa. Al 16' Destro lascia per problemi fisici a Palacio che riesce a regalare più spinta al contropiede dei padroni di casa. Il Milan ribatte con grande organizzazione difensiva, ma ci vuole un buon quarto d'ora prima che i rossoneri riescano a trovare il giusto equilibrio in mezzo, grazie anche all'arretramento di Pato e Robinho che vanno a fare pressing. Idea che porta buoni frutti: il Milan riesce a nascondere il pallone, alternando al possesso una serie di azioni spettacolari. Come il gol di Pato al 29', frutto di un'invenzione di Ibra che dal lato destro dell'area piccola supera Dainelli e mette davanti a Eduardo per il Papero, il cui piatto destro è imparabile. Potrebbe anche arrivare il raddoppio se il brasiliano, invece di lanciare a sinistra lo svedese, non decidesse di servire centralmente Robinho fermato in fuorigioco. Yepes e compagni gestiscono con ordine la manovra difensiva, ma al 46' subiscono il gol di Floro Flores, che sfrutta in area un fortunoso rimpallo tra Kucka e Van Bommel: facilissimo infilare alla destra di Abbiati.


CASSANO NON BASTA — Con gli stessi volti all'inizio della ripresa, la sfida inzia con la grande uscita di Eduardo sui piedi di Flamini e il salvataggio di Marco Rossi che in scivolata evita a Robinho di centrare la porta. Il Genoa però non si lascia intimorire e risponde per le rime, sfruttando la forza penetrativa di Palacio e Criscito. Il Milan difetta sulla corsia di Flamini, impegnato a raddoppiare e placare le sortite di Mesto. Ibra spesso fa reparto da solo, ma non riesce a scrollarsi di dosso la marcatura a uomo. Così Allegri, consapevole del ritorno del Genoa, chiede a Cassano di dare una scossa alla squadra, preferendolo a Robinho. Il pressing è feroce. Al 25' Pato di testa serve sul palo oppsoto Ibra che si contorce e riesce a ribadire sul primo palo, ma Eduardo devia in angolo con un balzo impeccabile.

LA FORZA GLI EX — Ballardini toglie Floro Flores per l'ex Paloschi in uno dei momenti migliori dei rossoblù. Allegri risponde con Emanuelson, confidando in un spinta migliore laddove Flamini non ha brillato. Ma il Genoa ha sette vite; tecnicamente è inferiore ed è con l'orgoglio a mettere sotto il Milan nelle veloci ripartenze dove Kucka esibisce doti inaspettate. Non incidono, invece, Cassano ed Emanuelson, ingabbiati e probabilmente con poca benzina nelle gambe. Servirebbe ben altro carburante per trovare il gol: il Genoa si chiude bene (l'altro ex Kaladze e Dainelli su tutti) e trova anche spazio per il contropiede con il pressing di Paloschi. Inutile l'ultimo tentativo di Cassano che si allunga la palla sul fischio di Mazzoleni. Il Napoli è più vicino.

Gaetano De Stefano

Fonte: gazzetta
06/02/2011 21:02
 
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Amauri si rilancia a Parma
Fiorentina, pari in rimonta

Grande gara dell'italobrasiliano, ben ispirato da Giovinco, che torna al gol dopo quasi un anno e colpisce una traversa. A inizio ripresa i viola trovano l'1-1 con un rigore di D'Agostino, Mutu in campo nel finale. Dieci ammoniti

PARMA, 6 febbraio 2011 - Dopo 4 sconfitte nelle ultime 5 gare il Parma impatta 1-1 al Tardini contro la Fiorentina. In vantaggio con Amauri (assist di Giovinco, per una fattura tutta ex bianconera del gol) al 15' del p.t., il Parma subisce la rimonta viola: a segno D'Agostino su rigore al 4' della ripresa. I viola devono così rimandare l'appuntamento con la vittoria esterna, che manca ormai da 18 trasferte.

APRE AMAURI — Marino preferisce Palladino ad Angelo per affiancare gli altri due ex juventini d'attacco, Amauri-Giovinco; Mihajlovic promuove fra i titolari Comotto e Cerci (De Silvestri e Montolivo in panca), portandosi fra i 18 anche Babacar e Kroldrup, ma soprattutto Mutu, al rientro fra i convocati a distanza di quasi due mesi. Dopo un avvio promettente dei viola, il Parma passa al primo affondo: al 15' è Amauri a portare in vantaggio il Parma, tornando al gol dopo quasi un anno. E che gol: Giovinco mette in mezzo, l'italo-brasiliano si avvita in una rovesciata acrobatica e di destro manda alle spalle di Boruc. L'eccesso di esultanza induce Gava ad ammonirlo. La Fiorentina accusa il colpo, perde verve e convinzione, il Parma gioca con semplicità e grande concretezza. Tanto che potrebbe raddoppiare al 32', con un'azione-fotocopia firmata sempre dalla coppia ex juventina. Assist di Giovinco, rovesciata di Amauri ma stavolta Boruc para. I viola si incaponiscono nell'accentrare l'azione, Marchionni, Santana e Cerci non riescono a mettere le ali alla squadra, che di fatto non tenta nemmeno di sfruttare le fasce. L'unico ad arrivare al cross dal fondo è, in un'occasione, Comotto: il suo retropassaggio per Behrami (il cui tiro non "buca" il muro gialloblù) resta l'assist potenzialmente più pericoloso della prima frazione. Ma è poca cosa per una squadra che deve recuperare uno svantaggio. E invece la Fiorentina gioca lenta e leziosa, senza riuscire mai ad impensierire un Parma essenziale, cinico e pragmatico.


RISPONDE D'AGOSTINO — La ripresa si apre con il botto: dopo 3' Gobbi trattiene Camporese in area, Gava assegna la massima punizione. D'Agostino di sinistro spiazza Mirante: dopo 4' le squadre sono sull'1-1. Comincia qui una gara del tutto diversa rispetto al primo tempo e che durerà fino alla mezz'ora: la Fiorentina torna focosamente in sella, il Parma rallenta e inaugura una fase di dignitosa sofferenza. Tanti i falli, altrettante le interruzioni di gioco, ma le punizioni mai si trasformano in occasioni da gol. Fioccano anche le ammonizioni (alla fine saranno dieci), il (bel) gioco è un lontano ricordo. Le azioni offensive rallentano per ritmo e per numero, le palle gol spariscono dal copione del match. Marino gioca anche la carta-Crespo (sua l'occasione più ghiotta dei primi 30', quando lanciato da Giovinco sbaglia di pochissimo la mira in un'azione di contropiede, insieme a un contropiede di Amauri fermato da un ottimo Boruc). Poi, alla mezz'ora, Mutu si è già sfilato la tuta ed è pronto al rientro in campo, ma Comotto chiede il cambio, e al suo posto viene scelto De Silvestri. Il turno del romeno arriva poco più tardi: al 34' sostituisce uno stremato Behrami e subito chiama Mirante al mezzo miracolo con un destro angolato. E' il segnale che cambia il volto del match: la gara si infiamma, l'ultimo quarto d'ora è una raffica di occasioni, con Santana e Giovinco vicinissimi al gol e Amauri che colpisce la traversa con un colpo di testa. E invece finisce 1-1, un risultato che a ben vedere non serve a nessuna delle due.

Livia Taglioli

Fonte: gazzetta
06/02/2011 21:07
 
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Iachini-bis e il Brescia va
Bari sempre più a fondo

La squadra lombarda batte gli uomini di Ventura 2-0 con i gol di Diamanti su rigore e Caracciolo. Al 93', prima del raddoppio, Arcari salva i suoi parando a Kutuzov il tiro del possibile 1-1

BRESCIA, 6 febbraio 2011 - Lo Iachini-bis funziona. Dopo aver pareggiato all'Olimpico contro la Roma, il Brescia guidato dall'allenatore esonerato a inizio dicembre e richiamato due settimane fa batte 2-0 il Bari in un delicatissimo scontro salvezza e sale al terzultimo posto, a -1 dalla zona salvezza. La partita, bruttina, è decisa da un rigore di Diamanti e da una rete nel finale di Caracciolo in contropiede. Un risultato che punisce oltre misura un Bari che, come al solito, è generoso e ci mette un cuore grande così, ma non tira mai in porta. La generosità non basta più: dopo l'ennesima sconfitta, la sesta consecutiva (sette se si conta anche la Coppa Italia) la squadra di Ventura è sempre a -9 dalla zona salvezza. Tantissimi punti, forse troppi.

TRIDENTE BARI — Iachini recupera Konè dopo la squalifica e lo piazza sul centro-destra della folta mediana a cinque, completata da Zambelli e Berardi sulle fasce, Hetemaj sul centro-sinistra e Zanetti in regia. In difesa, davanti ad Arcari, ci sono Zebina, Bega e Zoboli. Davanti non c'è Caracciolo, tenuto in panchina perchè non ha ancora recuperato dall'infortunio; spazio a Eder supportato alle spalle da Diamanti. Senza lo squalificato trequartista Bentivoglio, Ventura lancia dall'inizio il nazionale norvegese Huseklepp, schierato in un inedito tridente con Castillo e Rudolf. Davanti a Gillet confermata la difesa a quattro con Andrea Masiello, Glik, Rossi e Parisi; in mezzo Donati, Almiron e Gazzi.


DIAMANTI NON FALLISCE — Brescia e Bari sono ultima e penultima. E in campo si vede. La qualità non è molta, le due squadre faticano in fase di impostazione e allora si ricorre al lancio lungo a cercare le punte o alla conclusione dalla distanza. In un contesto simile serve un episodio per sbloccare la situazione. E l'episodio arriva al 17': Konè entra in area dalla destra, tenta lo slalom fra i centrali del Bari e viene ingenuamente messo giù da dietro da Gazzi. Ineccepibile il rigore: dal dischetto Diamanti batte Gillet, che intuisce la traiettoria ma non arriva nell'angolino basso alla sua sinistra. Sotto di un gol e ultimo in classifica, il Bari non ha davvero più nulla da perdere e dovrebbe buttarsi avanti con tutta la foga possibile eppure la manovra della squadra di Ventura è drammaticamente lenta. L'occasione più ghiotta per gli ospiti arriva al 32': Almiron mette un bel pallone in area per Castillo, che tutto solo sbuccia la conclusione con il pallone che si perde sul fondo. Due minuti dopo sempre Castillo, imbeccato da un corner di Parisi, colpisce di testa nell'area piccola ma non riesce a deviare verso la porta. Il finale di primo tempo vede il Bari in crescita, non abbastanza per arrivare al pareggio.


L'ASSALTO DEL BARI — Dopo l'intervallo si riparte con una novità nel Brescia: Cristiano Zanetti non ha ancora i 90 minuti nelle gambe e allora resta negli spogliatoi, al suo posto dentro Antonio Filippini, prossimo alla pubblicazione del suo primo album da musicista come leader del gruppo "Antonio Filippini & the Stalkers". Ventura risponde con Alvarez per Huseklepp, autore di una prova negativa. Il Bari prova ad alzare il ritmo, però le occasioni sono tutte per il Brescia: al 6' gran sinistro da fuori area di Diamanti con il pallone che sfiora l'incrocio dei pali alla sinistra di Gillet. Due minuti dopo ci prova Eder, il portiere ospite blocca senza problemi. Il Bari guadagna metri di campo: al 20' un destro di Donati da fuori area finisce sul fondo alla destra di Arcari. Pochi minuti dopo lo stesso Donati imbecca Alvarez con un bel lancio in profondità, ma il rapido esterno da ottima posizione sbaglia tutto e calcia debolmente in diagonale: tutto facile per Arcari. I pugliesi crescono, si piazzano stabilmente nella metà campo del Brescia, ma faticano dannatamente ad arrivare al tiro o anche ad andare sul fondo per un cross. E allora piovono i traversoni dalla trequarti che sono facile preda di Bega e compagni. Ventura tenta l'ultima carta: dentro Kutuzov e fuori Castillo. E proprio sui piedi del bielorusso arriva, al 48', la più grande occasione per arrivare al pareggio: l'attaccante dopo un rimpallo si ritrova il pallone fra i piede davanti ad Arcari, che con un guizzo sventa la conclusione del barese. Sulla parata nasce un rapido ribaltamento di fronte con Caracciolo che, tutto solo davanti a Gillet, interrompe il suo lungo digiuno e mette dentro il gol del 2-0. In un amen, si passa dal possibile 1-1 al 2-0 per il Brescia. L'ennesimo segnale che le cose, a Bari, girano davvero male.

Omar Carelli

Fonte: gazzetta
07/02/2011 00:50
 
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Vincono l'Inter e lo spettacolo
Appassionante 5-3 alla Roma

Primo tempo giocato a tutta da entrambe le squadre: in gol Sneijder, Simplicio ed Eto'o. Nella ripresa l'espulsione di Burdisso - con rigore procurato da Pazzini - e ancora in gol il camerunese. Poi arrotonda Thiago Motta e sembra fatta, ma l'orgoglio riporta sotto i giallorossi con Vucinic e Loria. Chiude la partita Cambiasso

MILANO, 6 febbraio 2011 - Quando al 38’ del primo tempo il pubblico di San Siro si esibisce in una inconsueta pañolada si può discutere del merito (il fallo di Kharja pare esserci), ma non della scelta stilistica. I fazzoletti bianchi con cui si contesta l’arbitro in Spagna sono adatti a una partita giocata in "stile Liga". E Liga di alta classifica. Inter e Roma si affrontano senza tatticismi, pensando poco alla fase difensiva, regalando giocate da applausi (su tutte una "ruleta" di Maicon per uscire dalla difesa) e impegnando parecchio i portieri. Alla lunga, sfonda l’Inter, che chiude 5-3 e continua la sua cavalcata (7 vittorie e 1 k.o. in campionato da quando c’è Leonardo). E non è un caso che a indirizzare la partita pensi ancora Samuel Eto’o (26 gol stagionali, 14 in A), uno che col Barcellona, espressione massima di quel tipo di calcio, ci ha giocato eccome.

IL MILAN E’ VICINO — La Liga, comunque, è molto meno equilibrata di questo campionato, in cui l’Inter si riporta a -5 dal Milan, pregustando un -2 in caso di vittoria nel recupero con la Fiorentina. Insomma, l’abisso è un ricordo, i campioni in carica si sono riportati lì. La squadra segna 5 gol e ne potrebbe fare altrettanti in più: ha ritrovato fiducia e la forma di uomini chiave. A San Siro, poi, attaccare viene facile: lo sanno anche in Giappone, adesso, visto che Nagatomo appena entrato rischia di piazzare un cross assist. Meno bene la tenuta difensiva: va bene fare gli spagnoli, ma... Il 5-3 finale, comunque, testimonia anche gli sforzi della Roma, che tiene botta, in dieci per il rosso a Burdisso, fino alla fine.


PIOGGIA DI GOL — Sneijder è tornato il vero Sneijder: lo aveva fatto capire in 45’ a Bari, lo conferma dopo 3’: apre per Maicon, riceve il passaggio di ritorno al limite dell’area, si inventa un sinistro che finisce all’incrocio dei pali lontano. Non finirà lì, l’olandese si costruirà altre tre-quattro occasioni con tiri da fuori. L’Inter attacca e rischia, tanto che la Roma, al 13’ rimette in piedi la partita: Vucinic apre per la discesa di Cassetti, cross sul secondo palo dove Maicon non copre su Simplicio, che in scivolata fa 1-1. Ci vuole Eto’o, e una mezza papera di Julio Sergio per riportare i nerazzurri sul 2-1: il camerunese è lanciato in contropiede sulla sinistra, converge e piazza un piatto sinistro non irresistibile. Ma tanto basta. La ripresa è una pioggia di gol: il rigore di Eto’o (fallo di Burdisso su Pazzini lanciato a rete), la testa di Thiago Motta su angolo (sponda di Cambiasso), la deviazione vincente di Vucinic sulla punizione di De Rossi, la testa del neoentrato Loria su corner (più che dubbio), il definitivo piatto di Cambiasso da distanza ravvicinata.

INTER, ROMBO PROMOSSO — Non ci sono dubbi: oggi come oggi, è questo l’assetto migliore per l’Inter. Il centrocampo a rombo apre le corsie per le discese di Maicon (e per quelle di Zanetti), e con Sneijder le soluzioni sono decisamente superiori in attacco. Quando la squadra di Leonardo va in crisi di idee, poi, c’è sempre il vecchio schema "palla a Eto’o". Ci pensa lui. La coperta è appena un po’ corta in fase difensiva: Leo prova a coprire le fasce con Cambiasso e Kharja, più mobili di Thiago Motta, ma il brasiliano così finisce per fare lo schermo davanti alla difesa, pagando un po’ la differenza di passo con gli avversari. Sui calci da fermo, poi, qualcosa è da rivedere.


LA ROMA CI PROVA — Ci vuole comunque un Julio Cesar strepitoso nel primo tempo per limitare la Roma, che risponde colpo su colpo, sfruttando gli spazi: Vucinic e Menez si scambiano la posizione, Simplicio arriva più volte al tiro. Al 15’ Menez, Borriello e ancora Menez chiamano Julio Cesar a una tripla parata, poi i gol arrivano anche in dieci. I problemi piuttosto sono in difesa, dove si concede troppo spazio a Maicon: i centrali reggono ma De Rossi non è il capitan Futuro che sradicava palloni e ripartiva. Julio Sergio, poi, dà poche sicurezze, anche se evita almeno altri tre gol. Paradossi di una partita in cui tutti vanno all’attacco.

Valerio Clari

Fonte: gazzetta
08/02/2011 22:17
 
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SERIE A 2010/2011 24ª Giornata (5ª Ritorno)

Anticipo del 05/02/2011
Udinese - Sampdoria 2-0
Cagliari - Juventus 1-3
Incontri del 02/02/2011
Bologna - Catania 1-0
Brescia - Bari 2-0
Genoa - Milan 1-1
Lazio - Chievo 1-1
Lecce - Palermo 2-4
Napoli - Cesena 2-0
Parma - Fiorentina 1-1
Posticipo del 06/02/2011
Inter - Roma 5-3

Classifica
1) Milan punti 49;
2) Napoli punti 46;
3) Inter(*) punti 44;
4) Lazio punti 42;
5) Palermo e Udinese punti 40;
7) Roma(*) punti 39;
8) Juventus punti 38;
9) Cagliari punti 32;
10) Chievo punti 31;
11) Bologna(-3)(*) e Fiorentina(*) punti 29;
13) Genoa(*) punti 28;
14) Sampdoria(*) punti 27;
15) Parma punti 26;
16) Lecce punti 24;
17) Catania punti 23;
18) Brescia punti 22;
19) Cesena punti 21;
20) Bari punti 14.

(-3) punti di penalità
(*) una partita in meno

Fiorentina-Inter sarà recuperata il 16 Febbraio 2011
Sampdoria-Genoa sarà recuperata in data da definire
Bologna - Roma sospesa al 16' del p.t. sul risultato di 0-0, sarà recuperata il 23 Febbraio 2011
12/02/2011 21:40
 
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Cassano segna e illumina
Ciclone Milan sul Parma

Prova spettacolare dei rossoneri che vincono 4-0 con due gol per tempo. Nel primo a rete Seedorf e FantAntonio; nella ripresa due volte Robinho, subentrato all'olandese, con due assist del barese

MILANO, 12 febbraio 2011 - Il Milan travolge il Parma e per un altro week-end può godersi la vista migliore sul campionato. Travolgenti i rossoneri: vincono 4-0 ed esaltano tutta la loro qualità grazie agli uomini di maggior classe. A cominciare da Antonio Cassano che per la prima volta segna da rossonero (e che gol!) e inventa i due assist per Robinho che si regala una doppietta nella ripresa. Ad aprire le danze è però Seedorf che mette la palla in rete dopo solo otto minuti grazie al Mago Ibra. Successo che non fa una grinza dopo due pareggi consecutivi, dettati dalle numerose assenze e dalla stanchezza.


VECCHIA GUARDIA — Ma avanti così. Anche se cadono uno a uno, perché se Allegri perde di nuovo Andrea Pirlo (decisivo nella gara di andata), si consola con il ritorno di Nesta al centro della difesa. Di questi tempi, un'autentica manna. Allegri lo affianca a Thiago Silva, rinunciando con un po' di dispiacere all'ottimo Yepes, soprattutto perché il brasiliano anche da centrocampista sa regalare spettacolo e classe. Ma davanti alla difesa tocca ancora a Van Bommel, con Gattuso a destra e Merkel preferito a Flamini. La novità è però davanti, all'insegna della vecchia guardia. C'è infatti Seedorf, e non Robinho, alle spalle di Ibra e Cassano nella logica del turnover. Martedì, infatti, c'è il Tottenham di Champions. Pato diventa così utile a rispondere per le rime a Bale e company. In casa gialloblù, Marino se la gioca senza limiti. La storia è nota: una gara in difesa potrebbe scatenare una mattanza. Così il tecnico del Parma schiera lo stesso modulo del Milan, il 4-3-1-2, con (reparto di tutto rispetto) Giovinco trequartista alle spalle di Crespo e Amauri.


ECCO CASSANO — Ma basta pochissimo per immaginare lo scenario di San Siro. Non tanto per il potente destro di Seedorf deviato in angolo da Mirante dopo soli 25 secondi, nemmeno per l'atteggiamento offensivo dei rossoneri che ostentano una classe smisurata. A colpire è infatti la compattezza della squadra che ribatte il pressing dei gialloblù e costruisce il suo vantaggio con una manovra avvolgente. Merito dei suoi solisti che si ritrovano a occhi chiusi. Merito dei senatori che non ne vogliono sapere di mollare. Come nel caso del gol di Seedorf all'8'. L'idea è di Ibra che serve una palla illuminante in mezzo all'area, su cui si avventa come un rapace l'olandese. Mirante si getta sui suoi piedi, tocca la sfera, ma l'orange riesce e recuperare e correggere in rete da posizione defilata. Ma il capolavoro è del 17'. Cassano scambia al limite con Gattuso che restituisce al volo in area con un tocco di esterno sinistro. Splendido l'interno destro sempre di prima del barese che mette sul secondo palo. Vera poesia. Che fa sorridere anche Allegri. Il Parma prova a spingere, ma la squadra di Marino si arena negli ultimi venti metri, dove Van Bommel prima, Nesta e Thiago Silva poi, sono muri invalicabili. Manovra da cui il Milan riprende slancio per andare a sfiorare ripetutamente il 3-0. Con Merkel, che manca clamorosamente la palla davanti a Mirante, con Cassano e Ibra. Insomma un Milan straripante, veloce e ordinato come piace ad Allegri.


ROBINHO UNO E DUE — Tema rispettato anche all'inizio della ripresa, anche se i rossoneri rallentano i ritmi. Il Parma cerca di approfittarne con Giovinco in prima fila. Il trequartista fa cose belle; cerca il dialogo con i compagni e quando le risposte mancano ci pensa da sé. Difficile però trovare spazio nell'organizzata difesa rossonera. Impressionano il destro potente di Dzemaili al 15' scacciato in angolo da Abbiati e la volontà degli emiliani di cercare il gol. Ma i fraseggi si interrompono bruscamente quando Allegri decide di sostituire Seedorf con Robinho. Il brasiliano entra subito in partita e nello spazio due minuti (al 18' e al 20') abbatte le residue speranze del Parma. Artefice della doppietta è Cassano che produce i due assist decisivi in area: il primo a destra, il secondo a sinistra. Gioco facile per FantAntonio. C'è spazio anche per Pato e Flamini (fuori Ibra e Gattuso); per Bojinov e Angelo (out Crespo e Giovinco), ma non c'è tempo e materiale per le imprese. Il Parma si arrende al Milan che ora attende la prova Tottenham.

Gaetano De Stefano

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12/02/2011 23:58
 
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Uragano Cavani, Napoli sogna
Roma sconfitta, ora è crisi

Gli uomini di Mazzarri vincono 2-0 all'Olimpico grazie alla doppietta dell'uruguaiano, prima a segno su rigore, poi deviando un cross di Cannavaro. Il Napoli resta a -3 dal Milan, i giallorossi ancora k.o. dopo la sconfitta con l'Inter. Rosi e Lavezzi si sputano: rischiano la squalifica con la prova tv

ROMA, 12 febbraio 2011 - Dopo 17 anni il Napoli torna a vincere all’Olimpico contro la Roma e con i tifosi di casa ammutoliti fa impressione sentire riecheggiare il coro “Oj vita, oj vita mia” della gente napoletana. Faranno discutere a lungo le decisioni dell’inadeguato Bergonzi, pazzesco che con tanti fallacci nessuno venga cacciato dal campo, ma questo non toglie nulla al meritato successo della banda Mazzarri. Che indovina ogni scelta tattica, imbrigliando le fonti di gioco giallorosso e vincendo la partita a scacchi in mezzo al campo contro un incerto Ranieri, al primo k.o. interno della stagione. L’immagine da applausi è capitan Cannavaro, centrale difensivo, che nel finale invece di restarsene a presidiare la propria difesa va a confezionare il cross-assist per il ventesimo gol di Cavani. Ecco, qui si vede il grande lavoro del tecnico livornese: nella tattica, nel fisico e nella testa. Il Napoli è superiore all’avversario in tutto e sarà durissima per i giallorossi rimontare i 10 punti di divario in classifica: i fischi della Curva Sud verso i propri beniamini testimoniano le difficoltà di un ambiente non sereno. De Laurentiis non può più nascondersi: questa squadra è sicuramente da Champions. E se il Milan risentisse della Champions in corso…


ROMA SENZA FANTASIA — Ranieri preferisce tenere in avvio accanto a sé in panchina i suoi piedi buoni: Menez e Totti fuori, e dentro il panzer Borriello con Vucinic e centrocampo più coperto, col 4-4-2. Lo scopo è non concedere spazio ai contropiedisti di Mazzarri, ma così la Roma finisce per rimanere abbastanza rintanata nella propria metà campo ed è pericolosa una sola volta, dopo un quarto d’ora, quando Simplicio libera a sinistra in velocità Vucinic, che cerca la conclusione di precisione, ma trova un reattivo De Sanctis che blocca in due tempi con grande sicurezza.

NERVOSISMO — All’inizio un bel gesto di fair-play: Simplicio colpisce con una involontaria scarpata in faccia Aronica, che viene portato fuori per essere curato e il brasiliano lo segue per rientrare subito dopo in campo insieme all’avversario ristabilito. Ma è come un fiore nel deserto. La partita vive eccessi di nervosismo: Lavezzi sputa a Rosi - Mazzarri nel dopo partita chiarirà che il giallorosso ha provocato l'argentino allo stesso modo "con uno sputo al collo" -. Il romanista reagisce, e Bergonzi (debole e incerta la sua direzione) ammonisce entrambi. Poi quando lo stesso terzino ferma di mano con gesto volontario, il direttore di gara lo grazia dall’espulsione. Così come né Bergonzi né i suoi collaboratori (compreso il quarto uomo Morganti) si rendono conto di una brutta gomitata di Dossena a Taddei, non sanzionata nemmeno con il giallo. E quando il mancino viene ammonito a fine tempo, dovrebbe già essere negli spogliatoi.

SUPREMAZIA NAPOLI — Partita bruttina, molto fisica, e qui prevale il Napoli col suo centrocampo muscolare e veloce. Pazienza e Gargano sono più rapidi a riprendere palla e rilanciare. Maggio a sinistra sovrasta in velocità Riise e da lì gli azzurri si rendono pericolosi con una serie di tiri-cross che mettono i brividi al pubblico romanista, ma che non trovano la deviazione decisiva di Cavani e Hamsik. Mentre si ritrovano nella migliore posizione di tiro i giocatori non proprio con i piedi migliori: Maggio e Dossena non centrano nemmeno il bersaglio.

RIGORE E PROTESTE — Nella ripresa Ranieri capisce che deve cambiare qualcosa e inserisce Menez, ma è il Napoli a passare in vantaggio in maniera discussa. Perché in area un contrasto di Juan su Hamsik, lanciato a rete, porta Bergonzi a fischiare il rigore. Il brasiliano non sembra voler commettere fallo, ma il danno procurato c’è, e stavolta l’arbitro sembra aver ragione. Così come ce l’ha nell’assegnare il gol perché Cavani calcia dagli undici metri e la palla colpisce prima il palo destro e poi quello sinistro ed è ancora il centravanti ad arrivare per primo e a ribadire in gol. I romanisti protestano perché Cavani non potrebbe toccare per la seconda volta il pallone (i pali non contano), ma il labiale dell’arbitro appare chiaro, dice: “La palla è già entrata” e il replay sembra confermarlo.


INCATTIVITI — Partita sempre più nervosa, e anche De Rossi meriterebbe il rosso per un'entrataccia su Cavani, ma ancora una volta l’indeciso Bergonzi opta per il giallo. Roma fuori di testa e che subisce il Napoli, il quale però spreca un paio di situazioni importanti di contropiede. C’è pure un autogol di Cassetti a gioco fermo, perché Zuniga è fermato per fuorigioco sul tiro cross maldestramente deviato nella propria porta. Per vedere De Sanctis impegnato bisogna aspettare alla mezz’ora un sinistro di Menez.


LAVEZZI INCREDIBILE — E nelle praterie lasciate dalla difesa romanista si infila il Pocho, tenuto colpevolmente in gioco da Rosi: sembra un gioco da ragazzi infilare Julio Sergio in uscita, ma l’argentino vuol dribblare anche il portiere che di piede respinge l’assalto.

CI PENSA IL CAPITANO — Ma il Napoli ha fiato e personalità per non rinculare, con Cannavaro in attacco che crossa a Cavani il pallone col quale l’uruguaiano sigilla il risultato e una vittoria da segnare negli annali. E quando il Matador viene sostituito è bello e sportivo l’applauso di tutto l’Olimpico per il cannoniere protagonista assoluto del campionato con 20 gol. Il Milan è sempre lì a tre punti.

Maurizio NIcita

Fonte: gazzetta
13/02/2011 15:17
 
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Fiorentina, tre punti d'oro
Grande rimonta a Palermo

La squadra di Mihajlovic vince 4-2 al Barbera: sotto 1-0 e 2-1 trova una grande reazione nella ripresa centrando il primo successo in trasferta della stagione. Decisivo l'ingresso di Ljajic a un quarto d'ora dalla fine, positivo il rientro dal 1' di Mutu

PALERMO, 13 febbraio 2011 - La Fiorentina conquista la sua prima vittoria in trasferta, il Palermo subisce la sesta rimonta del campionato: al Barbera finisce 4-2 per i viola, al termine di una gara rocambolesca e imprevedibile. Oltre ai gol, siglati nell'ordine da Pastore, Gilardino, Nocerino, Camporese, Bovo (autorete) e Montolivo, da segnalare anche il palo dello stesso Montolivo e la traversa di Hernandez, oltre alle grandi parate di Boruc. Per il Palermo è la quarta sconfitta in altrettanti match disputati all'ora di pranzo, ma soprattutto la fine della striscia di gare interne vincenti: un altro successo avrebbe significato record, invece con il brusco stop di oggi la serie si è fermata a 7.


MUTU, BUON PRIMO TEMPO — Mihajlovic schiera Mutu dal 1' per la prima volta dal dicembre scorso, nel Palermo fa il suo esordio in serie A Kurtic, al posto dello squalificato Bacinovic. Entrambe le squadre hanno assenze pesanti, ma certo la Fiorentina entra in campo galvanizzata dal recupero "integrale" di Mutu, che si scaglia nella gara come fosse all'esordio in serie A. E' nel cuore di ogni azione, ispira offensive su offensive, galvanizza Gilardino, che rispolvera l'antico feeling col compagno. Insomma, per la Fiorentina è davvero un nuovo acquisto, ora la conferma deve venire da una dimostrazione di continuità.


1-1 DOPO 45' — Il Palermo risponde con l'enorme qualità di cui dispone: Ilicic è una fonte continua di idee e tocchi deliziosi e ficcanti nello stesso tempo, Pastore un genietto che quando viene "strofinato" nel modo giusto è capace di qualsiasi magia, Miccoli si vede poco nel primo tempo, cresce alla distanza, ma soprattutto parla la stessa lingua dei compagni di reparto. La forza del Palermo sta nella sua trazione anteriore: il centrocampo produce con discontinuità, ma ogni volta che entra in funzione l'attacco per i viola sono dolori, potenziali o reali. La Fiorentina parte bene, ci mette iniziativa e velocità, espone in vetrina un Mutu vogliosissmo e lo asseconda, ma deve comunque giocare un primo tempo all'inseguimento. Colpa di un gol quasi a freddo di Pastore (ma prima lo stesso argentino si era visto soffiare da Gamberini una rete già fatta, a tu per tu con Boruc), che al 7' insacca l'1-0: assist di Ilicic, prezioso per qualità e continuità, e destro vincente di Pastore, al decimo gol stagionale. La Fiorentina non si scompone e continua a macinare gioco offensivo. Tanto che Gilardino ha due occasioni in un minuto (18'): prima sbaglia di pochissimo la mira, poi è Sirigu a deviare il suo tocco ravvicinato. Ma al terzo tentativo il viola non sbaglia, e al 36' firma il suo ottavo gol in campionato, il 136° in A, nonché il sesto al Palermo: assist di Behrami e colpo di testa ravvicinato, con Munoz beffato. Il Palermo perde per infortunio anche Migliaccio (lo rileva Acquah, altro esordiente). Poi Nocerino e Behrami ci provano ancora, ma il primo tempo si chiude sull1-1.


RIMONTA E SORPASSO VIOLA — La ripresa si apre col botto: dopo 3' Nocerino trova il terzo gol in campionato (colpo di testa su splendido cross di Miccoli, con Santana che resta immobile) e regala il vantaggio ai padroni di casa. Poi Boruc salva due volte la sua porta su Nocerino e Ilicic, al 18' e 20'. In mezzo tanta Fiorentina, che spinge con continuità ma non riesce a farsi pericolosa. Anzi non arriva nemmeno alla conclusione: Mutu non si vede più, per la squadra è come se si sia spenta la luce. Il Palermo invece insiste e tiene alto il ritmo, come se avesse un presentimento. E infatti il gol viola arriva, improvviso ed inatteso, dopo 25 minuti: a siglarlo è Camporese, al primo gol in A, che raccoglie un tiro dalla bandierina e batte Sirigu con un destro angolato. E' il 2-2, ma la gara è lontana dal suo epilogo. Anzi negli ultimi 20' la partita cambia ancora volto, complice anche l'ingresso di Ljajic al 32'. Montolivo colpisce un palo di destro, gli risponderà Hernandez (subentrato a Miccoli al 31') centrando la traversa. I colpi vincenti arrivano al 33', quando Bovo in spaccata mette alle spalle di Sirigu un cross di Ljajic, e al 43', con Ljacjic che serve Montolivo: il suo destro coincide con il definitivo 2-4, nonché col sospirato ritorno alla vittoria esterna della sua squadra.

Livia Taglioli

Fonte: gazzetta
13/02/2011 22:45
 
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Gonzalez-Kozak, che Lazio!
Il Brescia si arrende 2-0

I biancocelesti giocano una bella partita e ritrovano il successo in trasferta che mancava dallo scorso 31 ottobre: decisive le reti (una per tempo) del centrocampista e della punta. I lombardi in grande difficoltà pericolosi solo a sprazzi nella ripresa

BRESCIA, 13 febbraio 2011 - La Lazio torna a fare amicizia con i tre punti in trasferta che mancavano dallo scorso 31 ottobre, il Brescia resta in zona sabbie mobili. È netto e senza discussioni il 2-0 con cui i biancocelesti hanno espugnato il Rigamonti. Troppo il divario tra le due squadre, anche in termini di entusiasmo e determinazione. I romani continuano così nel loro sogno nelle zone alte e con le sconfitte di Roma e Palermo piazzano un colpo importante. Il Brescia perde invece male: se ci si vuole salvare non si può entrare in campo troppo arrendevoli già nel primo tempo e per di più in casa.


ATTEGGIAMENTO — Il Brescia ha infatti iniziato il match piuttosto molle, errore di atteggiamento di cui alla lunga la Lazio ha saputo approfittare. I ragazzi di Reja si sono disposti in campo con molta concentrazione e grande pazienza, aspettando l’attimo giusto che si è presentato anche relativamente presto. Al 18’ è stato Lichtsteiner a dar il via all’azione del vantaggio recuperando palla a destra. Veloce giocata per Ledesma, affondo sulla fascia e cross tagliato dello stesso Lichtsteiner per Alvaro Gonzalez: il colpo di testa dell’uruguaiano sul secondo palo non ha lasciato scampo ad Arcari. Alla prima vera azione manovrata, in pratica, la Lazio è passata.

REPARTI LUNGHI — È comunque tutta l’impostazione del Brescia a lasciar desiderare nel primo tempo. Reparti lunghissimi e palloni praticamente inesistenti per Eder e Diamanti hanno di fatto agevolato il compito dei biancocelesti. Al 26’ da un bel recupero di palla a metà campo è partito un secondo contropiede micidiale che ancora Gonzalez ha per poco trasformato in gol: bellissima la parata in tuffo di Arcari che ha tenuto in vita la partita. Iachini si è però reso conto che così non si poteva continuare: fuori Hatemaj e dentro Lanzafame al 30’ per cercare di dare un po’ più di cucitura tra attaccanti e centrocampisti. Muslera, però, ha continuato a rischiare poco.


PELO NELL'UOVO — Nella ripresa i primi 5 minuti hanno mostrato un Brescia con tutt’altro atteggiamento. In pochi attimi i lombardi hanno schiacciato gli ospiti e Muslera ha seriamente rischiato su Eder e Lanzafame. Reja ha richiamato all’ordine i suoi e la Lazio ha ritrovato tranquillità. E a testimonianza della differenza di valori in campo ha saputo chiudere il discorso praticamente subito: al 13' calcio d’angolo dalla destra e stacco vincente di Libor Kozak proprio sulla testa di Zebina. Il Brescia si è praticamente spento lì, la Lazio ha poi mancato più volte il terzo gol. Le parate nel finale di Muslera su Eder e Diamanti potrebbero essere lette come un poco saggio calo di concentrazione della Lazio. Ma oggi sarebbe come cercare il pelo nell’uovo di una prestazione assolutamente convincente sotto molti punti di vista.

Giusto Ferronato

Fonte: gazzetta
13/02/2011 22:50
 
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Udinese, odore di Champions
E il Cesena cola a picco

Doppietta di Totò Di Natale e gol di Inler, i friulani continuano a vincere e salgono al quinto posto. Vantaggio al 41' del primo tempo con punizione gioiello del capitano, poi lo svizzero e ancora il cannoniere nella ripresa chiudono la partita

CESENA, 13 febbraio 2011 - "Alla Champions ci crede anche mia nonna" recitava uno striscione presente nel settore ospiti del Manuzzi. Ora come ora, farebbe bene a crederci tutta Udine: ottavo risultato utile consecutivo e terza vittoria in trasferta di fila per i friulani. Numeri che, qualora ce ne fosse ancora bisogno, esaltano l'ottimo momento dei ragazzi terribili di Guidolin. Per il Cesena, invece, è notte fonda: arriva la 14ma sconfitta stagionale e anche le voci di un possibile cambio in panchina.


CESENA RESTYLING — Se Guidolin si affida all'usato sicuro schierando la formazione "titolare" - quella che negli ultimi 7 incontri gli ha regalato solo gioie - dall'altra parte, invece, un Cesena alla continua ricerca della quadratura (e soprattutto di qualche gol), sceglie i nuovi arrivati Rosina (sostituisce Jimenez squalificato) davanti, Sammarco a centrocampo e Felipe in difesa. Tutta nuova anche la carta d'identità di Felipe, che sfoggia Dal Bello sulla schiena, cognome degli antenati italiani.

ROSINA SFIORITA — Il fantasista calabrese fatica ad entrare in partita, svariando su tutto il fronte d'attacco, ma non trovando mai la posizione giusta. Bogdani, così, finisce per rimanere troppo solo in avanti, anche se un ispirato Giaccherini prova a cercarlo con traversoni interessanti. L'Udinese approfitta delle difficoltà avversarie per cominciare la gara in attacco, ma col passare dei minuti la squadra di Ficcadenti alza il baricentro e schiaccia i ragazzi di Guidolin.


UOMINI E CAPORALI — Come spesso accade, però, ai romagnoli manca il killer instict o, per dirla con parole più semplici, uno che la butti dentro: Bogdani si danna l'anima e crea anche qualche varco interessante, ma la difesa dell'Udinese si salva sempre e anche abbastanza tranquillamente. Dall'altra parte i friulani possono controllare in serenità ed aspettare il guizzo dei propri fuoriclasse là davanti che - puntualmente - arriva: Totò Di Natale piazza all'incrocio una punizione dal limite con una facilità disarmante e ad Antonioli non resta che raccogliere il pallone in fondo alla rete. E' il 41', il Cesena viene punito nel suo momento migliore e la squadra di Ficcadenti subisce in maniera evidente il contraccolpo psicologico.

FISCHI PER FICCA — Il secondo tempo comincia con un'Udinese arrembante, che ha tutta l'intenzione di chiudere la contesa. Dalla panchina romagnola arrivano le contromosse: dentro Caserta per l'ammonito Parolo e, soprattutto, Budan per Rosina. Scelta, quest'ultima, contestata con veemenza dal pubblico del Manuzzi. Curiosamente, però, il cambio che sortisce maggiori effetti è il primo, visto che è Caserta a dare al Cesena quella scossa che serviva: qualche buona giocata, una conclusione dal limite ben respinta da Handanovic e tanta quantità al servizio della squadra. Di Budan, invece, si son perse le tracce dopo l'ingresso in campo tra i fischi.


SAPORE DI CHAMPIONS — Come se non bastassero le difficoltà oggettive di una squadra sfilacciata e con poche idee, ci si mettono anche gli errori dei singoli ad affossare i romagnoli: Ceccarelli cerca di difendere - male - un pallone sulla fascia, Armero glielo sfila come il più agile dei borseggiatori e Inler impallina Antonioli dal limite. Il Cesena crolla, ma Di Natale non ha pietà, raccogliendo ad un metro dalla porta un pallone vagante e siglando la sua doppietta. Il Manuzzi, attonito, assiste silenziosamente alla disfatta. Anzi, si chiude addirittura con la standing ovation per Di Natale, alla quale partecipano anche gli sportivissimi tifosi di casa.

Sergio Stanco

Fonte: gazzetta
13/02/2011 22:53
 
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Catania, rimonta con Lodi
Festa Simeone, Lecce k.o.

Una doppietta su punizione del fantasista salva i siciliani dalla sconfitta dopo le reti di Jeda e Munari. Finale incandescente, De Canio furioso, espulso Giacomazzi per proteste. Nel primo tempo il gol di Silvestre dopo 45' nervosi

CATANIA, 13 febbraio 2011 - Partita vietata ai deboli di cuore, il 3-2 del Catania sul Lecce. Vittoria da tre punti che vale il doppio perché è la prima di Diego Simeone dopo tre sconfitte e un pareggio e perché significa sorpasso su una diretta concorrente nella lotta salvezza. L'eroe di giornata è Francesco Lodi, prelevato dal Frosinone nel mercato di gennaio: entra a inizio ripresa e in sei minuti ribalta il punteggio con due punizioni-gioiello, due colpi di sinistro imparabili per Rosati. Le colpe del Lecce sono da ricercare altrove, negli errori in attacco di Jeda e Olivera, incapaci di sfruttare più d'un contropiede in superiorità numerica dopo aver trovato con Munari il momentaneo 1-2. Finale incandescente, De Canio a muso duro con l'arbitro Romeo che espelle Giacomazzi per proteste a partita conclusa.


GOL ED ERRORI — Sette giorni dopo il regalo al Palermo, il Lecce ne confeziona un altro per il Catania, sotto 1-2 in casa al 16' della ripresa. Fin lì partita nervosa, sbloccata dai padroni di casa a fine primo tempo con un tocco di Silvestre in area, riacciuffata da Jeda a inizio secondo tempo con un facile colpo di testa su cross di Munari. Equilibrio perfetto di gol fatti e mancati, come quelli di Maxi Lopez al cambio di campo, uno splendido sinistro al volo fuori di niente e poi un destro in corsa troppo lento per impensierire Rosati. Sul ribaltamento lo splendido uno-due Olivera-Munari, palo del primo e rete in ribattuta del secondo. Poteva finire qui, o nei due contropiedi successivi del Lecce in superiorità numerica, ma prima il palo e poi Schelotto tengono in partita i siciliani. E allora si scatena Lodi.


MAGIE E VELENI — La prima punizione assegnata da Romeo è per un fallo di Rispoli su Gomez più dentro (linea) che fuori dall'area. Il fantasista ex Empoli, Udinese e Frosinone sistema la sfera e come fosse un rigore la piazza dove Rosati non può arrivare. Il pareggio al 35' della ripresa rianima un Catania impaziente di trovare il primo successo dell'era Simeone. Passano 5' e Romeo fischia un'altra punizione dal limite per i siciliani, stavolta per presunto fallo di Spolli su Maxi Lopez. Va ancora Lodi, è il sorpasso: esplode la gioia del Massimino sugli spalti, la rabbia di De Canio in campo.

FINALE CALDO — Il Lecce non ha più forze per rispondere al secondo svantaggio del match, finisce 3-2 dopo il 2-4 casalingo contro il Palermo. Per De Canio, che si vede ammoniti i diffidati Gustavo, Olivera e Jeda, è troppo: va a muso duro contro Romeo, mentre il fischietto di Verona espelle Giacomazzi per proteste. Tre dirigenti si mettono in mezzo per evitare che la situazione degeneri, mentre il Catania festeggia sotto la curva la vittoria del sorpasso e dell'aggancio al Parma a quota 26. Simeone è riuscito a trasmettere la grinta ai suoi, ora deve lavorare sul gioco perché i siciliani sono ancora troppo timidi nell'attaccare palla a terra. Per i pugliesi, invece, il bel gioco non paga: cala la notte, fonda.

Claudio Lenzi

Fonte: gazzetta
13/02/2011 22:56
 
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Sampdoria, ecco la scossa
Il Bologna è tramortito

I blucerchiati battono 3-1 gli emiliani dopo aver segnato i loro gol nel primo quarto d'ora della partita. E' il ritorno alla vittoria per gli uomini di Di Carlo dopo oltre un mese d'astinenza: di Palombo, Gastaldello e Maccarone le reti doriane. Accorcia Paponi per i rossoblù

GENOVA, 13 febbraio 2011 - La mettevano solo Pazzini e Cassano: dieci gol, su venti totali della Sampdoria, erano a firma dei due che adesso sono altrove. Forse la crisi era tutta qui, per i blucerchiati, che non andavano a segno da oltre un mese: mica poco, ma la qualità non si era trasferita a Milano con i due campioni. Pum pum pum, tre colpi in un quarto d'ora, di Palombo, Gastaldello e Maccarone; e Bologna al tappeto nonostante il gol della bandiera di Paponi nella ripresa. Meglio di così, la Sampdoria non poteva reagire ai risultati mancanti e alle contestazioni dei tifosi. E ora sotto col derby.

UN QUARTO D'ORA — Non è un caso che la scossa la dia capitan Palombo. Il centrocampista, che una settimana fa ha rinnovato fino al 2015 con i blucerchiati, apre le marcature con una punizione rabbiosa all'8° minuto: discutibile, l'atteggiamento della barriera bolognese, che si apre lasciando passare il pallone. Ma è tutta la difesa di Malesani a fare acqua: ne passano altri tre, di minuti, e Gastaldello svetta su corner di Ziegler. Viviano esce maluccio, Casarini non respinge sul palo ed ecco il 2-0. Finita? Macché: Portanova perde un contrasto a centrocampo e in contropiede vola Maccarone, che scarta il portiere e deposita a porta vuota.

PAPONI NON MOLLA — E' solo il quarto d'ora, e la partita è già in ghiaccio. Il Bologna, colpito tre volte con pugni da k.o, prova a reagire. Uno dei più spaesati, Moras, viene sacrificato per far entrare Ramirez (Casarini diventa terzino destro); e l'uruguaiano un po' di verve la dà ai suoi, ma è il resto della squadra che non gira. Non per motivi specifici, ma perché la Samp ne ha di più; e recuperare uno svantaggio simile sarebbe difficile per chiunque. Possiamo pure ipotizzare che i punti per la salvezza il Bologna potrebbe ottenerli in altre occasioni. Il gol di Paponi, nuovo entrato che fino ad oggi non aveva quasi mai giocatoi, conferma che la squadra resta viva.


CAMPO DISASTRATO — Comunque, brava la Samp, che cercava una reazione dopo un mese molto difficile. Guberti trequartista e libero di svariare, con mediana robusta (Palombo-Dessena-Poli), è una soluzione che fa sempre comodo, ma quello che cambia per Di Carlo è ritrovare la coppia di difensori centrali titolare: Gastaldello segna, Lucchini è colpevole sul gol di Paponi (se lo lascia passare dietro e non tenta nemmeno di contrastargli il tiro), però non sfigura. Come sempre, hai voglia a segnare tanti gol, ma se dietro si tentenna è dura. Così come è dura giocare su un campo ridotto così male: per il derby di mercoledì urge trattamento ricostituente.

Alessandro Ruta

Fonte: gazzetta
13/02/2011 23:00
 
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Cagliari chiama l'Europa
Chievo non pervenuto

Tutto facile per la squadra di Donadoni: 4-1 sui veneti. Apre Conti, raddoppia Canini, doppietta di Nenè, gol della bandiera di Thereau. La gestione-Donadoni ha portato 24 punti, un ritmo da Grande. E ora la zona-Europa League non è più così lontana

CAGLIARI, 13 febbraio 2011 - Un sms al campionato: il Cagliari chiama un posto in Europa. I bad boys di Donadoni schiacciano il Chievo di Pioli: 4 a 1, con la pratica chiusa già al 45' sul 3 a 0. Apre Conti, raddoppia Canini. E Nenè confuta il teorema che senza Matri ci devono pensare difensori e centrocampisti: segna un gol per tempo, servendo la doppietta perfetta. Trentacinque punti valgono la possibile svolta di una stagione: da domani, a Cagliari proveranno la caccia a un posto in Europa League (con il Palermo fermo a 40). Con la gestione-Donadoni, il Cagliari sta avendo il passo delle Grandi: 24 punti e il 4° posto, insieme all'Inter (che pero' ha due partite in meno), nella classifica virtuale dalla tredicesima giornata (dal dopo-Bisoli), dietro a Napoli (28 punti), Milan ed Udinese (26). Il Chievo frena dopo 6 turni di campionato (inutile il gol della bandiera di Thereau nel finale). Per la serie: e il settimo si riposò.


SUL VELLUTO — Donadoni affida a Cossu i gradi di uomo-chiave, dietro Nenè ed Acquafresca. Pioli ha gli uomini contati, e spera nella coppia Moscardelli-Pellissier. C'è il tempo di ricordare il record di Alessandro Agostini, alla presenza numero 208 in rossoblù che gli consente di raggiunge Comunardo Niccolai al 7° posto nella classifica all-time dei sardi in partite di campionato. Inizio al piccolo trotto: partita non nervosa, non intensa, fase di studio. Pioli davanti la panchina è il più nervoso: forse vede nel futuro, perché un po' alla volta il suo Chievo si scioglie sotto il bel sole dell'isola. Già detto: l'incognita di questo Cagliari è dove potrà arrivare senza Matri. Daniele Conti ricorda che il feeling con il gol lo ha sempre avuto, quando al 19' s'inserisce di testa sull'assist di Pisano: è l'1-0. Quando Acquafresca (28') fallisce davanti a Sorrentino, il fantasma di Matri torna nella mente dei tifosi sardi. Ma il Chievo è assente non giustificato, e il Cagliari ne approfitta. Canini raddoppia (al 29') in mischia. Non è pero' ancora finita. A un minuto dall'intervallo, Cossu lancia Nenè: pallonetto delizioso ed è hattrick Cagliari! Sul velluto, senza soffrire: Chievo impalpabile. Quasi in gita scolastica sull'isola.


UNA MALEDETTA DOMENICA — Quando si riparte, il Chievo ci mette almeno l'orgoglio. Pellissier riscalda i guanti ad Agazzi (è il 15'), poi Jokic scarica la rabbia con un missile intercettato dal portiere di casa (al 17'), prima di lasciare la scena a Thereau. Moscardelli (20') sbatte su un super-Agazzi, ed è il segnale che questa è davvero una maledetta domenica per gli scaligeri. Il Cagliari è in versione il migliore dei mondi possibili per Roberto Donadoni: tranquillo, ordinato, letale in contropiede (d'altronde sul 3-0 il compito è facilitato). Al 22' Cossu fa la lepre, scappa ma sbatte contro la spalla di Cesar: va a terra, sanguina, vorrebbe il rigore. Per l'arbitro, tutto regolare. Sarà la botta del suo 'tamburello', ma il Cagliari si ricarica a caccia del poker. Non si acontenta (perché dovrebbe?). Eccolo il poker sul tavolo verde del sant'Elia: Nenè in acrobazia alza il cartello con il numero 4. Poi, nel finale, Thereau riduce lo svantaggio. Dunque, Chievo al palo; Cagliari lanciatissimo con un messaggio al campionato e uno alla tifoseria. Sms per la A: la truppa di Donadoni se la vuole giocare per l'Europa. Sms per club e supporter: sull'isola, forse, hanno trovato il nuovo-Matri. Meno grosso, meno potente, passaporto brasiliano. Ma intanto le doppiette di Nenè portano punti come quelle dello juventino.

Mario Pagliara

Fonte: gazzetta
13/02/2011 23:03
 
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Bari-Genoa senza sapore
Il trionfo della noia

Al San Nicola finisce 0-0. Partita troppo tattica priva di emozioni. Nel primo tempo palo di Palacio, nella ripresa annullato un gol di Okaka

BARI, 13 febbraio 2011 - Gli occhi se li sono stropicciati sabato pomeriggio ammirando le prodezze del barese Antonio Cassano. Rimpianti giustificati dopo 90 minuti di noia e rare emozioni al San Nicola dove Bari e Genoa si accontentano di un inutile 0-0 che ai pugliesi non serve a nulla, anche se interrompe una serie nera.

TORNA GHEZZAL — Al suo esordio Bortolo Mutti chiedeva ai suoi una grande prestazione per non spegnere il lumicino della speranza, rinunciando a Gazzi e schierando Almiron a centrocampo, con Bentivoglio esterno sinistro. Poi la sorpresa Ghezzal a fare reparto con Okaka. Genoa in campo con la formazione che ha imposto il pari al Milan, a eccezione dell'infortunato Destro sostituito da Palacio.

IL PALO DI PALACIO — A caccia di punti a tutti i costi, il Bari scatta sul semaforo verde con la rabbia in corpo. Immediata la penetrazione di Bentivoglio che scorge Okaka libero in area, ma trova Criscito a sbarrargli la strada. Sono passati venticinque secondo appena, ma la voglia del Bari deve subito fare i conti con la serenità del Genoa. La squadra di Ballardini vive sulle penetrazioni veloci di Mesto e Rossi, sull'intelligenza di Milanetto e Kucka e la prontezza di Palacio pronto a ribadire a rete tutto ciò che gli passa il convento. I galletti per un buon quarto d'ora subiscono il pressing dei rossoblù, che dopo il clamoroso palo colpito da Palacio al 9', addomesticano la partita con il possesso palla. Il Bari si fa rivedere negli ultimi minuti della prima frazione, ma senza mai mettere in crisi la difesa ligure, orchestrata con esperienza da Kaladze e Dainelli. Almiron si danna l'anima e il solo Rivas riesce a regalare scampioli di buon calcio, troppo poco per rivitalizzare una gara anemica. Insomma, 45 minuti di noia, senza un omaggio allo spettacolo che il San Nicola meriterebbe.

OKAKA CI PROVA — Non ci sono cambi all'inizio della ripresa e la tattica prevale sul gioco. Il Bari sembra spingere di più, ma ci vuole l'ingresso di Alvarez al 14' (fuori Rivas) per regalare brio alla manovra del Bari. La sua velocità è ossigeno; quella che gli permette al 19' di crossare in area per Okaka che di testa colpisce troppo centralmente. Ballardini risponde con Paloschi per Palacio; Mutti replica con Castillo per Ghezzal. Ma è ancora Alvarez, insuperabile nell'uno contro uno, a servire a Okaka la palla da girare in rete: Eduardo blocca sulla linea. Al 33' Okaka la mette finalmente dentro, ma il gioco era fermo per un precedente fallo di Castillo. Mutti non ci sta e lancia anche Gazzi per Almiron, approfittando dell'evidente calo del Genoa. Ma lo 0-0 resiste fino al 95'. Al Bari ora serve solo un miracolo.

Gaetano De Stefano

Fonte: gazzetta
13/02/2011 23:11
 
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Orgoglio Juve, Inter k.o.
Decide Matri, traversa Eto'o

I bianconeri vincono 1-0, gol del centravanti su cross di Sorensen, poi nel finale clamorosa occasione fallita dal camerunese. Bianconeri solidi in difesa, nerazzurri senza idee: Buffon chiude il primo tempo senza parate, poi ci mette del suo su Eto'o nella ripresa

TORINO, 13 febbraio 2011 - La Vecchia Signora con un paio d’ore di anticipo su San Valentino fa un regalo grande così ai suoi tifosi innamorati, traditi da troppe prestazioni del 2011. Batte l’Inter 1-0 all’Olimpico di Torino, grazie all’ennesima perla di Matri, al 14° gol stagionale, e si rilancia in prospettiva Champions, ora lontana i 3 punti che ancora la separano proprio dai nerazzurri. Ma soprattutto i tre punti di stasera "rischiano" di far perdere lo scudetto ad un’Inter irriconoscibile rispetto a quella brillante finora targata Leonardo, ed adesso a -8 dal Milan capolista, seppur con una partita in meno (mercoledì alle 18.30 è in programma il recupero a Firenze contro la Fiorentina). I nerazzurri sono mancati come prestazione ancor più che come risultato, svegliandosi troppo tardi, regalando almeno un tempo di gioco. Lo spirito è stato troppo da partita di routine e non abbastanza da sfida di cartello, perchè questa Juve, con tutti i suoi difetti recenti, contro i nerazzurri si trasforma, come dimostra l’imbattibilità in campionato nello scontro diretto dell’Olimpico. E le alternative in panchina per cambiare i piani, per Leonardo sono pochissime, e questo è un problema anche in prospettiva.


JUVE D’ACCIAIO — La Vecchia Signora sorprende tutti con un primo tempo condotto dal 1’ al 45’. Come gioco, come personalità. Due le chiavi di volta rispetto a quella zoppicante di inizio 2011 fotografata dalla classifica: una difesa con quattro difensori centrali in campo, con Sorensen e Chiellini che ancorano le fasce e turano le falle, grazie a centimetri e muscoli in abbondanza, e finalmente un centravanti da Juve in attacco: Alessandro Matri. E così anche senza una grande fantasia - l’unico a contribuire alla causa è Aquilani -, i bianconeri dominano i campioni d’Italia, d’Europa e del mondo. Solidi, tosti, e con due colossi in avanti, dove Toni si muove tartarughesco, ma efficace. La sua potenza mette addirittura in crisi Ranocchia, che gli rende chili e anni di esperienza, e Cordoba, che gli rende diversi centimetri. Proprio Cordoba prima rischia il rigore per un intervento in area su Matri, poi si dimentica dell’ex Cagliari: un’amnesia fatale.


MATRI GOL — Perchè il neoazzurro - e parliamo di Nazionale - di testa raccoglie un cross dalla destra di Sorensen e lo infila all’angolino dove Julio Cesar non può arrivare. Terzo gol in altrettante partite di campionato con la Juve per Matri. E Olimpico in delirio.

INTER NON PERVENUTA — E l’Inter? Chiederete. Mah, non sembra neanche lei in campo, nonostante i colori siano i soliti, nerazzurri. Dietro soffre tanto, in mezzo le idee latitano e si sviluppano su ritmi da crociera, gli unici guizzi arrivano da Sneijder ed Eto’o, che hanno un altro passo rispetto ai Marines difensivi della Juve, che per evitare problemi li raddoppiano con continuità. L’1-0 all’intervallo stupisce meno delle zero parate di Buffon, mai impegnato.


NUOVA INTER — Non negli interpreti, ma nello spirito. Quella che nel secondo tempo guadagna campo e crea dopo qualche minuto, con Pazzini di testa, l’occasione che non aveva saputo andarsi a prendere in tutta la prima frazione di gioco: Buffon respinge.

MATRI ED ETO’O CHE OCCASIONI — La Juve sfiora il 2-0 quando Krasic finalmente mette una palla al centro, invece di incaponirsi in dribbling: Matri di testa, solo come mai, mette appena fuori. Allora Leonardo cambia: dentro Pandev per Kharja. E cambio tattico dal 4-3-1-2 al 4-2-3-1 di mourinhiana memoria. Delneri replica sostituendo il generoso Toni, stanchissimo, con il contropiedista Iaquinta. La gara resta viva e in bilico sino al 90’, Eto’o, beccato dal pubblico di casa per tutta la partita, costringe Buffon al primo grande intervento. La Juve, pur con Matri infortunato che si trascina per il campo, regge sino alla fine. Trema sulla traversa di Eto’o, ma digrigna i denti con un Chiellini galattico, e non molla. E così si gode una serata di gloria: non succedeva da tanto tempo.

dal nostro inviato
Riccardo Pratesi


Fonte: gazzetta
15/02/2011 13:12
 
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SERIE A 2010/2011 25ª Giornata (6ª Ritorno)

Anticipo del 12/02/2011
Milan - Parma 4-0
Roma - Napoli 0-2
Incontri del 13/02/2011
Palermo - Fiorentina 2-4
Bari - Genoa 0-0
Brescia - Lazio 0-2
Cagliari - Chievo 4-1
Catania - Lecce 3-2
Cesena - Udinese 0-3
Sampdoria - Bologna 3-1
Juventus - Inter 1-0

Classifica
1) Milan punti 52;
2) Napoli punti 49;
3) Lazio punti 45;
4) Inter(*) punti 44;
5) Udinese punti 43;
6) Juventus punti 41;
7) Palermo punti 40;
8) Roma(*) punti 39;
9) Cagliari punti 35;
10) Fiorentina(*) punti 32;
11) Chievo punti 31;
12) Sampdoria(*) punti 30;
13) Bologna(-3)(*) e Genoa(*) punti 29;
15) Catania e Parma punti 26;
17) Lecce punti 24;
18) Brescia punti 22;
19) Cesena punti 21;
20) Bari punti 15.

(-3) punti di penalità
(*) una partita in meno

Fiorentina-Inter sarà recuperata il 16 Febbraio 2011
Sampdoria-Genoa sarà recuperata in data da definire
Bologna - Roma sospesa al 16' del p.t. sul risultato di 0-0, sarà recuperata il 23 Febbraio 2011
17/02/2011 00:02
 
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Pazzini castiga la Fiorentina
L'Inter ora è a -5 dal Milan

Al Franchi finisce 2-1 per i nerazzurri: nel primo tempo autorete di Camporese e "gollonzo" di Pasqual, nella ripresa decide un gol dell'ex, che trasforma di piatto un bel cross di Eto'o, dopo un numero sulla destra. Il "Pazzo" non esulta, Leonardo centra l'ottava vittoria in dieci gare in campionato

MILANO, 16 febbraio 2011 - "Distacco che si potrebbe ulteriormente ridurre in caso di vittoria a Firenze". Da mesi è questo il ritornello della remuntada interista. Tutte le tabelle prevedevano e quasi imponevano alla squadra di Leonardo una vittoria contro quella di Mihajlovic: beh, Zanetti e compagni ce la fanno, nonostante col passare delle settimane aumentassero le quotazioni della Fiorentina, finalmente ritrovata. L'Inter vince 2-1, cancella la sconfitta di Torino e si ripropone con forza nella sua rincorsa scudetto: ora i punti di distacco dal Milan, senza "se" e senza asterischi, sono 5. A decidere la gara di Firenze ci pensa l'ex Pazzini, su suggerimento di Eto'o, dopo un autogol (Camporese) e un "gollonzo" (Pasqual) nel primo tempo.


GOLLONZI E IL PAZZO — Il primo tempo si gioca a viso aperto, con ribaltamenti di fronte e difese un po' sbilanciate (specie quella dell'Inter). Ad andare sotto è però la Fiorentina, già al 6': l'Inter si lancia nel primo contropiede della sua gara grazie all'accelerazione di Stankovic. Il serbo scarica a destra per Eto'o, che piazza un cross basso. Camporese devia involontariamente e batte Boruc. Autogol e 1-0, che regge fino al 33', quando arriva un altro "gollonzo": stavolta il cross arriva da sinistra e lo fa Pasqual. Gilardino è in anticipo su Cordoba e Ranocchia, ma non tocca la palla. Basta l'allungo del suo piede per ingannare Julio Cesar: la palla sfila fino al secondo palo per l'1-1. Nella ripresa riparte più forte l'Inter, la Viola arretra, Eto'o scardina le resistenze: al 17' punta Camporese, lo salta netto con una finta, va sul fondo e crossa basso: Pazzini è il più veloce a infilare di piatto. Fa 2-1 e non esulta, ma esulterà anche per lui il suo allenatore alla fine.


FIORENTINA, NON BASTA — Mihajlovic sapeva come battere l'Inter: lo aveva fatto l'anno scorso col Catania, ci riprova quest'anno con una Fiorentina che ha "svoltato", dal punto di vista della fiducia. Mutu e Santana (poi uscito presto per infortunio e sostituito da Ljajic) supportano bene Gilardino, Montolivo li innesca a ripetizione con filtranti sempre a destinazione. Nel primo tempo la squadra di Sinisa gioca alla pari, nella ripresa nonostante un buon Ljajic accusa il calo di Mutu (inevitabile) e finisce con l'arretrare troppo, anche per "colpa" degli avversari. Camporese è lo sfortunato protagonista dei due episodi chiave: prima si trova sul cross di Eto'o, poi si trova di fronte a Eto'o quando questi inventa una di quelle giocate che hanno mandato in crisi anche difensori più esperti. Gamberini limita a lungo Pazzini, ma poi deve inchinarsi, Donadel si piazza su Sneijder, Behrami è molto attivo.


LEONARDO, TUTA E CORSA — Attivo quasi come Leo. Quello di Firenze è un Leonardo che ha mantenuto la stessa carica nervosa della vigilia: si presenta al Franchi in tuta (una novità per lui), e si agita più dei suoi giocatori in campo, che cerca di guidare e "muovere" a bracciate. Invoca spesso una difesa più alta, mentre cerca di infondere coraggio a Nagatomo, alla prima da titolare: il giapponese in fin dei conti scenderà spesso sulla sinistra, ma non sempre è puntualissimo nel rientrare. E visto che Maicon è sempre "alto", Cordoba e Ranocchia spesso son soli a rispondere alle sfuriate avversarie. Per fortuna di Leonardo, Ranocchia è in giornata di grazia e dimostra di valere tutti i soldi spesi: non solo in prospettiva, già adesso. La novità tattica di giornata è lo spostamento di Eto'o sul centro-destra: Samu resta devastante, ma forse fa più fatica a liberarsi al tiro (lo sostituisce col cross), e la mossa finisce col limitare un po' gli spazi di Maicon. Positivo il rientro di Stankovic, che garantisce corsa e inserimenti sottoporta: l'equilibrio è ancora una chimera, ma Leonardo forse nemmeno lo cerca. Forte di otto vittorie e due sconfitte, può rilanciare con un "sono così, prendere o lasciare".

Valerio Clari

Fonte: gazzetta
17/02/2011 00:08
 
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Il Genoa e la scossa-derby
Sampdoria punita da Rafinha

Finisce 1-0 a favore dei rossoblù, che superano i rivali in classifica e legittimano il risultato colpendo anche due traverse con Palacio e Rossi. Decisivo Eduardo su Guberti nel primo tempo, Curci evita il raddoppio genoano nella ripresa

GENOVA, 16 febbraio 2011 - Il Genoa conquista la sua decima vittoria in un derby in casa Samp, superando i blucerchiati per 1-0 nel recupero del match rinviato il 19 dicembre scorso per neve. Match winner è Rafinha, a segno al 10' della ripresa: il brasiliano legittima così una supremazia rossoblù evidente per tutti i 90 minuti. La Samp si scuote tardi, e nemmeno nel disperato forcing finale dà l'impressione di poter sovvertire i rapporti di forza in campo. Il Genoa supera così la Samp in classifica.

MACHEDA E RAFINHA LE NOVITÀ — Un infortunio per parte altera i piani iniziali di Di Carlo e Ballardini: Biabiany aveva accusato un indurimento a una coscia ieri durante la rifinitura, Konko ha un problema a un ginocchio, entrambi fuori causa, non vanno nemmeno in panchina. Al loro posto dunque si presentano in campo Macheda, che fa coppia con Maccarone, e Rafinha, a completare il centrocampo rossoblù. Parte meglio il Genoa: più sicuro, più organizzato, più squadra. Infatti pronti via e Palacio colpisce la traversa, in un'offensiva partita da un brillantissimo Kucka. Il Genoa macina gioco offensivo con fluidità e intensità, la Samp è più timida e meno efficace. A eccezione di Guberti, folletto spesso imprendibile per gli avversari, che infatti si presenta ben due volte a tu per tu con Eduardo: prima il portiere si salva di piede, poi in angolo. Ma è il Genoa ad andare ancora più vicino al gol: Kucka conferma di avere spessore non solo in fase di impostazione, ma anche di conclusione e sbaglia di poco il bersaglio, Rossi colpisce un'altra volta la traversa (e sul successivo tap in Floro Flores è nettamente in fuorigioco) e Palacio in azione di contropiede sbaglia il tocco finale, mandando altissimo. Insomma, è un Genoa che contro una Samp che gioca solo a sprazzi meritava di più, e invece si va al riposo sullo 0-0.


RAFINHA-GOL — Si ricomincia sulle stesse note: Genoa avvolgente nella manovra offensiva, Samp inconsistente sulle fasce, poco lucida nelle vie centrali, appesa a Guberti come al filo della speranza. Ma stavolta non dura: Rafinha al 10' inventa un destro in corsa dalla distanza che non lascia scampo a Curci, appostato un po' fuori dai pali. Di Carlo capisce che qualcosa non va, anche perché anche sul piano del carattere la Samp appare apatica e poco reattiva. E allora dentro Mannini, fuori Macheda. Maccarone diventa il terminale offensivo più avanzato, è servito di più e trova maggiori spazi, ma non riesce a essere decisivo. Ballardini risponde immettendo forza fresca: Paloschi al posto di Floro Flores. La Samp sente che il tempo stringe e si fa più pressante, Di Carlo asseconda la squadra mandando in campo anche Zaza per l'assalto finale. Ma il Genoa mantiene tranquillità e possesso palla, anestetizzando così la pericolosità avvversaria. I blucerchiati ci mettono più gambe e cuore, che testa. Il Genoa sfiora il raddoppio con Rossi (ottimo Curci in angolo) e conquista il derby numero 103. Che non passerà alla storia, ma in questa stagione grigia per entrambe le squadre suona comunque come uno squillo di tromba.

Livia Taglioli

Fonte: gazzetta
19/02/2011 23:33
 
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Bologna, Paponi usa la testa
Il Palermo in 10 cede al 90'

Finisce 1-0 al "Dall'Ara" nel primo anticipo della ventiseiesima: i siciliani, quasi mai pericolosi e in inferiorità dal 57' (rosso a Garcia), si arrendono allo scadere all'incornata del nuovo entrato

BOLOGNA, 19 febbraio 2011 - Chissà se Zamparini fino al 90' era contento. Perchè un Palermo brutto ma insolitamente solido dietro stava portando via un punto in 10 da Bologna. Ma poi arriva il gol di Paponi e i tre punti vanno al Bologna. E meritatamente. Perchè i siciliani steccano di brutto. Menomati dalle assenze, certo. Ma mai brillanti. E dopo il 2-4 interno con la Fiorentina, c'è un altro stop. Più del risultato preoccupa l'involuzione nel gioco. Dov'è finita la squadra più divertente della serie A in fase offensiva? Basta la mancanza di Cassani e Balzaretti a giustificare la brutta prova? Forse no.

COLLAUDATO — Malesani, privo di Britos, sceglie il solito 4-3-1-2, nel quale l'uruguaiano Gaston Ramirez (classe 1990) è l'uomo-qualità. Il mancino è un giocatore che può avere futuro nel nostro campionato. Sinistro educatissimo, visione di gioco e buona discreta rapidità. A centrocampo Della Rocca, Perez e Mudingayi assicurano il giusto peso in interdizione.

MUTILATO — Il Palermo del Dall'Ara cambia volto. Per forza. Perchè senza la spinta di Cassani e Balzaretti, due pistoni essenziali del suo motore, non è la solita squadra. Nocerino si allarga a destra, con l'acerbo Garcia a sinistra. Dietro si abbandona la linea a quattro per una difesa a tre. Davanti Hernandez è preferito a Miccoli. Ma i rosanero non fanno male. Nel primo tempo si sente la mancanza di Pinilla, l'unica punta consistente fisicamente e in grado di dare profondità. Hernandez, bravino, non è quel tipo di giocatore. Il tutto si complica poi con l'ingenua espulsione di Garcia (mai entrare così quando si è già ammoniti, tanto più che hai accanto un compagno), che costringe il Palermo a giocare una partita di pura sofferenza. Che non è nel Dna dei siciliani, sempre bravi a creare gioco ma spesso inadeguati quando devono difendersi.


SUSSULTI — Non devono ingannare due giocate da fuoriclasse del Flaco Pastore. Il Palermo non fa male. Fatta eccezione per un paio di corner di Ilicic impattati bene da Bovo e Migliaccio, con Viviano presente. Ma è il Bologna a sfiorare il gol. Prima con Perez, che si trova solo sul secondo palo e spedisce alto. Poi è Sirigu a sventare sul sinistro di Meggiorini.

TUTTI DIETRO — Cambia poco nella ripresa. Il Bologna parte aggressivo. Il Palermo resta su livelli inferiori a quelli abituali. Poi dal 12' si rintana dietro, in inferiorità numerica. E al Bologna, capace di attaccare con intensità a econtinuità, manca un po' di lucidità sottoporta. Di Vaio sbaglia un gol di testa. E non è da lui. Ramirez sfiora il palo di testa.

STRANO MA... — All 75' Malesani rinuncia a Ramirez. Se non stava male, è una scelta discutibile, pensiamo noi. Perchè il Bologna perde lucidità e precisione. Per fortuna dei tifosi rossoblu è Malesani l'allenatore. Che butta dentro la fisicità di Paponi, già in gol a Genova. E proprio l'ex Parma, al 90', salta in testa a Nocerino, un pesce fuori d'acqua in questa circostanza, e batte Sirigu di testa. Giusto così.

Jacopo Gerna

Fonte: gazzetta
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